Due notizie agghiaccianti nel giro di pochi giorni mi fanno pensare che qualcosa di grave stia avvenendo a Nordest, fra Friuli e Veneto. Terre di grandi vini e di grande civiltà. Terre cattoliche, di sani principi, di chiese ampie, di campanili che svettano sulla pianura e si salutano con lo scampanio lieto nei giorni di festa. Terre di lavoratori e di migranti, di grandi poeti, di santi, di medici e di volontari. Terre buone, di gente cordiale e ben disposta, terre di grande storia, terre di frontiera e di laboratorio sociale. Terre nelle quali ho vissuto per quasi trent’anni, sentendomi a mio agio, e incontrando, da persona disabile, quasi sempre positiva accoglienza e amicizia.
Che cosa sta succedendo a Nordest? Il Veneto approva “Linee Guida per la valutazione e l’assistenza psicologica in area donazione-trapianto” che escludono categoricamente e senza appello coloro che presentano «danni cerebrali irreversibili» e «ritardo mentale con quoziente di intelligenza inferiore al 50». Goffo il tentativo dell’attuale assessore regionale Coletto di minimizzare e di smentire la norma. Il testo delle linee guida non ammette discussioni. E addirittura aggiunge specificazioni inquietanti: l’allegato A indica anche i «fattori che, pur non essendo controindicazioni assolute al trapianto, richiedono un’attenta e approfondita valutazione dell’organizzazione psichica del paziente e del sistema socio-familiare in cui è inserito, prima di decidere se sottoporlo o meno all’operazione». Fra queste controindicazioni vengono contemplati, tra gli altri, i «disturbi di personalità», i «disturbi psicotici in fase di remissione», i «disturbi affettivi in atto», i «gravi disturbi nevrotici» e il «ritardo mentale con quoziente di intelligenza inferiore al 70».
A prescindere dal linguaggio apparentemente tecnico, resta da capire chi e come possa valutare seriamente, oggi, il quoziente di intelligenza, un parametro che, per quanto ne so io, vale pochissimo e non ha quasi nulla di scientifico. Una discriminazione dunque, palese e sfacciata, in barba alla Convenzione Onu, e soprattutto lesiva della dignità, dell’identità delle persone con disabilità intellettiva. Un atto grave, che ha trovato scarsa eco nei media, tanto per cambiare.
Seconda brutta notizia da Nordest. In Friuli la Regione ha negato l’assistenza a un bimbo con sindrome di Down che vive a Pordenone da otto anni, di origine egiziana. Assistenza, fortunatamente, confermata dal Comune di Pordenone. Motivo dell’esclusione è l’applicazione di una norma, varata dalla Regione, che ha modificato in senso restrittivo la legge 6/06 (Sistema integrato di interventi e servizi per la promozione e la tutela dei diritti di cittadinanza sociale), introducendo, meno di un anno fa, questo splendido comma: “Hanno diritto ad accedere agli interventi e ai servizi del sistema integrato tutti i cittadini comunitari residenti in regione da almeno trentasei mesi.” Al di fuori di questi requisiti ovviamente restano tutte le famiglie extracomunitarie, anche se residenti in Friuli da tanti anni.
Si tratta di una norma che fa a cazzotti con la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ma anche con la Costituzione Italiana (già, ammesso che la Costituzione sia ancora un punto di riferimento importante per chi ci governa). Anche in questo caso le proteste non mancano da parte delle associazioni delle persone con disabilità, a partire dal Coordown. Ma sui media poco o niente. Torpore intellettuale, assuefazione al peggio, timore di urtare la sensibilità del popolo del Nordest?
E’ davvero un vento brutto quello che spira da quelle parti. Proprio perché si tratta di regioni laboratorio, la questione mi inquieta fortemente. E soprattutto: ho la sensazione che il leghismo deteriore si sia saldato a una religiosità ipocrita e sorda. Il mondo cattolico dov’è finito? Spero in un sussulto di dignità e di morale, prima che sia troppo tardi.
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