Welfare

Amunì, il progetto artistico che rende protagonisti i migranti

Un percorso di formazione al quale hanno partecipato giovani stranieri formando una compagnia teatrale che ha portato in scena “Le Baccanti” di Euripide. Un’opera riletta in chiave moderna attraverso un progetto che rivede il concetto di rito appartenente a ogni singolo paese di origine

di Gilda Sciortino

Nella lingua siciliana vuol dire “andiamo”, giocando il termine un doppio significato: quello che invita a muoversi, l’altro come un incoraggiamento che spinge all’azione.

Non è, quindi, un caso che “Amunì” sia il titolo di un progetto di formazione di artisti e tecnici per le arti sceniche e i mestieri dello spettacolo dal vivo, rivolto a richiedenti asilo, rifugiati, migranti economici, studenti stranieri, italiani di seconda generazione e a chiunque abbia vissuto la condizione di migrante almeno una volta nella vita.

Un progetto che nasce dal bando "MigrArti '17 e ‘18"del MibAct con l’obiettivo di dare vita a una compagnia teatrale multietnica, formatasi nel 2011, prendendo il nome di Babel e trovando come sede stabile lo Spazio Franco, luogo di sperimentazioni del Cantieri culturali alla Zisa di Palermo, nel quale è da poco andato in scena uno degli spettacoli che tra due mesi sarà ospite degli eventi di “Bergamo capitale della cultura”.

Oida, un rito musicale teatrale, questo il titolo di un’opera performativa che rilegge in chiave contemporanea “Le Baccanti” di Euripide, vedendo in scena 5 giovani performer stranieri – Naomi Adeniji, nigeriana; Julia Jedlikowska, polacca; Jean-Mathieu Marie, mauriziano; Alfred Sobo Blay, ghanese; Sergio Beercock, anglo-italiano, anche autore della musiche che scandiscono le “azioni” – insieme per dare vita a un rito musicale che si fa teatro attraverso un lavoro sullo stato di coscienza e sulla performatività della trance interpretativa. Una produzione che ha il sostegno di “Fondazione Altamane Italia”, “Otto per Mille Valdese” e Regione Siciliana in collaborazione con “800A Records”.

«Oida ripropone “Le Baccanti” in chiave molto contemporanea – spiega il regista, Giuseppe Provinzano -. Abbiamo immaginato cinque giovani pronti a raccontare la vicenda euripidea tra danze, musiche e riflessioni su quel che significa attraversare i riti dei rispettivi paesi di origine, ma anche quelli contemporanei ai quali i giovani sono costretti ad assistere. Mi riferisco alle feste, ai party ostracizzati dal potere, portando in scena un concetto che va oltre la religione».

Uno spettacolo musicale da potere definire multidisciplinare, in quanto non c’è una parte che sovrasta le altre, così come nel cuore del progetto “Amunì”.

«Sono felice di farne parte – afferma Naomi Adeniji, 21 anni il prossimo novembre – anche perché non raccontiamo la solita tragedia, ma la attualizziamo con canto, ballo e recitazione. Io sono Agave, ma anche una delle Baccanti, storia che mi porta a dire che, nonostante siano trascorsi tanti anni, le somiglianze tra i due mondi sono tante. Nonostante dovremmo esserci evoluti, ancora oggi siamo spesso poco aperti al diverso perché ci sembra spaventoso, pensiamo ci minacci, quindi facciamo di tutto per scongiurarlo. “Amunì” fa ormai parte della mia vita da 3 anni, è la mia famiglia e mi piace perché posso lavorare mettendo in pratica le mie abilità. Se non sono sul palcoscenico come attrice, faccio parte dello staff, avendo l’opportunità di imparare sempre qualcosa. Fare parte di una compagnia aiuta a essere flessibili e multidisciplinari. Penso di andare a vivere a Milano, ma so che qui avrò sempre un punto di riferimento».

Le passioni in questa compagnia sono fondamentali.

«Importante per noi partire dal talento di questi ragazzi – aggiunge il regista -. Ci sono quelli che arrivano con maggiore interesse nei confronti della musica, altri hanno capacità corporee legate alla danza, c’è chi si vuole sperimentare sulle scene. Cerchiamo di offrire la formazione assecondando e sviluppando le loro inclinazioni».

Un progetto che sta per varcare i confini.

«Abbiamo cominciato a confrontarci con altre realtà in cui lavorano ragazzi migranti con le dinamiche proprie di ogni singolo paese. Un obiettivo importante – conclude Giuseppe Provinzano – perché, dal confronto con altre realtà, emerge l’unicità del nostro progetto. Non è il solito laboratorio sociale che diventa un’esperienza. I ragazzi della compagnia sono in tutto 14 e alcuni di loro ci seguono da 5 anni. Dopo avere girato l’Italia ed essere stati anche in Grecia, a novembre andremo a Bruxelles, pronti a confrontarci con altri giovani migranti in giro per l’Europa. Ulteriore occasione per fare parte del mondo dello spettacolo con uno sguardo lontano che, dal confronto, può solamente arricchirli».

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