Ambiente e salute

Veneto, a lezioni di veleni. Così combattiamo i Pfas

C'è una correlazione tra alcune patologie e le sostanze alchiliche perfluorurate: lo ha dimostrato un recente studio dell'Università di Padova. «Da anni parliamo agli studenti dei rischi per la salute dovuti alla presenza degli interferenti endocrini nelle acque: non bisogna mai nascondere la verità ai ragazzi», dice Donata Albiero, già dirigente scolastica e coordinatrice di un gruppo di volontari che fanno educazione ambientale in Veneto. Per loro, prendere coscienza dei problemi è il primo passo per attivarsi e avere speranza

di Elisa Cozzarini

Raccontare ai giovani la verità sulle sostanze perfluoroalchiliche è un dovere, per Donata Albero, da anni coordinatrice con il Movimento No Pfas dei percorsi educativi che, dal 2018, coinvolgono migliaia di studenti in Veneto. «Prendere coscienza del problema è il primo passo per diventare cittadini attivi. Sono convinta che non si debbano nascondere i problemi, con la scusa di proteggere i ragazzi», dice, forte di un’esperienza di trentun anni da dirigente scolastica, oggi in pensione. «Io insegno la resilienza attraverso l’esempio degli attivisti, attraverso il racconto delle nostre battaglie. Edulcorare la pillola non li farà crescere, non è educativo. Diamo piuttosto il messaggio che, insieme, abbiamo la possibilità di salvarci. Da soli no, ma insieme sì: questo significa essere cittadini attivi».

Proprio in questi giorni è stato pubblicato sulla rivista scientifica Enviromental Health uno studio coordinato dal prof. Annibale Biggeri del Dipartimento di Scienze cardio-toraco-vascolari e Sanità pubblica dell’Università di Padova, in cui, per la prima volta, viene dimostrata l’associazione tra esposizione a Pfas e mortalità per malattie cardiovascolari nella popolazione veneta dell’area contaminata tra le province di Vicenza, Padova e Verona. Viene messa in evidenza anche la correlazione con il cancro del rene e ai testicoli.

«Nel corso degli incontri nelle scuole, capita che i ragazzi si arrabbino, che decidano di scrivere ai sindaci, che esprimano il desiderio di cambiare le cose. Dicono che bisognerebbe fare di più, chiedono di coinvolgere i genitori che, spesso, a distanza di oltre dieci anni dalla scoperta della contaminazione in Veneto, sembrano non conoscere ancora il problema», continua Albiero, precisando: «I percorsi educativi che proponiamo tengono conto dei bisogni e delle aspettative delle scuole e sono condivisi sempre dall’intero gruppo operativo che entra nelle scuole secondarie di primo e secondo grado».


Sono quaranta le scuole coinvolte fino a oggi, per lo più nel Vicentino, ma anche nelle province di Padova, Verona, Venezia e Treviso, per oltre 8.500 studenti dagli 11 ai 19 anni, in sei anni scolastici. «Il nostro gruppo, composto esclusivamente da volontari, è formato da medici ed esperti di materie ambientali, che illustrano gli aspetti scientifici del problema. Facciamo ciò che dovrebbero fare le istituzioni, andiamo nelle scuole e informiamo i ragazzi», spiega Albiero. «A questo aggiungiamo gli incontri con gli attivisti, persone che parlano della loro esperienza personale. Raccontano di come, una volta che sono diventati consapevoli dei pericoli per la salute, è scattato in loro qualcosa e hanno capito di dover agire. La speranza, per citare Greta Thunberg, deriva dall’azione».

I percorsi educativi possono essere semplici incontri di sensibilizzazione, strutturati con questionari iniziali e finali, o progetti che si sviluppano per alcuni mesi e terminano con l’elaborazione di proposte di cittadinanza attiva da parte degli studenti. Preparano lezioni rivolte ad altre classi dell’istituto, fanno videointerviste, coinvolgono gli adulti, chiedono ai Comuni di firmare la petizione per la messa al bando dei Pfas, di mandare le firme al Parlamento. «Vogliamo far comprendere ai ragazzi che la salute, un diritto umano irrinunciabile, è strettamente legata alla difesa dell’ambiente e la cittadinanza attiva è la risposta da dare», conclude Albiero.

La foto è del Movimento No Pfas

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