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Veronica & Silvio, ultimo atto
Botta e risposta pubblico fra i coniugi Berlusconi. Ci si avvia verso un tribolatissimo divorzio. Corriere e Stampa intervistano il premier
Dopo l’avvio delle procedure di separazione annunciate ieri da Veronica Lario, oggi il premier Silvio Berlusconi risponde pubblicamente alla quasi ex consorte: «È lei che si deve scusare». Ecco come i quotidiani di oggi trattano la notizia
- Oggi la rassegna stampa si occupa anche di:
- AFGHANISTAN
- SAN PATRIGNANO
- INFLUENZA SUINA
- AMBIENTE
- ABRUZZO
- FIAT
- CRISI
- FEDERALISMO FISCALE
- IMMIGRAZIONE
«È Veronica che si deve scusare», così in prima pagina del CORRIERE DELLA SERA di oggi il premier Silvio Berlusconi dopo l’annuncio della moglie di voler rompere il matrimonio. «Veronica è caduta in un tranello. E io so da chi è consigliata. Meglio sobillata. La verità verrà fuori. I servizi vanno da pag 2 a pag 5. E mentre Bossi avverte: bisogna stare attenti a non far star male le moglie e i figli di Veronica non si schierano: vogliamo bene a entrambi, il direttore Ferruccio De Bortoli firma il colloquio con Berlusconi che dice: «Veronica dovrà chiedermi scusa pubblicamente. E non so se basterà. È la terza volta che in campagna elettorale mi gioca uno scherzo di questo tipo. È davvero troppo». I figli? «I figli sono solidali con me. Sa come chiamo io tutto quello che è accaduto in questi giorni? Criminalità mediatica». Le candidate veline? «Parliamo di tre ragazze in gamba su 72 candidati. E che male c’è se sono anche carine? Non possiamo candidare tutte Rosy Bindi». La 18enne napoletana Noemi Letizia che dà del «papi» al premier? «Nulla di strano. Ho fatto le fotografie con tutti i partecipanti, i camerieri, persino i cuochi. Le pubblicherà Chi sul prossimo numero, me le ha chieste quel diavolo di Signorini». Chiude De Bortoli: il nostro modesto auspicio è che ciò (la riconciliazione fra i due, ndr.) avvenga. Magari in forma del tutto privata.
Maria Latella firma invece il ritratto di Veronica, arricchito da numerosi virgolettati “storici”: “«L’ho aiutato fino all’ultimo, ma ora ha superato i limiti»”. E ancora: Ho contribuito a costruire il suo rapporto con i figli e di questo sono contenta…I sondaggi tutti per lui mi fanno piacere. Basta con le scemenze di me manovrata dalla sinistra».
“Berlusconi e il divorzio: «È un dolore privato, non ne parlo»”: così titola LA REPUBBLICA in prima pagina, accompagnando la notizia con l’immagine di un Berlusconi tutto sommato sorridente ritratto ieri mentre esce dalla porta di Arcore. L’occhiello sottolinea l’ira del premier: “Veronica vuole mettermi i figli contro”. A pagina 6-7-8, si raccontano i retroscena della «prima puntata di una telenovela ancora molto lunga», poiché «in gioco restano fattori che poco hanno a che fare con i rapporti sentimentali», a cominciare dai futuri assetti aziendali e l’eredità dell’impero editoriale. In ballo ci sarebbero «interessi stellari da 8 miliardi di euro». I due coniugi in realtà hanno già la separazione dei beni e LA REPUBBLICA fa i conti in tasca ai due. La strategia difensiva messa a punto dall’avvocato Niccolò Ghedini si fonda su tre pilastri: silenzio, minimizzare, evitare lo scontro diretto. Pare peraltro che la signora abbia respinto duramente l’invito di Ghedini a parlarne: «Mi ha detto