Anziani
Vi racconto come nasce il Senior housing dedicato a Claudia Fiaschi
È stato inaugurato a Firenze un condominio per Over 65, con diversi servizi e spazi comuni che favoriscono la socialità e l’invecchiamento attivo. Lorenzo Terzani, tra gli ideatori del progetto dice: «Villaggio Novoli è un esempio di come il Terzo settore può tentare risposte coraggiose alle nuove sfide sociali»
«Questa cosa l’abbiamo fatta grossa: avevamo appena dato il via ai lavori nel cantiere di Villaggio Novoli quando Claudia Fiaschi mi disse queste parole. Le ricordo nitidamente. Era da poco stata eletta presidente del consorzio Co&so, dopo i tanti anni alla guida del Forum del Terzo settore, e aveva subito intuito la forza dirompente di questo progetto». A raccontarlo a VITA è Lorenzo Terzani, presidente di Consorzio Fabrica e consigliere di amministrazione di Co&so, le due realtà che insieme a Fondazione Cassa di risparmio di Firenze e alla cooperativa il Girasole hanno dato vita al primo Senior housing a Firenze. Terzani è tra gli ideatori del progetto appena inaugurato e intitolato a Claudia Fiaschi, morta a marzo a causa di una malattia fulminante. «Ora che ripenso a quella sua frase capisco finalmente quello che intendeva dire Claudia. Noi ce ne stiamo rendendo conto solo adesso».
A cosa fa riferimento?
All’incredibile attenzione che sta suscitando Villaggio Novoli. In queste ore siamo travolti da televisioni e giornali nazionali incuriositi da questo nuovo modo di abitare pensato per gli over 65. Non ci aspettavamo questo clamore, ma evidentemente è il segnale di quella che ormai viene percepita sempre di più come un’urgenza dalla nostra società. Stiamo provando a dare una risposta in un ambito in cui oggi le risposte sono veramente poche.
Quando siamo partiti, era il 2011, abbiamo condotto un’indagine di mercato per capire quanti anziani sarebbero stati disponibili a lasciare la propria abitazione per trasferirsi in un condominio che favorisse socializzazione e assistenza alla terza età. Già dieci anni fa le risposte ci sorpresero positivamente, eppure ancora oggi sono tantissimi gli scettici, continuano a ripeterci che in Italia ancora non siamo pronti, culturalmente, a queste soluzioni. A Claudia, invece, bastarono pochi mesi ad accorgersi della portata dirompente che avrebbe avuto questo progetto.
Anche per questo avete deciso di intitolare Villaggio Novoli a Claudia Fiaschi?
Ho conosciuto Claudia quando ancora non era neanche maggiorenne, ed è stato il suo amore per il Terzo settore a convincermi a lasciare il precedente lavoro per dedicarmi completamente a questo mondo. Da lei ho imparato che il Terzo settore per promuovere davvero il bene comune deve avere il coraggio di anticipare soluzioni, sperimentare strade nuove. Perché prima degli altri il Terzo settore riesce a leggere e riconoscere i bisogni emergenti. Claudia è arrivata a questo progetto quando era già in fase avanzata e non è riuscita a vederlo realizzato. Eppure in Villaggio Novoli “Claudia Fiaschi” io riconosco la sintesi del suo pensiero per il Terzo settore.
Pensa che anche in questo caso il vostro esempio possa spingere altri investimenti nella stessa direzione?
Sì, già il Comune di Firenze sta facendo un’operazione simile con il PNRR, è così che il tema dell’abitare entrano sempre di più nel dibattito pubblico. La nostra esperienza è un progetto pilota, speriamo possa continuare a stimolare nuove realtà e sinergie. Ma è importante sottolineare che questo progetto è tutto autofinanziato, non abbiamo avuto supporti finanziari o economici di tipo pubblico. Abbiamo utilizzato per la ristrutturazione il famigerato 110 e fatto un accordo con la proprietà dell’immobile che ha compartecipato all’investimento. Altra parte dell’investimento è stato sostenuto dalla Fondazione Cassa di risparmio di Firenze.
Qual è l’intuizione alla base di Villaggio Novoli?
Il progetto nasce per fare prevenzione rispetto all’accesso a strutture con intensità sociosanitaria maggiore. Un luogo in cui gli Over 65 possano sentirsi sicuri e allo stesso tempo godere di spazi di socializzazione. Un contesto in cui si sentono stimolati a vivere un invecchiamento attivo. Nel condominio ci sono 37 appartamenti indipendenti e tutto il piano terra, quasi 600 metri quadri, è dedicato agli spazi comuni: c’è un ambulatorio, una palestra, due sale, una più riservata ai condomini, l’altra aperta al territorio. E poi c’è una grande ambiente, che comprende la cucina, che diventa anche spazio di socializzazione. Qui gli abitanti possono restare protagonisti delle loro vite perché, a tutti gli effetti, sono a casa loro: sottoscrivono un normale contratto di locazione, ognuno può avere a disposizione il suo miniappartamento che favorisce il mantenimento dell’autonomia.
C’è poi la grande sfida della rigenerazione urbana: abbiamo ristrutturato un edificio esistente, un palazzo che è stato occupato per oltre vent’anni, fortemente degradato, in uno spazio della città che adesso si è riqualificato.
E ora le nuove sfide quali sono?
Il nostro obiettivo è quello di non lasciare le persone a casa da sole. Stiamo quindi lavorando ad un’evoluzione diciamo di questo progetto, un Senior housing diffuso. L’idea è quella di ricostruire una rete di relazioni anche con gli anziani che continuano a vivere nel loro domicilio, costruendo un modello di servizio domiciliare che anche attraverso la tecnologia, soprattutto video e riconoscimento vocale, consenta agli anziani di interagire con un operatore. Grazie anche al supporto dell’intelligenza artificiale saremo in grado di dare risposte ai problemi degli anziani. Stiamo realizzando anche questo progetto con la Fondazione Cassa di risparmio di Firenze e con l’Università che lo sviluppo scientifico.
Le foto nell’articolo sono del progetto ViviSmart del Consorzio Co&so
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