Non profit

Vi spiego dove sono finiti i soldi di Keith Haring

Arte & solidarietà /1. Parla la direttrice della fondazione erede dell'artista. Di Elena Paloscia

di Redazione

Porta il verbo di Keith Haring in giro per il mondo. E la nuova tappa di questo tour capace di mobilitare grandi folle è Milano, dove la grande rassegna dedicata all?artista americano sta mettendo in coda migliaia di visitatori (alla Triennale, sino al 29 gennaio). Lei è Julia Gruen, ai tempi assistente dell?artista e oggi presidente della fondazione voluta dall?artista nel 1989. Haring è sempre stato molto attivo in campo sociale e ha voluto che la fondazione si occupasse dei problemi legati all?Aids e all?infanzia mettendo a disposizione fondi e immagini in favore di organizzazioni quali Unicef, Special Olympics, Best Buddies, The Children?s Village, e molte altre. Vita: Perché è nata la fondazione? Julia Gruen: Keith ha istituito la fondazione per essere certo che la sua visione artistica e filantropica sarebbe continuata dopo la sua morte. Per noi partecipare ad esposizioni in grandi e importanti musei in tutto il mondo è solo un esempio della mission: abbiamo il compito di accrescere l?accessibilità e la visibilità nei confronti dell?opera e della filosofia di vita di Keith Haring. Rendere ancora più noto il suo lavoro, raggiungere un pubblico più vasto possibile, avvicinarlo alla sua immaginazione, alla sua versatilità come artista e come essere umano. Vita: E quale è la vostra mission? Gruen: La Keith Haring Foundation è un?organizzazione non profit istituita nel 1989 con il compito specifico di sostenere le organizzazioni per l?Aids e gli istituti di beneficenza che si occupano dei bambini bisognosi. Inoltre la fondazione cerca di educare e di incrementare la consapevolezza della visione artistica di Haring attraverso mostre internazionali e consentendo agli scolari e agli studenti l?accesso ai nostri archivi. Vita: Per quale ragione Haring ha scelto lei per dirigere la fondazione? Gruen: Ho lavorato al suo fianco per sei anni. Quando ci siamo incontrati eravamo entrambi molto giovani, avevamo 25 anni. Abbiamo avuto una sorta di crescita parallela. Lui aveva bisogno di qualcuno con entusiasmo e abilità gestionali che mantenesse un?atmosfera professionale nel suo studio. Il mio ruolo è cresciuto con gli anni al punto che Haring a quanto pare si convinse che io potessi assicurare una buona gestione e la cura amorevole necessarie a sostenere la sua eredità in futuro. Vita: New York, Berlino, Parigi, Pisa sono solo alcune delle numerose città in cui Haring ha creato murales e condotto le proprie battaglie contro i grandi mali del mondo contemporaneo l?Aids. Secondo lei, in quale modo l?arte agisce sul sociale? Gruen: La forza di Keith Haring è che i suoi lavori sono così accessibili e permettono di entrare direttamente in contatto con le emergenze del nostro tempo e con le sue opinioni relativamente a queste problematiche. Molti artisti forniscono una sorta di cronaca sociale della loro epoca, ma Keith andò oltre: non solo affrontò direttamente argomenti sociali ma fu anche un attivista e sostenne finanziariamente quelle cause alle quali era particolarmente legato. Vita: E com?era Haring di persona? Gruen: Era accessibile come la sua arte. Era pieno di energia, di ottimismo, di generosità e di humor. Dava un grande valore alla sincerità e alla spontaneità così come alla tolleranza e alla libertà personale. E ha mantenuto queste qualità perfino di fronte al dramma della malattia. I suoi capolavori che sfidano l’aids Così lo ricordano le associazioni Lella Cosmaro / Lila Sono tantissime le associazioni che riconoscono il linguaggio artistico di Haring, forse perché nel suo modo semplice di fare arte è riuscito a rappresentare il disagio di portarsi addosso uno stigma sociale e, ancora oggi, continua ad essere l?icona della cultura newyorkese di strada. L?ideale sarebbe riuscire a inserire la sua mostra milanese tra gli eventi della Giornata mondiale dell?Aids il primo dicembre. Stiamo già cercando di prendere contatti con gli organizzatori. Paola Fantolini / responsabile fund raising dell?associazione Arché Gli aiuti della fondazione Haring contrbuiscono a garantire maggior qualità di vita ai malati. Ma servono soprattutto a riaccendere i riflettori su una malattia che tutti credono scomparsa e che invece è ancora diffusissima, non soltanto nel Sud del mondo, ma anche in Italia. L?arte di Haring è apprezzata indipendentemente dalla sua storia personale, ma il dolore della morte l?ha consacrato in mito. Per chi si occupa di Aids è un modo per tenere viva la soglia di allarme. Valeria Calvino / Anlaids nazionale Keith Haring è uno dei precursori di un?arte di strada in cui riecheggiano la cultura underground e gli anni 80, che sono gli stessi in cui è scoppiata l?epidemia dell?Aids. Il suo lavoro aiuta certamente a non far abbassare la guardia di fronte a una malattia che, al contrario di quel che si crede in Occidente, non è per nulla debellata. L?unico mio rammarico è che sia troppo commercializzato e molto spesso le cose che si riproducono perdono il messaggio originario.

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