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Vi spiego comesarà la riforma Il presidente dell’Ipalmo traccia le basiper la ri-scrittura della legge 49. Con un punto fermo: «La bozza Tonini è carta straccia» di Paolo Manzo
cooperazione internazionale Intervista a De Michelis
di Redazione

Sono oltre 15 anni che l’Italia cerca invano di modificare la 49/87, e cioè la legge sulla cooperazione internazionale. Disegnata per intervenire nel mondo della Guerra fredda e della separazione netta tra Primo mondo occidentale, Secondo mondo sovietico e Terzo mondo conteso dai due blocchi, la 49/87 è «in discussione praticamente dalla fine della Prima Repubblica», ci spiega il presidente del centro di ricerca Ipalmo, Gianni De Michelis. «Ricordo che quando ero ministro degli Esteri, all’inizio del 1992 organizzammo un convegno nazionale per discuterne. Poi venne Mani Pulite e il parlamento si dedicò soprattutto ad attività d’indagine». Da allora è stata una sequela di tentativi di riforma. Tutti inutili, e con la fine della scorsa legislatura la riforma della legge sulla cooperazione è più lontana che mai. A cercare di sbloccare la situazione è proprio l’Ipalmo che, martedì 22 luglio a Roma, ha fissato un incontro, il secondo in meno di un mese, con i principali esperti italiani del settore.
Vita: Cosa si augura possa uscire dall’incontro del 22 luglio?
Gianni De Michelis: Che si riesca a tratteggiare lo schema generale, il quadro di riferimento per poterci poi collocare dentro le questioni specifiche per cambiare la legge e rendere più efficace l’uso delle risorse che sono, ovviamente, sempre scarse e inadeguate e che però, proprio per questa ragione, dovrebbero essere usate sempre nel modo più efficace possibile.
Vita: In concreto?
De Michelis: L’idea è che ne esca uno strumento propositivo utile per il governo. Diciamo che potremmo metterci nelle condizioni, entro la fine di quest’anno, di avere non dico un articolato, ma almeno di avere l’ossatura e l’impostazione strategica di uno strumento nuovo e più adeguato al mondo di oggi.
Vita: La bozza Tonini, a suo avviso, può essere una parte della riforma?
De Michelis: Già dalla prima riunione dell’Ipalmo è emerso che oramai è morta e sepolta.
Vita: Il ministro degli Esteri Franco Frattini manterrà le deleghe per la cooperazione e l’Africa, almeno sino al G8 italiano del prossimo anno. La mancanza di una figura ad hoc non crede sia un segnale di debolezza per il settore?
De Michelis: È vero il contrario. Frattini si è tenuto le deleghe per dare un segnale preciso della sua volontà di affrontare direttamente le modalità di funzionamento delle politiche di cooperazione allo sviluppo e, quindi, se lavoriamo bene noi pensiamo di fornire al ministro che vuole occuparsi di queste cose degli utili elementi di riferimento.
Vita: Quali i punti principali che, a suo avviso, la riforma dovrà considerare?
De Michelis: Il primo è che la cooperazione allo sviluppo dei singoli Paesi europei deve essere sempre più mista e coordinato a livello di Unione europea. Addirittura arriverei al punto di dire: l’Italia decida quanti soldi mette e poi è l’Europa che li gestisce.
Vita: E il secondo punto?
De Michelis: Prendere atto di quello che io chiamo il salto di paradigma che è intervenuto nell’economia mondiale nel corso di questi ultimi 15-20 anni. Cioè della modificazione della vecchia struttura, figlia del colonialismo dei Paesi ricchi che sfruttavano i Paesi poveri e che poi, volendo andare oltre al colonialismo, hanno pensato che dallo sfruttamento bisognava passare all’assistenza per garantirne il recupero. E, naturalmente, tenere conto che nel frattempo una parte di quelli che sino a ieri erano Paesi poveri oggi sono diventati Paesi ricchi, Cina, India e Brasile, in primis.
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