Matteo (interpretato da Silvio Muccino) sta insieme a Carmen (Violante Placido), una ragazza che ha qualche anno più di lui. Lui è segretamente amato da un?altra ragazza, una compagna di scuola, mentre lei insegue un altro. Gli esami. La scuola finisce e partono tutti per un viaggio in Grecia. Gli amici. Gli spinelli. La difficoltà di crescere. L?amore impossibile. I sogni dell?adolescenza e la realtà dell?età adulta. Forse ognuno cerca la persona sbagliata, forse le persone non sono ciò che appaiono.
I buoni sentimenti non hanno mai potuto e non potranno mai produrre arte perché escludono la realtà, che necessariamente comprende anche il male, l?elemento oscuro e urtante, il dubbio, la crudeltà.
Che ne sarà di noi, su soggetto dello stesso Muccino, che avrebbe dovuto anche dirigerlo, non fa eccezione a questa regola. Immorale nel suo buonismo e manifestazione di un narcisismo irrimediabilmente fuori dal mondo e dalla storia, questo prodotto segue il più recente filone giovanilistico del cinema italiano (G8, no global, eterni Peter Pan, single che prendono in affitto fidanzati o fidanzate). Lasceremo perdere dunque l?arte e constateremo che anche dal punto di vista della semplice fattura il film risulta inadeguato, sciatto e chiuso in una irrimediabile dimensione provinciale.
Da oltre vent?anni il cinema italiano non fa che raccontare tragedie minuscole, senza forma, senza sangue, senza forza, senza stile, senza alcuna proprietà e autentica invenzione linguistica ( fortunatamente, si vedano le ultime cose di Ermanno Olmi, non mancano notevoli eccezioni). Questo film, che può contare al suo attivo la simpatia e la spontaneità di alcuni fra i comprimari e i bei paesaggi mediterranei, ha la debolezza e la gratuità di un sogno ad occhi aperti, ma il sogno ad occhi aperti non è quello dei suoi protagonisti adolescenti o poco più; è quello del regista, il quarantunenne Giovanni Veronesi (di lui ricorderemo
Il mio West con Leonardo Pieraccioni, David Bowie e Harvey Keitel e
Viola bacia tutti con Asia Argento).
Questo edificante spettacolo non parla della gioventù ma di una idea della gioventù (come diceva Nanni Moretti : “Chiedetelo a Mario, lui sa fare molto bene il giovane”) ed esprime perfettamente l?immobilità, la mancanza di coraggio, la debolezza, il dilettantismo e il pressapochismo, il conformismo, l?agonia piena di chiacchiere e consolazioni del paese che lo ha prodotto.
Andrea Leone
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.