Welfare

“aMano Libera”, i taralli fatti dai detenuti al gusto del riscatto

“Senza sbarre” è il progetto promosso dalla Diocesi di Andria e realizzato dall’associazione Amici di San Vittore che punta all’inserimento lavorativo di persone detenute ed ex-detenute coinvolte nella produzione artigianale dei taralli “aMano Libera”

di Emiliano Moccia

«Questo è il tarallo della Provvidenza. Il tarallo è solo uno strumento per far circolare la speranza che chi ha sbagliato possa avere un futuro nella legalità». Il pensiero di don Riccardo Agresti è ormai diventato uno dei pilastri su cui si fonda “Senza sbarre”, il progetto promosso dalla Diocesi di Andria e realizzato dall’associazione Amici di San Vittore che punta all’inserimento lavorativo di ragazzi detenuti ed ex-detenuti coinvolti nella produzione artigianale dei taralli “aMano Libera”. Perché «attraverso l'inclusione lavorativa i nostri ragazzi decidono di cambiare vita e lasciarsi alle spalle gli sbagli commessi. Nella Masseria di San Vittore l'opportunità di cambiamento prende forma, ogni giorno». E’ qui, infatti, in questa masseria situata in agro di Andria di proprietà della Diocesi pugliese, recuperata e restituita alla collettività dopo un periodo di abbandono, che prende forma l’iniziativa mossa da un grande desiderio di riscatto sociale per chi – per i motivi più diversi – è inciampato lungo il cammino.

«”aMano libera” è il prodotto della speranza, del cambiamento, di quella seconda possibilità che tutti insieme possiamo dare a questi ragazzi». Acquistare questi taralli realizzati con materie prime naturali di qualità e a kilometro zero vuol dire sostenere un sogno, una speranza, il futuro dei «giovani che hanno voglia di guardare avanti all’insegna della legalità». Taralli al finocchio, al vino Nero di Troia, ai cereali, al pomodoro secco. Difficile decretare quale sia il più buono tra i vari prodotti artigianali. Di sicuro, in questo percorso di reinserimento socio-lavorativo i taralli hanno tutti un gusto unico, perché rappresentano «voglia di riscatto, di tornare ad essere utili nella società grazie al lavoro e alla speranza in un futuro migliore».

La cooperativa che oggi dà il nome ai taralli, e nella quale lavorano una decina di persone provenienti da ogni forma di misura alternativa alla detenzione o ex-detenuti, si chiama appunto “aMano libera” «perché con le mani hanno sbagliato, hanno generato odio, si sono macchiati di sangue, mentre adesso quelle stesse mani si sporcano di olio, farina, impasto per generare un riscatto, una resurrezione» prosegue don Riccardo. «Noi siamo al servizio dell’uomo ferito, scartato, che si è perso ma al quale la comunità non volta le spalle». Al centro del pensiero, il lavoro, quale strumento efficace di prevenzione alla via del guadagno facile e veloce e della rieducazione per chi ha sbagliato. Nella Masseria San Vittore, infatti, sorge un grande casale contadino riadattato come laboratorio tecnico-agricolo per supportare l’intero percorso di reinserimento. Per avvicinare al mondo del lavoro detenuti ed ex-detenuti è stata creata anche un'impresa multiservizi con il cuore nella lavorazione della terra. L’obiettivo è dare un’altra possibilità a queste persone affinché possano imparare un mestiere e acquisire competenze specifiche e spendibili una volta scontata la pena. Il progetto “Senza sbarre” è stato finanziato da Caritas Italiana nel 2017 con fondi dell’8xmille. Il sogno ha preso forma su iniziativa di don Riccardo Agresti e don Vincenzo Giannelli, da anni impegnati nel volontariato in carcere, ed è stato fortemente sostenuto dal vescovo Luigi Mansi.

«Dobbiamo ricordare alla società che mettere il condannato in un luogo che non è rieducativo ma è infernale non serve a nessuno, dobbiamo tirare le persone dagli inferni, perché abbiamo bisogno di luoghi educativi e rieducativi, ma nessuno fa niente per mettere i condannati in una condizione diversa, per creare opportunità di lavoro» prosegue don Riccardo. «Il carcere di oggi è obsoleto come mentalità. Da 200 anni si applica lo stesso metodo, invece non serve il modello restrittivo, coercitivo, ma per chi sbaglia occorre trovare un metodo per far capire come mai si è sbagliato e da dove si può ricominciare per costruirsi un futuro migliore nella società. Per noi, il lavoro è il metodo del riscatto sociale ed è necessario far capire che il lavoro è per tutti».

Per questo, il progetto vuole favorire l'accoglienza residenziale e semi-residenziale di persone detenute nelle carceri pugliesi e italiane, ammessi a programmi alternativi alla detenzione. «In questo percorso accogliamo semiresidenziali, semiliberi, affidati, messi alla prova e così via. Alcuni di loro sono rimasti a lavorare con noi, altri hanno acquisito competenze professionali in questo settore da poter spendere nel mercato del lavoro una volta scontata la pena. L’obiettivo» conclude don Riccardo «è dare un’altra possibilità a queste persone, far capire che un’altra strada è possibile». In questi anni, dunque, con la collaborazione di tutor del tarallificio Tesori d’Apulia di Trani, i ragazzi coinvolti nel progetto hanno potuto apprendere l’arte della preparazione artigianale dei taralli e avviare la produzione e il confezionamento. Perché come scrivono nell’etichetta di presentazione dei taralli «il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni».

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