Cultura
Violenta persecuzione contro i cristiani in Bhutan
Nel regno buddista non vi è alcuna garanzia per la libertà religiosa
I cristiani in Bhutan affrontano la più aspra persecuzione della loro storia. In un dispaccio inviato a Fides, Christian Solidarity Worldwide afferma che i cristiani (circa 65.000) sono terrorizzati e minacciati: “Abbandonate la vostra religione, o lasciate il paese!”.
Il Bhutan, l’unico regno buddista nel mondo, non ha una costituzione che garantisce i diritti dei cittadini. Non vi è nel paese nessuna garanzia legale per la libertà di religione. Il Buddismo è la religione di stato e i non buddisti soffrono discriminazioni politiche e sociali. Il 70,1 % della popolazione (1,8 milioni di persone) è costituito da buddisti lamaisti, il 24% è indù, il 5% musulmana, lo 0,6% animista, lo 0,33% cristiana.
La persecuzione contro i cristiani è ora estesa e sistematica, villaggio per villaggio. La Domenica della Palme, l’8 aprile scorso, autorità civili e agenti di polizia hanno rastrellato le chiese per registrare i nomi dei credenti. Molti pastori protestanti sono stati arrestati, hanno subito interrogatori e minacce di lunga detenzione. Altri fedeli sono fuggiti per paura di essere identificati.
La campagna persecutoria è scattata nel 2000, quando il governo ha inviato a impiegati pubblici e privati speciali moduli da compilare. I moduli chiedevano ai cristiani di sottoscrivere “norme e regole che sovrintendono la pratica della religione”. Le pene per i credenti di religione cristiana sono: impossibilità di una libera educazione per i bambini, nessuna assistenza medica, divieto di viaggi all’estero e altre sanzioni.
Un cristiano del Bhutan afferma: “E’ in atto nel paese una persecuzione molto dura. Ai cristiani si impone di abiurare o lasciare il paese. La libertà di religione è stata spazzata via. In alcune città i cristiani sono malmenati a causa della loro fede e non possono più riunirsi. Non hanno promozioni sul lavoro, subiscono licenziamenti immotivati, espulsione dal paese, revoca delle licenze commerciali e diniego di tutti i benefici dell’assistenza pubblica”.
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