Volontariato
Vilma Mazzocco: «Perché temo questa politica»
La presidente di Federsolidarietà e portavoce del Forum del terzo settore lancia alcune questioni chiave in vista dellappuntamento che il terzo settore attende da tanti anni ...
È tenace e determinata Vilma Mazzocco. È donna di parole concrete e di ragionamenti netti, senza sfumature. Per lei concetti come volontariato e sociale sono categorie precise, chiare. A cui cerca sempre di guardare con poco sentimentalismo e molto cervello. Del resto sono i ruoli a chiederle questo: dal 2003 è presidente di Federsolidarietà, la più grande rete di cooperative sociali (ma era vicepresidente già dal 1992) e dal 2006 è portavoce del Forum del Terzo settore, insieme a Maria Guidotti.
Com?è facile dedurre, la Mazzocco è una grande tessitrice di reti. Il suo quotidiano è fatto di questo: una spola continua tra i vari soggetti che le hanno affidato la rappresentanza; e tra loro e le istituzioni. Ovviamente in queste vesti ha partecipato alla costruzione della Conferenza nazionale del volontariato. Ha battagliato per difendere le sue idee. Oggi davanti alla quarta bozza del programma si dice ?parzialmente delusa?: «Mi sembra che rischi di essere un deja vu».
Del resto Vilma Mazzocco non è tipo che la mandi a dire. Non è un caso che nel suo dna ci sia un incrocio di tutti i possibili sud: nata in Sardegna, cresciuta in Molise e, di fatto, lucana di adozione. Con lei cominciamo questa marcia di avvicinamento alle giornate napoletane.
Vita: Un immenso giacimento di gratuità a rischio. Lo stato del volontariato italiano a qualcuno ha suscitato questa immagine. Stanno così le cose? E cosa si sta facendo per curare questo giacimento?
Vilma Mazzocco: Inutile nascondersi che la crisi sia profonda. È una crisi in particolare di leadership, perché negli anni recenti non ci sono stati passaggi generazionali significativi, non c?è stato un rinnovamento di senso e di contenuti. Così oggi avverto tutta la fatica delle classi dirigenti delle reti nazionali di terzo settore a riprendere un confronto sui valori, sugli orientamenti di senso profondi.
Vita: Che spiegazioni si possono trovare?
Mazzocco: Non c?è stata un?onda lunga di pensiero. Si sono allentate le cinghie di trasmissione con i livelli territoriali, le reciprocità, le biunivocità culturali. Questo ha fatto sì che le leadership si sedessero. Che non ci fosse più una capacità di concretizzare attraverso le nostre azioni un nuovo pensiero sulla democrazia economica, una nuova vicinanza con i cittadini, un nuovo modo di far politica. Così ci si è accontentati di una sorta di isomorfismo.
Vita: Che sarebbe?
Mazzocco: Troppo spesso i modelli culturali e organizzativi sono risultati la maldestra copiatura di altri modelli. Questo è l?isomorfismo. Siamo anche stati penalizzati dai ritardi sulla legge dell?impresa sociale, che avrebbe aiutato a marcare i confini, permettendo a chi ne aveva necessità di dotarsi di uno strumento appropriato, dove la dimensione economica e lavorativa era diventata preponderante senza perdere la strutturazione di base volontaristica. L?associazionismo avrebbe potuto riperimetrarsi o sul versante volontaristico o su quello dell?impresa sociale. Ma davanti al blocco della legge – anche su questo il governo è mancato – molte organizzazioni non si sono neanche poste il problema di un?evoluzione.
Vita: Anche il rapporto con la politica non è funzionato. Sembra che si siano persi i confini tra appartenenza alla società civile e appartenenza alla società politica, specialmente dopo l?avvento del governo Prodi. Cosa ne pensa?
Mazzocco: è una conseguenza quasi naturale dell?aver smarrito il baricentro. E quindi o hai la forza, il coraggio e la volontà di ritrovarlo, oppure ti accontenti di appoggiarti su un altro baricentro. Del resto l?offerta è vasta in questi anni? Per portare avanti dei sistemi nuovi di rappresentanza invece devi essere molto libero e devi avere anche la forza della tua organizzazione alle spalle. Devi avere il coraggio di esprimere le tue idee, devi avere il coraggio di rompere. Più che schierarci con questo o con quello come è capitato, noi dovremmo fare altro: per esempio un appello ai cittadini sul senso della politica.
Vita: Per dire che cosa?
Mazzocco: Come Forum mi piacerebbe riuscire ad aprire dei ?circoli costituzionali? ovunque, sui quali incastonare tutte le questioni che stanno a cuore a noi e alla maggioranza dei cittadini: dalla droga alla situazione generazionale, dalla famiglia alla riflessione sulla sussidiarietà. Abbiamo bisogno di percorsi di pensiero strutturanti, all?interno dei quali ritrovare il senso, la visione, la missione.
Vita: Cosa vi frena?
