Ausili per persone con disabilità

Sardegna: associazioni e medici dicono stop alle gare d’appalto, il ribasso nega i diritti

Il Terzo settore isolano si mobilita per chiedere alla Regione nuove modalità per l'assegnazione di adeguati dispositivi per i pazienti. D'accordo anche gli specialisti e i tecnici ortopedici

di Luigi Alfonso

L’unione fa la forza, si suol dire. Questo motto non si addice bene alla Sardegna, terra in cui spesso è difficile andare d’accordo con il vicino di casa. Ma non accade sempre. Un buon esempio arriva da tutti gli attori che ruotano, a vario titolo, attorno alle disabilità gravi e gravissime. L’occasione è arrivata ieri, a Cagliari, nel corso della tavola rotonda “Una nuova cultura dei diritti di cittadinanza, dell’universalità, dell’uguaglianza e dell’autonomia”, organizzata da un gruppo di enti del Terzo settore sardo con il patrocinio del Comitato italiano paralimpico, nella giornata del 18esimo anniversario della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.

vita a sud

L’introduzione del nuovo Nomenclatore tariffario nazionale, che deve essere ancora recepito dagli uffici della Regione Sardegna, mostra segnali in chiaroscuro che possono essere interpretati in sede locale. Nel bene ma anche nel male. Perché, come ha ben sintetizzato nel suo intervento Gianni Moi, presidente regionale della Federazione italiana operatori tecniche ortopediche – Fioto, «le gare d’appalto improntate sul massimo ribasso ottengono due pessimi risultati: abbassano la qualità di ausili e protesi e mortificano le professionalità. Non è possibile proseguire su questo versante, soprattutto perché di mezzo ci sono pazienti con patologie molto gravi».

In queste immagini alcuni momenti della tavola rotonda a Cagliari

Tutti d’accordo: non solo i tecnici ortopedici ma anche le associazioni dei pazienti, i medici (quelli di Medicina generale, i fisiatri, gli ortopedici, i logopedisti) e molte aziende che producono i materiali destinati ai pazienti stessi. Questi ultimi pretendono maggiore attenzione e il diritto di poter scegliere ciò che più adatto alle loro esigenze e ai loro gusti. «È normale che una persona possa scegliere un’auto in base a una serie di caratteristiche rispondono a certi requisiti, per esempio la potenza del motore, le dimensioni della vettura, l’abitabilità e il colore della carrozzeria», ha sottolineato Nicola Grandesso, vicepresidente dell’Associazione sarda paratetraplegici – Asap. «Non vedo perché una persona con disabilità non possa scegliere il modello di carrozzina su cui passa buona parte della sua giornata. In generale, occorre un cambio di passo soprattutto in ambito culturale: in Italia, la parola abilismo è stata introdotta dalla Treccani soltanto nel 2016, in Gran Bretagna si usa dagli anni ’70. Il Terzo settore può svolgere un ruolo molto importante, anche in senso propositivo».

Di diritti ha parlato nell’introduzione Alfio Desogus, presidente di Arcadia Sardegna Odv, mentre l’ex consigliera regionale Laura Caddeo ha messo in rilievo il testo innovativo della legge regionale n. 12 del 2023 che, tuttavia, «ancora attende le norme attuative e le relative risorse finanziarie che possano darle gambe. Un provvedimento molto atteso perché, finalmente, si guarda all’importante ruolo dei caregiver». Una sollecitazione in tal senso giungerà nei prossimi giorni a tutti i partiti del parlamentino isolano da parte delle associazioni che si sono ritrovate ieri alla Mediateca del Mediterraneo di Cagliari. Sarà inoltre richiesta a gran voce l’istituzione di un tavolo tecnico che, con modalità realmente operative, possa individuare una via percorribile a favore dei pazienti e dei loro familiari. Si guarda ad alcuni modelli praticati da altre Regioni italiane, per esempio la Sicilia, che sono state più rapide nell’adozione del Nomenclatore tariffario e nella individuazione di modalità di spesa snelle e pensate per i pazienti.