che ne possiamo parlare con il suo avvocato, una donna». Tra le preoccupazioni del “comitato di crisi” (Ghedini, Letta e Buonaiuti) ci sono eventuali interviste tv di Veronica Lario e il rischio che il secondo divorzio del premier provochi uno strappo con il Vaticano e la perdita netta di due milioni di voti cattolici. Ovviamente LA REPUBBLICA riporta le reazioni dei politici: la maggioranza è compatta nel silenzio, tranne Bossi che ammonisce il premier con un «Bisogna stare attenti quando ci sono dei figli, una moglie, a non farla star male». Pier Ferdinando Casini invoca il «rispetto» per una «scelta sofferta che coinvolge anche i figli», Rosy Bindi sottolinea che la vicenda è privata, ma «le motivazioni no, e devono far riflettere», Mario Adinolfi, della direzione del Pd, invita a uscire dall’ipocrisia e parla del divorzio di Berlusconi come di «una questione politica e un’occasione per il Pd». E le donne di Berlusconi, come reagiscono? Prudenza di Giulia Bongiorno e Stefania Prestigiacomo, Daniela Santanché invece spara a zero su Veronica, «come madre avrebbe dovuto impedire di dare il padre dei suoi figli in pasto agli avversari». A fondo pagina una puntina di LA REPUBBLICA: per il TG5, ieri, il divorzio di Berlusconi è stato una non-notizia. Silenzio assoluto fino all’edizione delle 20, quando il tg del premier ha dedicato alla news dieci secondi, lo stesso tempo che ha speso per parlare di uno sciopero dei tranvieri. A onor del vero però anche i Tg” ne ha parlato solo in serata, mentre il TG4 «ha ospitato un peloso sermoncino di Fede contro i pettegolezzi». Come disse Totò, chiude LA REPUBBLICA, “Hai aperto la parente? Bene, chiudila». Il commento alla vicenda è affidato invece a Natalia Aspesi, con “La parola fine detta in pubblico”: un pezzo che dipinge Veronica come una donna messa alle strette, che conosce bene il premier e «forse ha le sue ragioni per temerlo», ma che si è decisa alla fine, dinanzi alla minaccia mediatici di sue vecchie immagini discinte, a «mettere la testa sotto la lama della ghigliottina» per affrontare in solitudine, con il divorzio, «un futuro forse difficilissimo».
“Berlusconi: mi spiace per i miei figli ma stavolta è finita” è il titolo in prima pagina dell’intervista al premier firmata da Mario Calabresi su LA STAMPA. La posizione è quella della falsa apertura dove vengono richiamati due virgolettati come sommario «Ho tenuto insieme una situazione difficile, ma ora non si può più andare avanti (…) Non voglio dire nulla di male su di lei. Quello che accade tra di noi fa parte di una storia privata». Seguono due pagine di intervista, con le foto ufficiali della coppia dal 1980 al 2008 e poi i commenti dei giornali stranieri: «”Silvio solo”, la notizia fa il giro del mondo». Tra i titoli citati quello del quotidiano di Barcellona La Vanguardia “Veronica Lario vuol divorziare da Silvio Berlusconi perché è donnaiolo”. A pagina 5 vengono riportate le reazioni politiche “Adesso i sondaggi fanno paura al Pdl”, come catenaccio una frase di Bossi: «Non bisogna far star male le mogli e i figli». Mezza pagina è dedicata invece all’intervista all’avvocato matrimonialista Cesare Rimini che osserva «Sia che si tratti di ricchi signori o del mio portinaio, ricordiamoci che i temi della separazione sono sempre tre: i figli, la casa, i soldi. In questo caso c’è tanto di tutto».
