Welfare

Vietate le proteste pacifiche in carcere. Anzi no

Un avviso interno intima ai detenuti la cessazione di ogni reclamo. "Ma riguardava una situazione specifica che si è già risolta, nessun divieto al dissenso nonviolento", rivela Pietro Buffa, capo del Prap dell'Emilia Romagna

di Daniele Biella

 “Quella di vietare le proteste pacifiche nel carcere di Reggio Emilia è una decisione assurda e illegittima”. Non usa mezzi toni Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, nel condannare il contenuto dell’avviso pubblicato a fine settembre su varie bacheche interne all’istituto di pena emiliano. Si avvisa la popolazione detenuta di tutti i reparti detentivi che, dalla data odierna non sarà più tollerata alcuna forma di protesta anche se pacifica. Qualsiasi violazione alla presente disposizione sarà oggetto di rilievi disciplinari anche collettivi: questo il testo affisso, a firma del direttore del carcere, che ha ‘bucato’ le strette maglie del mondo inframurario perché alcuni detenuti l’hanno staccato e spedito via posta al conduttore della trasmissione 'Radio carcere'. “Chiediamo all’Amministrazione penitenziaria di rivedere questa decisione”, ha poi specificato Gonnella, senza sapere che tale richiesta proprio in quelle ore era già arrivata sul tavolo di Pietro Buffa, dal 21 agosto scorso Provveditore regionale dell’Emilia Romagna (prima era direttore della Casa circondariale Lorusso e Cotugno di Torino): era  lui che doveva decidere la legittimità o meno di tale avviso. Vita.it l’ha raggiunto al telefono in esclusiva.
 

Provveditore Buffa, l’avviso che vieta le proteste pacifiche non va contro i diritti dei detenuti?
Direi che il problema non si pone, perché la situazione si è risolta nel giro di poco tempo, e senza che sia stato necessario il mio intervento. Mi spiego meglio: è chiaro che non si possono vietare le forme nonviolente di protesta, esiste il diritto al dissenso e va tutelato. Nel caso in questione, tutto è nato al termine della ‘Battitura della speranza’, iniziativa promossa dal Partito Radicale che tramite pentole sbattute contro le inferriate ha voluto (riscuotendo un’alta adesione: almeno 100 su 208 carceri hanno visto aderire decine di detenuti, ndr) richiamare l’attenzione sui problemi odierni del carcere, sovraffollamento in primis. Il fatto è che in coda a questa protesta del tutto idonea, alcuni gruppi di detenuti hanno continuato nei giorni successivi a fare rumore con le pentole, in modo del tutto strumentale dal nostro punto di vista.

L’avviso era quindi per questi detenuti ‘rumorosi’?
Sì, la loro era un’azione non organizzata, eccessiva, anche perché recavano disturbo a tutti, altri reclusi compresi. Da quando è comparso il foglio in bacheca, la cosa si è risolta, ma in modo improprio l’avviso è rimasto appeso ancora per i giorni successivi, fino a quando è stato reso pubblico.

Lei ha preso da poco più di un mese le redini del Prap, Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria dell’Emilia Romagna dopo aver guidato per anni il carcere di Torino. Cosa ha trovato sulla sua nuova scrivania?
È un bel salto passare da direttore di un istituto a Provveditore regionale. Sto cercando in questi primi tempi di dare un senso al mio lavoro, tra tante questioni aperte e un mondo come quello del carcere che necessita di una svolta, in particolare per quanto riguarda i circuiti penitenziari, ovvero le modalità di espiazione di una pena, gli arresti domiciliari, l’accesso all’esecuzione penale esterna, al lavoro durante il periodo di reclusione.

 

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