Mazzocco: Il Forum è un luogo articolato e complicato. Ha al suo interno organizzazioni di dimensioni molto diverse; e anche quelle riconosciute come nazionali sono spesso organizzazioni leggere i cui dirigenti sono oberati dalla gestione quotidiana. E noi non possiamo strattonarli per sganciarli da quella che è la loro mission principale.
Vita: Dovesse spiegare a un cittadino per quale progetto di società lavora il terzo settore, cosa direbbe?
Mazzocco: Che stiamo lavorando per una maggiore libertà economica. Che abbiamo in testa un?idea diversa di sviluppo, come dovrà dimostrare la scommessa della Fondazione Sud. Uno sviluppo che fa leva su alleanze nuove a valenza strategica, e che produce un allargamento dei processi democratici. Qualcosa vedo muoversi in questa direzione. Poi dobbiamo parlare di più con i cittadini. Il 5 per mille in questo è stata un?ottima occasione.
Vita: A proposito. Che bilancio fa di questa legge che doveva essere sperimentale?
Mazzocco: Senz?altro positivo, nonostante i miglioramenti che si potrebbero apportare. Ha rinsaldato il legame tra cittadini e organizzazioni di terzo settore. Ha fatto emergere e valorizzato buone dinamiche sui territori. Ma bisogna anche ammettere che è stata un?occasione sfruttata solo parzialmente.
Vita: In che senso?
Mazzocco: Il limite è quello di voler lavorare ciascuno per sé. Invece un meccanismo come quello del 5 per mille dovrebbe facilitare una messa a sistema territoriale della varie organizzazioni che si interfacciano con i cittadini. Abbiamo avuto tra le mani un canale fiscale interessante, che però deve essere trasparente e aperto al confronto, per evitare che si creino nicchie di interesse. Il completamento naturale del 5 per mille deve essere poi un sistema di controllo: vale a dire la trasformazione dell?Agenzia delle onlus in Authority. Per questo abbiamo sostenuto l?idea che che lo 0,5% del 5 per mille venisse destinato a finanziare l?Agenzia. In questo modo si può facilitare il passaggio all?Authority, tenendo salvo il principio che un?Autorithy deve essere pagata dai suoi beneficiari. In questo modo nessuno mette niente direttamente, ma tutti contribuiscono.
Vita: In realtà non tutto quello 0,5% è destinato all?Agenzia?
Mazzocco: Noi avevamo semplicemente chiesto una maggiore attenzione al terzo settore organizzato, con un flusso che avrebbe dovuto venire dalle nostre organizzazioni per sostenere chi li rappresenta. La fretta ha creato confusione, ma l?idea era precisa: i fondi avrebbero dovuto essere collegati a dei progetti, come quello dell?organizzazione di una giornata annuale del terzo settore. L?averlo scollegato da un progetto per me non è positivo.
Vita: C?è chi avverte un deficit di capacità educativa nel terzo settore. Per esempio, c?è ancora un?educazione al senso della gratuità?
Mazzocco: C?è nell?esperienza di migliaia di individui singoli. La vedi, la respiri quasi. Manca però una dimensione collettiva. Forse perché manca una provocazione quotidiana alle persone impegnate nelle diverse realtà.
Vita: Che cosa intende per provocazione quotidiana?
Mazzocco: Per rispondere resto all?ambito che mi è più familiare. Per me i leader delle cooperative sociali dovrebbero riuscire a provocare quotidianamente i loro soci per riconnettere quel che si fa con il senso più profondo. Dobbiamo evitare la standardizzazione dell?agire. Per questo è importante una continua provocazione di senso, per rafforzare la consapevolezza. E quindi anche una capacità collettiva di orientamento. Oggi la gratuità è forte nei singoli, ma resta una dimensione individuale. Mentre dovrebbe diventare una dimensione di compartecipazione collettiva. Perché è attraverso questa che si cambiano le comunità. Mi chiedo se manchi l?energia, o qualcosa di più profondo?
Vita: Cioè?
Mazzocco: Il sentirsi parte di un progetto più grande.
Vita: E qual è questo progetto?
Mazzocco: Una forma nuova di democrazia, partecipativa, più a misura d?uomo, più economica, più ampia. Questa è l?unica garanzia per costruire società sana, di pace e multietnica.
Vita: Il progetto non c?entra anche con il senso di appartenenza?
Mazzocco: Certo. È un baricentro fondamentale. Le radici ti permettono di avere i piedi per terra e di avere la testa che riesce a pensare. Io sento forte e positivo, per me, questo senso di appartenenza, che non è solo appartenenza a una storia di fede, ma anche a una storia come quella di Confcooperative. Il senso del cooperare l?ho assimilato da questa appartenenza particolare.
Vita: Una speranza per Napoli?
Mazzocco: Che la politica non pretenda di avere un controllo diretto sul mondo del volontariato, con l?aiuto dei cosiddetti esperti e saltando le organizzazioni intermedie. Ricordiamoci invece che le reti si sono autogenerate da questo mondo, sono un suo patrimonio.
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