Welfare
Victor, il rom che non ti aspetti
Parla l'uomo che ha denunciato ai carabinieri uno degli stupratori della Cafarella, fuggito nel suo campo di baracche a Livorno
Livorno. Alba di giovedì 19 febbraio. Viene arrestato, dopo un’intensa caccia all’uomo durata quattro giorni, il secondo dei presunti violentatori della ragazza 14enne romana al Parco della Caffarella. Si chiama Karol Racz, 36 anni, viene dalla Transilvania, è rumeno ma non rom. Il luogo dell’arresto è però un piccolo campo di baracche abitate da rom romeni, una trentina in tutto. «Siamo noi che abbiamo chiamato le forze dell’ordine per arrestare quella persona. E siamo orgogliosi di aver contribuito a risolvere il caso», rivela Victor Lacatus, (nella foto) il rom portavoce della piccola comunità ‘nomade’ locale. «L’uomo si era intrufolato in una delle baracche del campo per nascondersi, appena abbiamo saputo che poteva essere l’autore dello stupro abbiamo agito», aggiunge.
C’era molta rabbia nell’accampamento di fortuna, dove Lacatus, 29 anni, vive con la moglie e due figli. Ne aveva una terza, Lenuca, morta a 5 anni nell’agosto 2007 in un improvviso rogo che ha distrutto la loro baracca. A seguito di quella tragedia, Lacatus era stato arrestato per abbandono di minore e aveva scontato un anno di carcere. «Nonostante non avesse ancora digerito la propria condanna ritenendola ingiusta, ha fatto prevalere il suo senso civico e di fronte a un fatto di gravità assoluta come quello accaduto alla Caffarella, non ha esitato a chiamare i carabinieri», spiega Nicusor Grancea, rom romeno in Italia da sette anni e attivista dell’ong per i diritti umani Everyone group, che aiuta Lacatus a farsi capire data la sua difficoltà con l’italiano.
«C’è da chiarire una cosa, che va detta per sgomberare il terreno da ogni dubbio», riprende Grancea (‘Nico’ per le decine di membri italiani e non di Everyone), «per noi rom lo stupro è un atto abominevole, alla pari non ‘solo’ di un omicidio, ma di almeno quattro o cinque». Grancea ha 21 anni, vive a Pesaro in uno stabile dato in concessione da un privato a lui e alla sua famiglia: moglie, figlia di 4 mesi, sorella, madre e padre. «Ho conosciuto i volontari di Everyone otto mesi fa, quando ho capito che volevano aiutare a far rispettare i diritti di noi rom ho chiesto di poter esserne parte». Ora il ragazzo non ha ancora un lavoro fisso, «ma di certo da quando sono diventato volontario la situazione è migliorata: abbiamo meno problemi con le forze dell’ordine, e possiamo aiutare altre comunità in difficoltà».
Come quella di Livorno, appunto, in cui Everyone, molto attiva anche a Firenze e con una voce rilevante anche nel Parlamento dell’Unione europea (leggi qua), ha potuto far venire alla luce l’atto di giustizia, per nulla scontato, di Lacatus, del quale parleranno anche nella puntata di martedì 24 febbraio le telecamere di Matrix.
«Se a Pesaro le cose vanno meno male che nei mesi scorsi, purtroppo in tutta Italia la situazione per noi rom è estremamente dura, almeno da un anno a questa parte», riprende Grancea, «paura, ansia, scontro con pregiudizi, l’elenco è lungo: non passa giorno, ad esempio, che io e la famiglia non venga insultato dai passanti appena si rendono conto di avere davanti un rom».
Quale soluzione, quindi? «Il rispetto, prima di tutto. Io per primo devo rispettare gli altri, anche noi non dobbiamo essere razzisti, e aprire le nostre dimore, io lo faccio senza problemi anche con amici italiani», conclude il giovane padre rom, «per questo vorrei lo stesso rispetto anche da chi ho di fronte. So che è dura che le cose cambino a breve», che i ‘muri’ si sgretolino. Ma la speranza è che «il gesto della comunità rom di Livorno sia un inizio in questo senso».
Nota: La foto di Victor Lacatus è di Steed Gamero
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