«La nostra associazione si occupa principalmente delle attività dell’Unità spinale dell’ospedale Marino di Cagliari e del trattamento di patologie gravi», ha sottolineato Carmelo Addaris, presidente dell’Asap. «Per non avere bisogno di assistenza continua e godere della piena autonomia personale, occorrono strumenti adeguati: a casa, nel lavoro, per strada, nello svolgimento di attività sportive e ricreative. Purtroppo, e non da oggi, in Sardegna registriamo tante criticità nella scelta e nella distribuzione degli ausili. Vogliamo ribaltare questo sistema che guarda al massimo ribasso, cioè a un finto risparmio, e non ai diritti delle persone con disabilità. Chiediamo, infine, la verifica del pieno rispetto della legge n. 68/1999 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili), ampiamente violata».

Addaris è andato oltre: «Proponiamo di partire con un’attenzione più accentuata verso le patologie più gravi, come la Sla e le lesioni cerebrospinali. Noi che abbiamo una certa autonomia facciamo un passo indietro nel rispetto di quei pazienti. Il Nomenclatore non dev’essere più considerato uno strumento di spesa bensì un investimento economico e sociale, che consenta di ridurre al minimo l’assistenzialismo e produca autonomia del maggior numero di persone con disabilità, anche nell’ottica della piena inclusione in ambito sociale e lavorativo».

Queste posizioni trovano d’accordo anche i medici della sezione sarda della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa – Simfer. La delegata Raffaella Gaeta, parlando del ruolo del medico prescrittore, ha sottolineato più volte che «occorre appropriatezza prescrittiva, come peraltro previsto nel Piano riabilitativo assistenziale individuale (allegato 12 Dpcm 2017, ndr). Ecco perché è sempre più importante la formazione di tutti gli operatori. Sinora abbiamo utilizzato il Nomenclatore tariffario pensato nel 1999, ora aspettiamo che l’introduzione del Nomenclatore regionale produca importanti novità. Tra le tante, quelle per chi fa assistenza a persone con deficit cognitivo e disabilità gravissime: per la prima volta compare la figura del caregiver. Altri esempi: carrozzine elettroniche con comando elettronico per l’accompagnatore; il follow up, che verrà stabilito dal medico prescrittore e, a distanza di tempo, consentirà di stabilire se un dato dispositivo è corretto e adeguato per il singolo paziente. Positivo che la Regione Sardegna abbia previsto il sistema Sisar per informatizzare i servizi e dare omogeneità su tutto il territorio sardo».

Ma, per esercitare i diritti di cittadinanza, occorre che funzioni tutta la filiera. A cominciare dal Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità, figura che entrerà in vigore dall’1 gennaio 2025. «È il momento di unire le forze», ha ribadito Giorgio Vidili, segretario regionale di Cittadinanzattiva Sardegna. «Sinora le associazioni hanno lavorato ciascuna per conto suo. C’è bisogno di collaborazione per raggiungere gli obiettivi e garantire i diritti di tante persone». Stop alle gare d’appalto pensate per stabilire i prezzi sulla pelle dei pazienti. Peccato, però, che l’assente più grande ieri sia stata proprio la Regione: non è intervenuto nessun rappresentante politico o tecnico. C’era, invece, l’assessora alla Salute e benessere delle cittadine e dei cittadini del Comune di Cagliari, Anna Puddu, una donna che proviene dal mondo dell’associazionismo locale. «Dal nostro insediamento non si parla più di politiche sociali, senza per questo volerci sostituire alle competenze della Regione», ha sottolineato. «Ma dobbiamo dimostrare coraggio di fronte all’articolo 32 della Costituzione, che parla espressamente di diritto dell’individuo. Stiamo cercando di fare di Cagliari una città a misura di tutti, partendo proprio dai diritti e non dai privilegi di chi ha più conoscenze o disponibilità economiche. Tra le mie deleghe c’è anche quella delle politiche abitative: ebbene, in tantissimi edifici di proprietà comunale stiamo riscontrando enormi criticità legate alle barriere architettoniche, che limitano il movimento delle persone con disabilità: ascensori che non funzionano, assenza di servoscala e altri problemi. I servizi essenziali, insomma. Si avverte chiaramente la necessità di un lavoro di advocacy che coinvolga le realtà del Terzo settore e tutta la nostra comunità».

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