Climate change
Verso Cop29, con un giovane in ogni delegazione ufficiale
A Dubai per la Cop28 c'erano anche un centinaio di ragazzi, la delegazione più numerosa di sempre. Ma non basta essere negli eventi collaterali: i giovani devono essere nelle delegazioni ufficiali, là dove si discutono gli accordi. E anche sulla finanza climatica hanno le idee chiare... Intervista a Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children Italia
Alla prossima Cop, di Baku? Ci deve essere un giovane in ogni delegazione ufficiale, cominciando dall’Italia. Non negli eventi collaterali, ma proprio ai tavoli dei negoziati. È questa la richiesta – e l’obiettivo di un lavoro con le istituzioni che è già cominciato – delle nuove generazioni, nel giorno in cui Cop28 si chiude con un accordo che sancisce sì la “transizione dai combustibili fossili” («transitioning away») ma che non ha avuto la forza o il coraggio di usare il più ambizioso termine di «phase out» (uscita).
A Dubai i giovani c’erano, con cento delegati: almeno 40 bambini erano accreditati anche nella “zona blu”, l’area che ospita i negoziati formali. Vera e Martina, due ragazze del Movimento Giovani per Save the Children, hanno partecipato al vertice e hanno realizzato attività con i giovani di altre organizzazioni, a cominciare dal Wwf e da Fridays for Future.
Save the Children ha chiesto a bambini e bambine, prima della Cop28, cosa volessero dal vertice: le loro priorità sono l’educazione climatica e ambientale, maggiori finanziamenti per la costruzione di infrastrutture resistenti al cambiamento climatico, spazi per far sentire la loro voce. «Quest’anno alla Cop28 sono molti di più che in passato i bambini e i giovani che partecipano a eventi ed attività collaterali. Senza dubbio il loro padiglione è il più bello e il più interessante», ha detto Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children Italia. «Eppure quello che i ragazzi e le ragazze desiderano non è ancora avvenuto: vogliono un meccanismo strutturato di partecipazione, che permetta loro di essere presenti ai tavoli che contano, quelli dei negoziati». Con lei abbiamo fatto un bilancio della Cop appena conclusa, dalla prospettiva di bambini e ragazzi.
Alla chiusura della Cop28 di Dubai, qual è il bilancio dal punto di vista dei bambini e dei ragazzi?
L’accordo che sancisce la “transizione dai combustibili fossili” va nella giusta direzione, ma è ben lontano dalla rapida eliminazione dei combustibili fossili necessaria per garantire una giusta transizione per i bambini a livello globale. L’accordo andrà approfondito, ma la menzione che viene fatta di una transizione dai combustibili fossili è importante. Due elementi positivi erano già evidenti nei giorni scorsi: la creazione del fondo “loss and damage” in cui il governo italiano ha fatto un pledge molto importante di 100 milioni di euro e la maggiore partecipazione dei ragazzi, con cento delegati supportati dai loro paesi e dagli organizzatori stessi, non solo dalla società civile.
Cosa manca allora?
Sul fondo “loss and damage” come Save the Children riteniamo molto importante fare pressione perché una parte di questi finanziamenti venga utilizzata con la lente dei bambini. Se guardiamo i quattro grandi fondi di finanza climatica solo il 2,4% usa la lente dei bambini, mentre è importante fare in modo che siano rivolti all’infanzia dal momento che la crisi climatica è una crisi intergenerazionale dei diritti dell’infanzia.
Che significa?
Che gli eventi legati alla crisi climatica mettono in discussione il presente e il futuro dei bambini, sia con eventi immediati sia nel lungo periodo. Basti pensare alle alluvioni in Pakistan che hanno lasciato migliaia di bambini senza casa e senza scuola o ai problemi alimentari che l’assenza di piogge in tutto il Corno d’Africa ha prodotto: in Somalia, la stagione delle piogge non c’è più da cinque anni.
Cosa chiedete quindi rispetto all’utilizzo di questi fondi di finanza climatica?
