Mondo
Via Padova? È meglio di Milano
Un fine settimana all'insegna della festa: arte, teatro, sport. Una due giorni da non perdere
Sono tanti i volti, i profumi e le lingue che s’incrociano già a un veloce passaggio. Siamo lungo l’arteria più discussa di Milano. Per guardare bene non bisogna andar di fretta: per scoprire le realtà che abitano via Padova bisogna fermarsi. Nasce così “Via Padova è meglio di Milano”, la scommessa di un intero quartiere che tra sabato 22 e domenica 23 maggio, dalle 10 alle 24, si vestirà a festa per una due giorni di eventi aperti alla città. Una non stop di musica, arte, teatro, sport, danza, negozi aperti, incontri e laboratori per bambini, che animerà i 4 chilometri che da piazzale Loreto arrivano fino a Crescenzago (per il programma completo www.meglioviapadova.org).
Non solo risse tra bande
«Riaccendere i riflettori su via Padova significa portare alla luce la vitalità di uno tra i quartieri più multietnici di Milano», spiega Daniela Airoldi Bianchi del Teatro Officina, una degli organizzatori del progetto, «affinché venga finalmente raccontato per quello che è lontano dai luoghi comuni». Lasciati alle spalle i tragici fatti di cronaca del febbraio scorso, quando una guerriglia tra comunità straniere mise sottosopra la zona e provocò la morte di un giovane egiziano, e al di là di pattuglie di polizia e ordinanze comunali, la società civile si è mossa con la consueta vivacità: 70 eventi organizzati da oltre 50 associazioni per spiegare che «l’unica sicurezza è la socialità», continua Daniela Airoldi, «perché come si può aver paura se le strade e i negozi sono aperti e le luci sono accese?».
Laboratorio d’integrazione
Un comitato di zona attivissimo, una rete di associazioni che riunisce le eccellenze del quartiere, esperimenti nelle scuole e nelle chiese: «Via Padova è un esempio di confronto e di convivenza pacifica. Noi e le parrocchie vicine organizziamo ormai da tempo attività comuni», ha detto Asfa Mahmoud, presidente della Casa della Cultura Islamica di via Padova, Ambrogino d’oro nel 2009, che da anni lavora con la sua associazione ad un percorso di dialogo tra le comunità. Le iniziative del quartiere, concordano i promotori del progetto, non nascono con gli scontri di febbraio e non finiscono con la festa del 22-23 maggio: «Via Padova è un laboratorio d’integrazione aperto 365 giorni l’anno».
Straniero? No, compagno di classe
«Scusi mi sa dire dov’è il Parco Trotter?» chiede un sudamericano a un passante che risponde in malo modo: «Tu cosa vai a fare lì? Torna a casa tua!». Poco dopo la stessa domanda, questa volta posta da un inglese, riceve da quello stesso passante una ben più civile risposta. «Ma non siamo tutti e due stranieri?» è il commento conclusivo del giovane sudamericano alla scenetta ideata e illustrata a fumetti da alcuni alunni delle scuole medie. Eccola l’integrazione vista dai ragazzi che sarà presentata al pubblico tramite slide, cartelloni e vignette sabato 22 alle 17.30 presso il Teatrino del Parco Trotter. «L’evento è solo la fase conclusiva di un lungo programma didattico» spiega Christian Elevati, responsabile EAS e Rete Volontari di Intervita Onlus. Il progetto “Capaci di Accogliere” promosso dall’Associazione ha coinvolto circa 180 studenti e 10 insegnanti delle scuole medie Casa del Sole di Milano e Gianni Rodari di Novate Milanese. «Nella prima scuola il numero degli stranieri è storicamente elevato, convivenza e integrazione sono in corso già da tempo. Per i ragazzi la parola “straniero” praticamente non esiste, è una categorizzazione da adulti, per loro il cinese o il colombiano è semplicemente il “compagno di classe”», continua Elevati, «ben diversi i risultati all’istituto di Novate, dove il numero degli immigrati è basso e il nostro lavoro è stato piuttosto quello di decostruire i pregiudizi». Un confronto interessante presentato proprio nel quartiere più caldo della città in tema di immigrazione. Alle 18.30 seguirà lo spettacolo teatrale della compagnia Puntozero presso il Teatrino del Parco Trotter “Made in Italy – Eravamo emigranti”, liberamente ispirato a un testo di Gian Antonio Stella sulla condizione di 27 milioni di italiani che in cento anni hanno cercato fortuna all’estero.
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