Non è l’apertura de IL GIORNALE, ma il richiamo in prima c’è “Veronica divorzia. Silvio: «È un dolore»”. Il tema è poi ampiamente trattato alle pagine 4 e 5 con “L’addio di Veronica” che vuole «tirare giù il sipario». Stavolta «non uno sfogo ma una scelta lucida e amara». A riserbo di Berlusconi che preferisce lavare i panni sporchi fra le mura domestiche, «nel Palazzo di si consumano altri divorzi»: secondo Francesco Cramer, «quelli tra la umana sensibilità e gli onorevoli Enzo Carra, Giorgio Merlo e Rosy Bindi (Pd). I primi due protestano per la scarsa enfasi data alla notizia dai tg Rai; la terza si spinga a lamentare “l’immunità morale del premier” accusando gli italiani che non si indignano di “connivenza morale” con il premier». Osvaldo Napoli (Pdl) commenta le dichiarazioni attribuendole la volontà di «una Santa Inquisizione che si pronunci sulla vita privata» di Berlusconi. Cristiano Gatti critica «questo clima da derby che già sta montando su un matrimonio finito. Veronica l’eroina, Veronica l’ingrata. E anche in questo caso abbiamo la solita semplificazione che troppo volgarmente sta semplificando i tutti i fatti italiani, siano terremoti e influenze suine, emergenze e rifiuti e scandali arbitrali: sempre tutto immancabilmente visto da destra e visto da sinistra. E dire che con un divorzio dopo 30 anni ci sarebbe in gioco della sofferenza umana». Ma a bacchettare di più è Peppino Caldarola (“Ma adesso la corte dei guardoni faccia un passo indietro”), direttore de l’Unità al tempo della morte della principessa Diana, che ricorda come allora il quotidiano uscì con un titolo che fece scandalo “Scusaci principessa”. «Volevamo stabilire una sottile linea di confine fra il diritto dell’opinione pubblica a essere informata sui fatti inerenti la vita privata dei personaggi pubblici e la necessità di mantenere il senso della misura nella caccia alla notizia». Secondo lui la soglia del buon gusto è stata abbondantemente superata, «al limite dell’accanimento», solo perché il personaggio in questione si chiama Berlusconi.
E inoltre sui giornali di oggi:
AFGHANISTAN
CORRIERE DELLA SERA – Alle 11 di ieri mattina a Herat una pattuglia italiana si trova davanti un ‘auto che procede a forte velocità, che non ha rispettato l’alt. I militari italiani decidono quindi di sparare. Il bilancio è di tre feriti e un morta: una bambina di 13 anni. Secondo la ricostruzione del CORRIERE si è trattato di un incidente. Sull’auto viaggiava infatti una famiglia diretta a un matrimonio. Dice il comandante Bertolini intervistato dal quotidiano: «Ignorati tutti i segnali: i militari non avevano scelta». Sul caso intanto si sono aperte due inchieste: una della polizia locale e una della procura di Roma.
LA STAMPA – “Uccisa dai soldati italiani” è questo il titolo di apertura del quotidiano di Torino che presenta in prima anche la foto dell’auto crivellata di colpi. Inizia sempre in prima il commento di Maurizio Molinari “Ritrovare la fiducia della gente”: «La morte della tredicenne Behooshahr a Herat pone l’Italia di fronte alla sfida di applicare la dottrina Barack di Obama in Afghanistan: dimostrare di saper proteggere i civili al punto tale da conquistare i cuori come le menti per poter così accelerare la sconfitta dei talebani. (…) È una dinamica simile a quella che il 4 marzo 2005 portò una pattuglia di marines a fare fuoco a Baghdad sulla Toyota Corolla che trasportava l’ex ostaggio Giuliana Sgrena, uccidendo sul colpo l’agente del sismi Nicola Calipari che l’aveva appena liberata (…)». Nelle due pagine dedicate al caso un’intervista alla vedova Calipari: «Questa volta esca la verità” è il titolo scelto.
SAN PATRIGNANO
CORRIERE DELLA SERA – “Padri e figli nella comunità antidroga”. A San Patrignano per la prima volta i ragazzi degli ex tossicodipendenti curati 20 anni fa. Andrea Muccioli: questa seconda generazione è la prova del fallimento di sert e politiche sociali. Nel pezzo si raccontano alcune storie di figli di coppie con problemi di droga, come Irene, 18 anni di Perugia, cresciuta fra le spade, le siringhe, disseminate per la casa e che lei scansava con i piedini.
INFLUENZA SUINA
LA REPUBBLICA – La prestigiosa firma dello scrittore Paco Ignatio Taibo II racconta la vita quotidiana a Città del Messico: “Noi prigionieri dei fantasmi della peste”. «Tranquilli, amici miei», scrive. «Non è così terribile come vi dicono, questa non è la città di appestati che vi hanno descritto»: la percentuale di casi infetti si aggira sullo 0,0001, ma «siamo spettatori e protagonisti di uno spettacolo da pellicola di fantascienza», con una città immobilizzata, deserta, che vive in una bolla. E mette in guardia: si parla della malattia e si dimentica la crisi politica di questo paese. «Vi raccontano un’altra storia».