Che la finanzia climatica sostenga progetti che vanno a interessare le comunità locali e in particolare bambini: per esempio progettualità sull’importanza di una climate education, progetti che rendono il sistema educativo resiliente ad uno shock climatico, l’inserimento nei curricola scolastici e nella formazione dei docenti dell’aspetto del clima, per creare un green mindset. Senza di quello, i giovani non avranno gli strumenti per mettere a terra le azioni necessarie per vincere la partita climatica.
Bene la partecipazione che c’è stata, ma i giovani ancora non siedono là dove le decisioni vengono prese, per quanto queste decisioni riguarderanno soprattutto loro.
La cosa che manca, infatti, è che i giovani siano nelle delegazioni ufficiali e quindi abbiano la possibilità di partecipare ai negoziati stessi. Chiediamo che venga definito un meccanismo formale di partecipazione dei ragazzi alle decisioni e un meccanismo per identificare almeno un ragazzo che faccia parte della delegazione di ogni paese. Oggi questa presenza ufficiale e formalizzata non c’è. L’esperienza dei ragazzi a Cop28, penso in particolare a Vera e Martina del nostro Movimento Giovani, sarà parte di un percorso che in vista della Cop29 dell’anno prossimo punta a sollecitare presso le istituzioni la partecipazione formare dei ragazzi non solo alla Cop in maniera generica ma ai negoziati. Devo dire che c’è un’apertura in questo senso, per esempio l’Italia collabora a Youth for Climate, una piattaforma voluta da Undp, a cui hanno accesso soprattutto ragazzi che vivono in paesi in via di sviluppo che contribuiscono con proposte e progettualità al contrasto del cambiamento climatico.
Vera e Martina, le due attiviste del Movimento Giovani per Save the Children, chi sono?
Sono due ragazze del Movimento Giovani per Save the Children, partecipano durante l’anno alle attività proposte sulle tematiche di interesse dei giovani e il clima è sicuramente uno degli interessi principali dei giovani. Hanno fatto diverse attività anche con altre organizzazioni giovanili, hanno fatto percorso comune di approfondimento in vista di Cop28, a novembre a Roma i ragazzi hanno incontrato il ministro Pichetto Fratin e hanno condiviso con lui le loro richieste che sono essenzialmente quelle che dicevamo prima: una finanzia climatica più attenta ai bambini, una maggiore partecipazione e l’impegno a limitare il riscaldamento globale a un massimo di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. A Dubai Save the Children ha organizzato due eventi: uno nel padiglione dei ragazzi e uno nel padiglione italiano.
Vera Lazzaro, delegata del movimento giovani per Save the Children, aprendo l’evento “Investing in the younger generations for a just transition” davanti al ministro Pichetto Fratin, ha tenuto un discorso molto bello. Ha detto che le ragioni per cui i giovani dovrebbero essere considerati parte della soluzione all’emergenza climatica sono tre: perché agiamo, perché collaboriamo, perché proponiamo. Sono tre verbi molto precisi.
Fanno vedere come i ragazzi siano profondi conoscitori della materia, non sono per niente superficiali. E come abbiano una grandissima spinta a portare soluzioni concrete, proprio perché sono i primi ad esser colpiti. E in questo l’idea della partecipazione, del costruire alleanze, del lavorare con tutti, insieme, istituzioni e attori della società civile, è fondamentale. Hanno le idee molto chiare.
Lei ha detto che i giovani non hanno alle spalle grandi interessi economici, ma sono la lobby più potente che si possa immaginare, perché sono la lobby del futuro. Una bella frase o una realtà?
Ma certo che i giovani sono potenti: sono coloro che voteranno, che acquisteranno prodotti, sono gli stakeholder che influenzeranno le decisioni politiche ed economiche. Il loro peso oggi è ancora sottovalutato perché non sono ancora su quel gradino. Ma quando ci arriveranno porteranno una sensibilità e degli obiettivi tutti diversi da quelli a cui siamo abituati oggi.
In foto, giovani attivisti a Dubai chiedono il “phase out” per i combustibili fossili. Foto AP Photo/Peter Dejong
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