Mondo

“Venite ad aiutarci” Il grido delle e-mail

Dalla Jugoslavia,via posta elettronica, ci arrivano ogni giorno decine di messaggi.Spediti da Ong, intellettuali, sindaci democratici ed esponenti dell’opposizione al regime serbo

di Redazione

Urla nel silenzio. Non è la parafrasi di un famoso film, ma il modo in cui le grida d?aiuto degli jugoslavi arrivano alle orecchie di noi occidentali: grazie al silenzio della posta elettronica, l?unico mezzo che permette ad alcune persone di far sentire le proprie sofferenze. Al nostro indirizzo arrivano quotidianamente messaggi dalla Jugoslavia: da parte di Ong, intellettuali, sindaci democratici, esponenti dell?opposizione al regime di Milosevic. Una di queste voci è quella del professor Djordje Vidanovic, 47 anni, di Nis (a 120 km da Pristina). Docente di Linguistica all?Università di Nis, Vidanovic ha anche pubblicato un libro in Italia, dal titolo ?Introduzione alla neurolinguistica? (ed. Il Mulino). È tra i firmatari di un documento redatto il 21 aprile da 26 intellettuali jugoslavi in cui si chiedeva a Milosevic e alla Nato la fine della guerra e l?avvio di una conferenza di pace. Ecco alcune delle richieste di aiuto che ci ha fatto arrivare, a cui la marcia ?Io vado a Pristina e a Belgrado? potrebbe essere una prima risposta.
Mercoledì 12 maggio 1999, ore 18.04
“Siamo stati colpiti con bombe a grappolo, proprio nella zona residenziale in cui abito. Potrebbero essercene ovunque, di queste bombe, e la polizia ha impiegato un?ora per controllare ogni singolo cespuglio del parco di fronte al mio condominio. Tutto questo è successo alle 15, in pieno giorno, in una zona completamente residenziale di Nis. Credo che ormai i bombardamenti siano sfuggiti ad ogni controllo, e che siano totalmente irresponsabili ed indiscriminati. Questa è follia. Se mai c?è stato un grido di aiuto, lo indirizzo a voi, adesso, a te, al popolo italiano! Aiuto!».

Giovedì 13 maggio 1999, ore 10.39
«La mia vita è un disastro, e se solo vedessi uno spiraglio di speranza, potrei continuare a vivere. Così come stanno le cose, non vedo alcuna speranza. Benché il 75% della popolazione della mia città abbia votato contro Milosevic, veniamo puniti. Perché? Forse i vizi e l?incompetenza di un solo uomo possono giustificare la brutalità e l?efferatezza della Nato? L?opposizione in Serbia ha vinto in 17 delle maggiori città, il che significa che almeno 3 milioni e mezzo di elettori (più del 50% nelle aree urbane) è contro Milosevic. Vi prego di aiutarmi a riprendermi la mia vita. Vi prego, aiutateci, adesso. Dateci una speranza. Date una speranza alla pace. Fermate i bombardamenti in Serbia. I bombardamenti sono sbagliati, credetemi. E vi prego di credere che vi scrivo nella più profonda e indescrivibile disperazione».

Dal Mondo

La nostra campagna di pace sta diventando sempre più una mobilitazione internazionale. Uscita spontaneamente, grazie al passa parola, dai confini italiani, ha raggiunto persone di buona volontà di molti Paesi europei e non. Ci ha scritto ad esempio Eliana Diegues Romanis, una giornalista brasiliana di San Paolo che ha promesso di diffondere l?appello attraverso il suo giornale e anche alcune delle tante televisioni locali brasiliane. Sara Andueza ha aderito dal Cile, Maria Lissoni, operatrice umanitaria di una Ong olandese (ma di origine italiana) ha trovato l?appello in rete e ha subito aderito con entusiasmo; come hanno fatto anche le trappiste del monastero di Coromoto, in Venezuela. Infine, due adesioni di pacifisti mitteleuropei: Haensel Heike di Tubinga (Germania), appartenente all?associazione ?Culture of peace?, e Matthias Reichl dell?associazione austriaca ?Centre for encounter and active non-violence?.

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