Non profit

Veltroni e Tremaglia presentano libro su Carlo Urbani

Il libro "Carlo Urbani, il primo medico contro la Sars" verrà presentato in Campidoglio dal ministro Mirko Tremaglia, dal sindaco di Roma Walter Veltroni e da Giuliana Urbani

di Ettore Colombo

“Ho un ospedale pieno di infermiere che piangono. La gente corre e urla totalmente terrorizzata. Non so che cosa sia, ma non e’ influenza!”. Questa la mail con cui un anno fa Carlo Urbani, il medico italiano che per primo ha individuato la Sars e in pochi giorni ne e’ morto, inviava dal Vietnam il suo appello all’Organizzazione Mondiale della Sanita’. Sono drammatiche e piene di pathos le lettere rese note per la prima volta nel libro della giornalista Lucia Bellaspiga, “Carlo Urbani, il primo medico contro la Sars”, editrice Ancora, che giovedi’ verra’ presentato in Campidoglio dal ministro Mirko Tremaglia, dal sindaco di Roma Walter Veltroni, da Giuliana Urbani, moglie del medico scomparso e presidente dell’Aicu – Associazione italiana Carlo Urbani – dall’ambasciatore italiano in Vietnam Luigi Solari, dall’ambasciatore vietnamita in Italia Le Vinh Thu, da Nicoletta Dentico, gia’ direttore di Medici senza Frontiere, di cui Urbani fu presidente e come tale ritiro’ il Premio Nobel per la Pace nel 1999. Urbani era stato chiamato in un ospedale francese, non si tiro’ indietro: doveva bloccare il contagio di una malattia sconosciuta e per farlo non risparmio’ se stesso. “Confermo che ci sono 7 casi anche tra lo staff medico”, scriveva il giorno dopo dall’ospedale di Hanoi in un’altra mail all’Oms. E il giorno dopo ancora: “L’escalation e’ aumentata. Stamattina ho raccomandato di isolare tutto il primo piano dell’ospedale. Chiedo rinforzi: lo staff ricoverato e’ ormai piu’ numeroso degli infermieri ancora abili al lavoro…”. Infine l’ultimo messaggio, concitato: “Gli antibiotici non fanno effetto!”. Dopo due giorni, l’11 marzo, Carlo Urbani senti’ in se’ i sintomi della Sars e non si fece illusioni: si auto-isolo’ nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Bangkok, in Thailandia, e il 29 marzo 2003, dopo 18 giorni di agonia, mori’. L’ultimo pensiero fu ancora per gli altri: ordino’ che il suo tessuto polmonare fosse conservato per trovare una cura.


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