Politica
Veltroni: la grande opera
Parla il candidato leader del Partico democratico: «Riallacciare i legami tra gli individui è la sfida nuova in unepoca che ha rimescolato tutto»
Quella più importante e necessaria: «Fare società, riallacciare i legami tra gli individui». Il sindaco di Roma accetta la sfida lanciata dal premier Gordon Brown in Gran Bretagna. Anzi, rilancia: «Riallacciare i legami tra gli individui è ?la? sfida nuova in un?epoca che ha rimescolato tutto». E avverte: «Se la politica non se ne accorge e se ne sta rintanata nei suoi privilegi, rischia di essere travolta»
di Riccardo Bonacina
In Gran Bretagna, il nuovo premier Brown, ad un mese dal suo insediamento ha istituito la Giornata del volontariato (il 24 luglio di ogni anno) e ha annunciato un budget annuale per lo sviluppo del non profit di 515 milioni di sterline, perché ha detto «per cambiare occorre dare più visibilità ai leader che giorno dopo giorno rendono più forti le loro comunità, operatori che si impegnano ben oltre gli obblighi, innovatori che sperimentano nuove soluzioni ai problemi sociali, uomini e donne che hanno personalmente bisogno e che reagiscono nella maniera più straordinaria: assumendosi dei rischi in prima persona e impegnandosi». È una vision, quella di Brown, che dice della consapevolezza di quanto ?fare società? sia da lui considerato una fondamentale opera pubblica. Non a caso dice anche: «La mia idea della società inglese è questa: non l?individuo isolato che basta a se stesso, ma l?individuo con un forte senso dell?appartenenza (famiglia, scuola, vicinato, comunità nazionale)». Abbiamo chiesto al candidato leader del costituendo Partito democratico di confrontarsi con questa visione e sui temi riguardanti il settore non profit.
Vita: è d?accordo con una visione di società come quella espressa da Brown e con la necessità di una grande opera pubblica, importante almeno come le infrastrutture, cioè il fare la società, l?uscita dall?individualismo? E come crede si possano valorizzare le risorse enormi presenti nella società italiana?
Valter Veltroni: Ho letto l?intervento di Brown del 24 luglio ed anche quello che ha detto il 3 settembre scorso al National council of voluntary organisations, e sono assolutamente d?accordo con la sua visione, che sottolinea come occorra uscire dall?epoca dell?individualismo per accettare la dimensione comunitaria (famiglia, vicinato, città, nazione) come ?la? nuova sfida, una sfida per riallacciare legami tra gli individui e tra individui diversi, una sfida senza la quale la nostra società rischia di andare in frantumi l?uno contro l?altro armati. Tutta la mia esperienza di sindaco di una città come Roma ha d?altra parte dimostrato, credo, come oggi sia necessario accettare questa sfida (ricordo l?esperienza delle feste di vicinato che proprio a Roma abbiamo promosso). Che il ?fare società? sia oggi la più grande, necessaria e importante opera pubblica mi pare un?evidenza per chi non voglia accettare la sconfitta di fronte alle complessità dell?epoca in cui viviamo, un?epoca che ha rimescolato tutto, dalla composizione sociale ai modi del lavoro e della produzione.
Vita: La politica non sembra aver compreso l?importanza della sfida…
Veltroni: è vero. Addirittura sembra che faccia di tutto per ?slegare? la società, la sua rappresentazione e aumentare il conflitto tra interessi diversi. è una vera emergenza, perché se non si coglie la portata di questa sfida standosene rintanati e protetti nei propri privilegi nello schema del bipolarismo ?contro?, la politica rischia di essere travolta proprio da quegli egoismi che ha solleticato in questi anni spendendo sul mercato del consenso politico i bisogni di questa o quella parte di società, e spesso gli stessi desideri individuali. Se non si accetta questa sfida, ogni appello alla concordia non può che essere postumo e alla fine un vero ululato alla luna.
Vita: Posso dirle che mi è spiaciuto non trovare nel suo manifesto per il Pd neppure un accenno a questa rivoluzione necessaria, a questa grande scommessa che riconosce essere la prima scommessa: allargare lo spazio pubblico al protagonismo dei soggetti sociali, finirla una volta per tutte con le equazioni ?pubblico cioè statale?, ?politico cioè partitico?.
Veltroni: Certo, e io posso ricordarle che proprio in quel discorso che è poi diventato libro, ho chiuso leggendo le parole di quella che ho definito ?una nuova italiana?. Le parole di una ragazza di quindici anni, di Roma, che doveva venire in Africa con un viaggio che il Comune aveva promosso per incoraggiare i rapporto tra i ragazzi della mia città e i ragazzi africani. Per una malattia che poi non è riuscita a superare, quella ragazza non è potuta venire con noi, eppure, attraverso un gesto che poteva fare dalla sua stanza (un?adozione a distanza), ci ha ricordato l?importanza di relazioni gratuite e capaci di guardare al vicino e al lontano. Vede, quell?accenno finale non era un coup de théatre o una concessione alla retorica, voleva esprimere un mio convincimento profondo. Sul fatto poi che lo spazio politico non possa coincidere con lo spazio dei partiti è una mia antica convinzione. Vero è che la realtà, come abbiamo visto e come voi raccontate, sta già producendo gli anticorpi a questa deriva individualistica. Dobbiamo accompagnarla, condividerla, aiutarla a crescere. Dobbiamo proteggerla dalle vecchie e decrepite pretese mediatiche e politiche. Pur nella consapevolezza della drammaticità della partita, fuori dalle roccaforti del privato non c?è il deserto.
