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Verso Cop21: per il 46% della popolazione i cambiamenti climatici preoccupano più dell’Isis

A due mesi dalla conferenza sul clima di Parigi, nell’anno dell’enciclica del papa sull’ambiente e dello scandalo Volkswagen, secondo un sondaggio il riscaldamento globale è percepito come la minaccia più pericolosa dalla maggior parte della popolazione mondiale. I cittadini sono più lungimiranti di chi li governa?

di Donata Columbro

Quella del 2015 è stata la terza estate più calda dal 1997, dopo quella del 2003 e del 2012. Ancora non lo sapevano i 45.435 intervistati dal Pew Research Center che ha scelto 40 stati per condurre una ricerca, tra i mesi di marzo e maggio del 2015, sulle questioni mondiali che preoccupano di più la popolazione. In 19 paesi la maggioranza ha messo al primo posto i cambiamenti climatici. Tra le altre problematiche segnalate dai cittadini la paura di attacchi terroristici dello Stato islamico, la vulnerabilità dei mercati economici globali (i pallocchi rossi nella mappa), il programma nucleare iraniano, le dispute territoriali tra la Cina e i paesi confinanti, gli attacchi informatici, le tensioni con la Russia.

Per quanto riguarda l’economia tra i primi cinque in classifica ci sono due paesi africani, il Ghana (67) e l’Uganda (62), due sudamericani, il Brasile (60), Venezuela (60), mentre per l’Europa, a parte la Spagna che è al secondo posto con il 63%, la crisi sembra è lontana, così come negli Stati Uniti dove solo 51% è preoccupato dall’economia, mentre la paura più grande è quella per gli attacchi terroristici e l’Iran.

A livello regionale è l’America Latina l’area in cui ci sono più stati i cui cittadini hanno messo al primo posto il riscaldamento globale, con il Brasile e il Perù in testa con il 75% della popolazione preoccupata per le conseguenze dell’aumento delle temperature, della deforestazione e le ripercussioni sulla biodiversità dell’ambiente.

Segue l’Africa, con il Burkina Faso al primo posto della classifica generale come paese più preoccupato per il clima (79%), seguito da Uganda (74%), Ghana (71%), Sudafrica (47%) e Tanzania (49%).

Anche l’Asia, regione particolarmente vulnerabile alle conseguenze dei cambiamenti climatici, dove si concentra un terzo di tutta l'attività dei cicloni tropicali mondiali (se ne formano circa 80 all’anno), c’è una media del 41% di cittadini preoccupati dal clima: India (73%) e Filippine 72% in cima alla classifica regionale.

La preoccupazione per il cambiamento climatico è relativamente bassa in Europa. Forse oggi, dopo le rivelazioni sui test della Volkswagen che hanno confermato un rilascio nell’aria di un milione di tonnellate di gas tossici in più rispetto a quanto stimato, i risultati del sondaggio sarebbero diversi.

Ma la scorsa primavera solo il 42% dei cittadini europei in media ha scelto i cambiamenti climatici come preoccupazione principale. La Spagna è il paese dove ci sono più cittadini che l’hanno messo al primo posto (59%), mentre in paesi come la Polonia siamo al 14%, in Italia la percentuale è del 45%.

Negli Stati Uniti l’ansia per le conseguenze dei cambiamenti climatici è di poco superiore alle dispute territoriali tra la Cina e i paesi vicini. A quattordici anni dall’11 settembre, al primo posto ci sono gli attacchi terroristici, non per mano di Al Qaeda ma dell’Isis.

Eppure, Barack Obama è stato l’unico presidente degli Stati Uniti a parlare di riscaldamento climatico “come minaccia per le generazioni future” e a promettere un taglio delle emissioni di CO2 del 32% rispetto al 2005, entro il 2030.

A due mesi esatti dalla conferenza di Parigi Cop21, dove i leader mondiali saranno chiamati a definire un accordo vincolante sulle emissioni, per quel 46% dei cittadini per cui il riscaldamento climatico è al primo posto tra le questioni globali di cui preoccuparsi è arrivato il momento di farsi sentire.

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