LA STAMPA – Sulla febbre messicana accanto all’articolo dedicato al secondo caso italiano “già guarito” in un box viene presentato il retroscena: “La vendetta dei maiali 90 anni dopo”. Nell’articolo de LA STAMPA viene spiegato che non è vero che la malattia abbia avuto origine in Messico e che sono stati i maiali ad averla attaccata all’uomo «Tutto il contrario. È l’allevamento intensivo di stampo occidentale ad aver creato il “mostro” – così come la finanza troppo creativa ha prodotto la Grande Crisi che oggi sconvolge il mondo. L’A/H1N1, dunque, che il “titolo tossico” della grande industria alimentare capitalista (…) A ben vedere, infatti, siamo stati noi proprio umani noi umani a contagiare per primi i maiali. “Fu nella pandemia del 1918 – scrive il Guardian – che il virus H1N1 passò dagli uomini ai suini”. Per anni è rimasto relativamente innocuo. Ora, dopo decenni di sfruttamenti inferti al mondo animale al limite della natura, è tornato a busssare alla porta dell’homo sapiens con caratteristiche tutte nuove. Quanto letali è ancora presto per dirlo».
AMBIENTE
LA REPUBBLICA – R2 è dedicato alla fine dei sacchetti di plastica per la spesa. Il 31 dicembre 2009 infatti le vecchie buste dovrebbero sparire, per lasciar posto a shopper non inquinanti: lo prevedeva la Finanziaria 2007, in osservanza della direttiva comunitaria EN 13432. “Una eco-rivoluzione che però non ci sarà”, spiega Michele Smargiassi. Perché? Perché i decreti attuativi non sono mai stati emanati, la sperimentazione della riduzione non è mai partita e nessuna penalità è stata fissata per chi non rispetterà la scadenza. Nessuna rivoluzione, quindi, almeno non obbligatoria. Qualcuno invece si sta attrezzando: Auchan e Coop in testa. In Italia si consumano 400 sacchetti a testa in un anno, che fa un quarto di tutti quelli prodotti in Europa, pari alla superfcie dell’intera Valle d’Aosta: solo 3 su 10 vengono ricilclati. La sua vita utile dura 12 minuti, e poi resta in giro fino a 200 anni. Ma è un business che vale 500 miliardi di euro l’anno.
ABRUZZO
LA REPUBBLICA– Colletta pro Abruzzo tra i carcerati di Bollate: 1540 euro consegnati ieri nelle mani dell’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi. I detenuti hanno chiesto espressamente di utilizzare questi soldi in favore dei bambini.
FIAT
LA STAMPA – Ampio spazio, due pagine, al tentativo di Fiat di acquisire Opel: parata di opinioni da Montezemolo «Per noi sarebbe un’opportunità straordinaria. Nascerebbe un gruppo forte», a Paolo Ferrero «L’intesa a Detroit? MI sembra buona per i manager Per i lavoratori non so ancora». Due pagine per dire che “Fiat studia la fusione con Operl” e che “La filiale tedesca di Detroit azzoppata dalla crisi Usa”, in un’infografica di fonte General Motors si presentano i numeri del gruppo GM in Europa.
CRISI
IL SOLE 24 ORE – L’edizione di oggi apre con un’inchiesta sui prezzi dei prodotti alimentari nelle città italiane. Tra Rimini e Napoli l’indagine ha rilevato una differenza del 25% sugli stessi acquisti. La classifica sul caro-vita sui prodotti alimentari vede nei primi quindici posti ben sei città emiliano-romagnole tra cui Ferrara, Forlì, Ravenna. Il nord si conferma come l’area più costosa del Paese ma al tempo stesso si scopre che non è solo il Sud la patria della convenienza: città toscane come Grosseto e Firenze ma anche località di confine come Como e Gorizia spiccano tra i centri dove il costo della vita è più contenuto. Oltre alle differenze geografiche, l’indagine rivela un’ampia forbice fra i possibili costi di uno stesso prodotto nella stessa città. Il garante per la sorveglianza dei prezzi, Luigi Mastrobuono, in un’intervista consiglia ai consumatori «di essere innanzitutto infedeli», non dare mai per scontato di non poter trovare la stessa qualità a un prezzo inferiore perché «è il segnale di mercato che fa funzionare la concorrenza». Il garante dice che nel mirino dei controlli ci sono i prezzi di benzina e cereali e, per il futuro, dei servizi pubblici locali, come acqua e rifiuti.