Vita: In Italia la politica continua a guardare il terzo settore solo in funzione di supplenza alle carenze dello Stato e non come ad una soggettività plurale, come a risorsa indispensabile di creatività e innovatività per mettere mano ad una indispensabile riforma del vecchio Welfare state. L?orizzonte è quello del Welfare Community ma questo sarà impossibile da inaugurare se le politiche sociali continuano a concepirsi in termini di fondi statali che vengono poi distribuiti (direttamente o attraverso i trasferimenti alle Regioni) tardi e male. Bisogna cambiare, occorre un più di sussidiarietà restituendo quote di sovranità ai cittadini. Ad esempio rendendo deducibili le spese sanitarie e sociali dei cittadini.
Veltroni: Quello che denunciate è vero, a volte pare addirittura che lo scontro tra i due diversi schieramenti si limiti ad essere uno scontro tra due diversi statalismi, tra due concezioni dello Stato e della società comunque dirigisti, con buona pace del preteso liberismo cui a parole inneggia il centrodestra. La bella stagione della sussidiarietà, che aveva portato alla modifica costituzionale del Titolo V con l?introduzione dell?art. 118, pare oggi davvero lontana. C?è una sorta di sussidiarietà al contrario: dove lo Stato non ci arriva, ci pensa il terzo settore. è una via senza uscita, insostenibile economicamente e, soprattutto, socialmente. Non è così che si liberano le energie del Paese, così si creano solo clientele. Sono convinto che l?Italia crescerà se più del Pil sapranno crescere le soggettività di questo Paese, le soggettività sociali, imprenditoriali, e la loro visione e coscienza del futuro. E se crescerà la capacità della politica di ascoltare le parole, i racconti e i ragionamenti dei soggetti impegnati dentro la realtà sociale.
Da tempo il non profit chiede che siano deducibili le spese sanitarie e sociali dei cittadini: in un Paese che ha previsto la deducibilità per palestre e veterinari non mi pare certo una pretesa. Del resto, quando parliamo di nuovo welfare siamo di fronte ad una questione molto delicata che ha davvero a che fare con la democrazia, perché il sistema Stato-territorio-ricchezza è andato in frantumi e messo in crisi dalla globalizzazione.
Oggi si vota per l?elezione al Parlamento, ma poi i parlamenti non hanno più la sovranità fiscale che avevano sino a dieci anni fa: oggi c?è l?Ue, il Wto, i mercati capaci di bruciare 300 miliardi di euro di risparmi in un sol giorno. Le grandi ricchezze possono facilmente scappare dai territori, si può votare in Italia e poi pagare le imposte altrove, con il solo spostamento della sede legale della propria attività. Il modello di welfare che era stato costruito sul presupposto che lo Stato fosse in grado di catturare le ricchezze dei territori è andato per sempre in crisi. Oggi la leva fiscale più che finanziare il welfare si accanisce sui ceti medio bassi restituendo pochissimo, e male. Occorrerebbe una politica capace di voltare radicalmente pagina per garantire con la leva fiscale i diritti costituzionali (la Corte costituzionale tedesca, per esempio, ha stabilito che le risorse destinate al mantenimento dei figli non sono disponibili perché sono utilizzate per un dovere costituzionale) e per restituire brandelli di sovranità fiscale ai cittadini per esempio con il 5 per mille, per cui so che vi state battendo.
Vita: Giustamente lei ha parlato di nuovo patto fiscale e non di ?tregua? (che sempre presume una guerra), e ha detto che un nuovo patto fiscale è assolutamente necessario. Un patto che deve prevedere, come ha sottolineato, di restituire brandelli di sovranità fiscale ai cittadini. Non crede sia urgente togliere il 5 per mille dalle spire della Finanziaria per farla entrare nell?ordinamento ordinario? Tanto per sottolineare che è un primo cardine di un cambiamento e non un favore?
Veltroni: Sono convinto che la norma del 5 per mille, facendo tesoro delle difficoltà e contraddizioni dei suoi primi due anni di applicazione, debba diventare una norma ordinaria della fiscalità. Così come sono convinto che la Finanziaria debba smetterla di essere il contenitore, provvisorio perché annuale, di ogni problema del Paese, e ritornare ad essere una legge di bilancio e non la madre di tutte le leggi. Credo che poi, come mi sembra abbia colto anche il governo con la bozza di Finanziaria 2008, si debba rivedere l?imposizione di un tetto al 5 per mille.
Vita: Gran parte del nostro Paese non ha rappresentazione sui media, non lo ha la vita quotidiana, la vita delle comunità, quella dei Comuni, dei soggetti sociali, dei nuovi cittadini. Il pluralismo, anche nelle recenti leggi di riforma sulla tv e informazione, è sempre concepito in termini partitici e non già sociali. Non crede che la politica debba mettere in conto un più di impegno in questa direzione?
Veltroni: Quello che sottolinea è un problema grave e serio e che ha a che fare con la democrazia in questo Paese. Lei sa che, proprio perché sono cosciente di questo limite e vizio, ho recentemente proposto per la Rai un amministratore unico e non un consiglio d?amministrazione di nomina politica parlamentare.
Vita: Certo. Rimobilitare i soggetti sociali e i protagonismi positivi, lei come lo farebbe?
Veltroni: Innanzitutto convocandoli, magari prevedendo una sorta di Stati generali delle forze sociali per ripartire, ognuno per la responsabilità che gli è propria, insieme. È indubbio che il Paese ha bisogno di una ripartenza, una ripartenza di cui tutti si devono sentire responsabili. Soprattutto tutti quelli che già esercitano una responsabilità, dai soggetti sociali a quelli imprenditoriali.
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