Al peggio non c’è mai fine. Altra agenzia:
(ASCA) – Venezia, 2 set – ”Il ponte di Calatrava mi piace moltissimo”. Lo ha ammesso il patriarca di Venezia, Angelo Scola. Si tratta del quarto ponte sul Canal Grande, che verra’ aperto a giorni, ma che il Comune ha desiderato non inaugurare a seguito delle polemiche che l’hanno riguardato.
”Non entro nel merito di queste polemiche, del costo e degli aspetti tecnici – ha proseguito il patriarca – ma e’ bello che a Venezia di nuovo si possa inserire nell’antico”.
Dunque il Patriarca di Venezia non entra nel merito di una polemica nata dalle persone disabili della sua città. Qualcosa mi sfugge.
Ieri, conferenza stampa del grande progettista Calatrava: “I disabili potevano pensarci prima, ora è tardi per pensare a modifiche al ponte”. Ma come? E’ dal 2002 che i disabili veneziani e italiani si battono per evitare questa vergogna. E poi Calatrava stesso, un anno fa, aveva dichiarato in un suo comunicato stampa esattamente il contrario, e cioè che all’inizio, tanto tempo fa, aveva proposto al Comune di Venezia di affrontare e risolvere progettualmente l’accessibilità del ponte, ma che il Comune aveva ritenuto sufficiente l’alternativa del vaporetto.
E’ mai possibile questo disprezzo per la verità e per i diritti? Certo, è possibile, perché i giornalisti non fanno il loro dovere e mandano in onda servizi televisivi “velina” su Cacciari e il suo ponte prediletto, liquidando la questione accessibilità in mezza frase, senza commento.
Stanno vincendo. E questo non è giusto. Ho 56 anni e posso francamente fare a meno di attraversare il ponte del genio Calatrava. Ma non posso accettare che lui e tutti gli addetti ai lavori parlino di questo ponte come di un’opera d’arte contemporanea, e che nello stesso tempo non si capisca che è proprio questo il punto: se è un’opera d’arte tutti hanno diritto di fruirne, perché è scritto nelle leggi, perché è stata realizzata con i soldi di tutti, disabili compresi. E sono tanti, tantissimi soldi.
Non sento nessuna voce forte alzarsi in piedi e insorgere. Che vergogna.
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