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Visto dagli USA: Kerry o Bush?

Corrispondenza per VITA dagli USA, del numero ancora in edicola, insieme ad un approfondimento di Fabrizio Tonello. Intanto, oggi si vota, mentre Micheal Moore controlla...

di Bernardo Parrella

SANTA FE (New Mexico, USA) – «Impossibile ignorare le elezioni. Anche se è in corso un?enorme campagna per far concentrare la gente sulle stravaganze personali e far loro credere che questa sia la politica. Be?, non lo è. Perciò il punto è continuare a lavorare». Così la pensa Noam Chomsky, icona del movimento progressista statunitense, e con lui molti altri liberal.

Alcuni lo hanno definito il voto più importante della storia Usa, ed è questo il pensiero dominante nel variegato arcipelago americano che spazia dai non profit ai progressive, dai non allineati ai cani sciolti. Pur dovendo scegliere tra Bush e Kerry, pochi cullano l?illusione di trovarsi, domani, 3 novembre, in uno scenario rinnovato. Comunque vada, ci sarà sempre da rimboccarsi le maniche per «aiutare a riportare il nostro Paese su una strada giusta e onesta», come incitano le email di MoveOn, sito legato al partito democratico che segue la campagna anti-Bush da due anni.

Ne è convinto anche l?ex cyber-candidato Howard Dean, che ha appena dato alle stampe il libro You have the Power, dove vengono documentati i fallimenti di Bush, insistendo sul lavoro del dopo-elezioni per far penetrare nel dibattito pubblico gli ideali liberal. Dean, che ha girato il Paese per guadagnare sostegno al partito: se anche Kerry dovesse farcela, dice, sarebbe più una sconfitta della destra che una vittoria dei progressisti. Ecco perché il blog Democracy for America continua a battersi (e raccogliere fondi) per quei candidati locali che «daranno forma al futuro del partito democratico». Oggi, infatti, gli elettori di parecchi Stati dovranno scegliere, oltre al presidente, anche commissari di contea, sindaci e parlamentari nazionali.

Contemporaneamente, sotto slogan tipo «leave no voter behind» (non trascurare nessun elettore) ed «every vote counts» (conta ogni voto), sale la mobilitazione sulla regolarità del voto, questione non da poco visto il flop di quattro anni fa in Florida e gli avvocati pronti a darsi battaglia nel caso di procedure equivoche. Si va da Votewatch, osservatorio sui risultati, a Verified Voting, che si concentra sul voto elettronico. E sono già state riportate irregolarità nelle prime giornate dedicate al voto anticipato, oltre a qualche scoop: riferisce oggi il New-York Times che “la corte federale dell’Ohio (fra gli stati incerti ndr.) ha dato il permesso al partito repubblicano di piazzare migliaia di propri sostenitori all’interno dei luoghi di voto, per verificare l’eleggibilità dei votanti. Un vero smacco per i Democratici che accusano come tale operazione possa intimidire le minoranze che andranno a votare (cliassicamente di matrice democratica ndr.)”.

Intanto il New York Times ha appoggiato Kerry: «La Casa Bianca di Bush ci ha sempre portato gli aspetti peggiori della destra americana senza nessuno dei vantaggi. Abbiamo ottenuto obiettivi radicali ma non efficacia gestionale». Sul filo di lana, si associa il Washington Post portando a 66 i quotidiani che appoggiano Kerry, contro i 58 pro Bush. Sostegno al ticket democratico anche dal settimanale liberal The Nation, ma con ragioni diverse: «Pur se i nostri disaccordi con Kerry sono profondi», spiega l?editoriale, «crediamo che abbia le qualità per essere presidente». Insomma, c?è speranza, senza però palpitazione, per la possibile vittoria di Kerry.

Una speranza che non vuole trasformarsi in delusione come successo alle ultime elezioni, quando, in Florida, si diede per vincente prima Al Gore e poi Bush, consegnando di fatto la Casa Bianca a quest’ultimo. Così, oggi, di fronte ai seggi della Florida, ci saranno centinaia di telecamere di Michael Moore. E’ infatti l’ultima trovata del regista del documentario Fahrenheit 9/11, un duro atto d’accusa nei confronti del presidente repubblicano George W. Bush e sui brogni che ne avrebbero condizionato l’elezione quattro anni fa.
Le telecamere saranno disseminate anche in Ohio, lo stato che con la Florida potrebbe decidere in una sfida all’ultimo voto il risultato delle presidenziali di quest’anno.L’obiettivo dichiarato di Moore e’ scoraggiare chiunque voglia interferire con il voto.
“Metto in guardia tutti quanti vogliano tentare di limitare l’affluenza: l’intimidazione degli elettori non sara’ tollerata”, ha spiegato Moore in una nota. Il regista avrebbe reclutato 1200 volontari nei due Stati, che, armati della propria telecamera sorveglieranno l’andamento delle operazioni di voto. Lo stesso Moore fara la staffetta: mezza giornata in Florida e l’altra mezza in Ohio il giorno delle elezioni.

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