Unione Europea
Vent’anni dopo l’allargamento, l’Unione davanti a nuove scommesse
Ieri all'Europarlamento si è celebrato il ventennale del grande allargamento dell'Ue con toccante intervento di Romano Prodi ignorato dai nostri media. Nel maggio del 2004 l'Unione europea passò in un solo colpo da 15 a 25 membri. La più importante ed efficace politica di prevenzione di conflitti. Un ulteriore banco di prova sarà l'ampliamento dell'Unione ai paesi dei Balcani e all'Ucraina.
Il grande allargamento dell’Ue del 2004 fu definito un “big bang” accostando enfaticamente l’espansione dell’Unione all’esplosione primordiale da cui ebbe origine l’universo. Fu, in effetti, una rivoluzione copernicana per le istituzioni comunitarie, se vogliamo restare in campo astronomico. Pomposamente, allora, si parlò di riunificazione del vecchio continente dopo la dolorosa separazione che aveva fatto seguito alla fine della seconda guerra mondiale con l’imposizione della cortina di ferro e la nascita di due blocchi contrapposti marchiati da segni cardinali. Nel maggio del 2004 l’Unione europea passò in un solo colpo da 15 a 25 membri ai quali, tre anni più tardi, si aggiunsero Bulgaria e Romania. Chi, come me, ha avuto la fortuna di vivere quei momenti dall’interno dei corridoi dell’Europarlamento non può non ricordare l’atmosfera euforica che traspirava ovunque in attesa di capire gli inevitabili mutamenti con i conseguenti nuovi equilibri che si sarebbero creati. Vent’anni dopo è opportuno nonché doveroso fare il bilancio di un processo partito nel lontano novembre del 1989 con il crollo del muro di Berlino.
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Questa operazione rappresenta, forse, la più importante ed efficace politica di prevenzione di conflitti, quindi al servizio della pace, messa in atto dall’Ue, in linea con i valori fondanti della stessa Unione. Governare un processo di transizione così complesso e pieno di incognite sembrava un’impresa impossibile. Nessuno aveva previsto la fine dell’Unione Sovietica e lo smantellamento del Patto di Varsavia. Le diplomazie occidentali furono colte di sorpresa anche se con il senno di poi si potevano, probabilmente, intravedere le incrinature. Tutti a bussare alla porta di Bruxelles in una situazione caotica reclamando legittimamente il proprio posto nella nuova Europa che andava delineandosi. Diverse erano le scuole di pensiero. C’era chi predicava cautela prospettando problemi insormontabili con un’inclusione affrettata dei nuovi membri senza avere prima riformato l’architettura istituzionale comunitaria e chi spingeva per un rapido ampliamento in blocco puntando sui vantaggi economici di un unico grande mercato su scala continentale; c’era chi sottolineava il divario stridente fra i vecchi e i potenziali nuovi membri e chi contava sulle capacità di adattamento di questi ultimi. Anche se approfondimento e allargamento rappresentavano, e rappresentano tutt’ora, due visioni apparentemente contrapposte alla fine si optò per aprire le porte dell’Ue subordinando, tuttavia, l’adesione dei paesi candidati al soddisfacimento di criteri oggettivi di carattere politico, economico e normativo.
Democrazia, rispetto dei diritti umani, stato di diritto, economia di mercato e recepimento e applicazione della legislazione comunitaria sono assurti a standard con i quali misurare lo stato di avanzamento dei candidati verso l’Unione che, a sua volta, per facilitarne e sostenere il percorso delle riforme metteva loro a disposizione ingenti incentivi finanziari. Nasce e si afferma, così, il potere trasformativo dell’Ue, quel potere che è stato in grado di pilotare pacificamente e con successo, in poco più di dieci anni, la transizione dei paesi dell’Europa centro-orientale da regimi totalitari a democrazie aperte, da una fallimentare economia di piano ad un’economia funzionante di mercato. Guardando a quanto accadeva e sta, purtroppo, ancora accadendo a pochi chilometri di distanza, nello spazio contiguo dell’ex Unione Sovietica, non si può non rimarcare la stridente differenza del corso che hanno assunto gli eventi. Instabilità, disordine e violenza continuano a sconvolgere le ex repubbliche dell’Urss del vecchio continente con l’eccezione dei tre stati baltici che dimostrano, come lampante controprova, lo straordinario ruolo positivo giocato dall’Unione europea, anche se non sono mancati preoccupanti contraccolpi anti-democratici, vedi il caso dell’Ungheria.
Intervenendo mercoledì alla cerimonia di celebrazione del ventennale all’Europarlamento Romano Prodi, il presidente di allora della Commissione europea, ha ricordato come l’allargamento si fondi sulla condivisione. L’Ue è nella sostanza una comunità di valori condivisi.
Un ulteriore banco di prova sarà l’ampliamento dell’Unione ai paesi dei Balcani e all’Ucraina. Una scommessa e una sfida che non possiamo permetterci di perdere.
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