ITALIA OGGI – apre con «La luce in fondo al tunnel» e l’editoriale di Marino Longoni in cui si affaccia l’effettiva speranza che la crisi sia al capolinea. Finalmente sia a livello globale che nazionale si registra il segno più per quanto riguarda la finanza, che è la locomotrice del treno economico. Bisognerà attendere ancora per vedere migliorare la situazione del lavoro, spiega infatti Longoni «essendo l’occupazione l’ultimo vagone a essere trascinato nella crisi sarà anche l’ultimo a uscirne con un ritardo di circa 12 mesi dalla svolta del pil attesa per la seconda parte del 2009». ITALIA OGGI dedica inoltre due pagine alla situazione del lavoro legata alla crisi. La prima pagina è un analisi della ripresa lavorativa italiana ´«L’Italia del lavoro non molla») mentre la seconda pagina è un’analisi dei canali con cui il lavoratore approda al posto di lavoro («La dote ricercata? La flessibilità»). Nella prima parte si certifica una ripresa del mese di aprile in cui la produzione industriale ha recuperato l’1,5% , la fiducia dei consumatori è salita ai massimi del 2007, gli indici Isae sulla fiducia delle imprese danno segnali positivi per quel che riguarda il manifatturiero, i servizi e il commercio. Tutto questo fa ben sperare anche per l’occupazione.
Nella seconda parte invece, analizzati i dati, il rapporto Isfol 2008 evidenzia come l’accesso al lavoro oggi derivi per lo più da canali informali, cioè su segnalazione da parte di amici e conoscenti (30,1% dei casi) che battano così i canali informali come centri per l’impiego, le agenzie per il lavoro e i concorsi pubblici.
FEDERALISMO FISCALE
ITALIA OGGI – dedica alla nuova legge voluta fortemente dalla Lega un’analisi di due pagine. Nella prima il quotidiano cerca di capire quanto potrebbe costare ai contribuenti questo cambiamento («Inizia la sfida dei costi standard») mentre nella seconda si analizza uno degli aspetti più delicati e rischiosi del federalismo: la sanità («Sanità, solo sette le regioni in attivo»).
Per quanto riguarda i costi che i contribuenti dovranno sostenere il quotidiano ritiene che tutto dipenda dai costi standard e da come saranno stabiliti, cioè il costo politicamente giudicato opportuno per svolgere i nuovi compiti di regioni e enti locali. Insieme a Faber Sviluppo dunque ITALIA OGGI ha elaborato un ipotesi. Nel caso, lo stato delegherebbe la gestione di sanità, incentivi alle pmi, controlli fiscali, spese sociali, servizi amministrativi, trasporti locali, istruzione polizia locale e spese ambientali. Si tratterebbe dunque di un totale intorno ai 177 miliardi. Questi soldi non saranno oneri per i cittadini ma un semplice trasferimento di risorse statali. Naturalmente si propongono due scenari a seconda che questo avvenga o meno. Uno virtuoso e uno al contrario disastroso. Questo però dipenderà da come verrà applicata la legge. Nella seconda parte invece si constata come sia delicata la gestione delle risorse di ogni regione. Il rischio è che le poche regioni abituate a gestire i conti per chiudere in positivo i bilanci si trovino nella situazione di dover sostenere tutte le altre che invece sono in rosso. Tenendo conto che non potrebbero farcela pare chiaro che per far decollare il federalismo c’è solo una strada: l’adozione di politiche di rigore.
IMMIGRAZIONE
IL SOLE 24 ORE – “In tre anni raddoppiati i romeni in Italia”. Se l’Italia ha superato la soglia di 60 milioni di residente il merito, in realtà, è della Romania. Attacca così un pezzo nell’edizione di oggi con richiamo in prima pagina che riporta i dati della presenza sul territorio italiano di persone provenienti dalla Romania: il loro numero in tre anni è più che raddoppiato e rappresta il 18,2% degli immigrati in Italia. La comunità romena è ai primi posti in graduatoria anche nelle scuole (16%) e tra le imprese straniere (14%). Con questo numero de IL SOLE 24 ORE inizia un ciclo di inchieste sulle più grandi comunità di stranieri in Italia.
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