Formazione
Via libera al vino transgenico. LEuropa in stato di ebbrezza
La Commissione dà lok alla sperimentazione sulle uve Ogm. Contrari ambientalisti e produttori. E anche se i risultati li vedremo fra 10 anni, il rischio è grosso
Dopo le sementi i vitigni. La lobby del transgenico è all?attacco sul fronte europeo. Sono di gennaio i passi diplomatici ufficiali americani verso l?Europa perché venga ritirata la moratoria sugli ogm, e la pressione, attraverso l?italiana Assobiotech, sul ministro dell?Agricoltura Alemmano per introdurre soglie di tolleranza al transgenico nell?import di sementi di mais e soia. Se i primi due blitz sono andati a vuoto, il biotech porta a casa una vittoria parziale ma importante: il via libera della Commissione europea alla sperimentazione dei vitigni ottenuti da uve e vitigni transgenici, deliberato venerdì 15 febbraio.
« Con questa decisione si mina il patrimonio della diversità delle risorse genetiche vinicole del nostro Paese», commenta Paolo Massobrio, enologo e presidente del Club Papillon. «In Italia c?è il maggior numero di germoplasma, ossia di biodiversità vegetale, un patrimonio unico. Dopo aver resistito all?assalto dei vitigni internazionali la varietà di quelli autoctoni rischia ora di appiattirsi davanti alla possibilità di introdurre ogm».
Ciò che preoccupa non è solo la tutela della biodiversità vinicola ma anche i rischi che le colture ogm possono avere sull?ecosistema e sulla salute dell?uomo.
«Continuiamo a farci del male», replica morettianamente Giacomo Mojoli, vice presidente- portavoce di Slow Food. «Quella della Commissione è una scelta sbagliata sia dal punto di vista economico che etico ambientale», dice. «Senza conoscere quali possono essere gli effetti sull?ecosistema e sul piano economico, è stata presa una scelta contraria alle moderne strategie di marketing che danneggerà l?immagine sui mercati internazionali dei vini italiani e europei faticosamente costruita negli anni».
La direttiva che da il via libera ai ?materiali di moltiplicazione vegetativa della vite?, desta ancora più perplessità per la carenza di regole sull?etichettatura, sulla tracciabilità e sulle responsabilità civili e penali che potrebbero derivare da danni all?ambiente e alla salute delle persone.
«Senza un?adeguata normativa sull?etichettatura, vini storici come il Barolo Sforzato o il Carignano del Sulcis potrebbero essere considerati uguali a prodotti frutto della logica della massificazione della produzione e dell?uso di ogm» prosegue. Contromosse? «Ci appelliamo ai consorzi di vini Doc e Docg, perché modifichino i disciplinari introducendo norme che impongano l?inammissibilità dell?utilizzo di ogm nei vini tradizionali. Nelle guide che editiamo sarà nostra premura segnalare la netta distinzione tra vini ogm e quelli free».
Un no categorico e inappellabile agli ogm viene anche dal Consorzio tutela dei vini Franciacorta, 67 cantine associate che operano su una superficie complessiva di 1.600 ettari di cui 1.200 destinati a vini Docg. « Ci batteremo con tutte le nostre forze per contrastare l?introduzione degli ogm e per tutelare l?integrità dei cloni selezionati in anni di lavoro sul nostro territorio», afferma con veemenza Pierangelo Plevani, direttore del Consorzio.
«Da noi i vitigni fanno parte della tradizione culturale e hanno un forte legame con il territorio. Ogni settimana le nostre cantine ricevono pullman di visitatori, il vino ha contribuito a far nascere e sviluppare circuiti turistici che hanno permesso la riscoperta di luoghi storici per anni dimenticati».
Meno allarmato Andrea Cecchi, vigneron a Castellina in Chianti, che produce Gallo nero ma anche biologico: «Non credo che ci siano produttori così sprovveduti da mettere in discussione tutto il lavoro fatto in questi anni», dice, «quelli su cui si sta lavorando ora sono vitigni che daranno frutti tra non meno di 10 anni. Piuttosto servono garanzie precise da parte di chi fa ricerca: non vedo grosse difficoltà, non ci sono malattie particolari che richiedono un?azione immediata».
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