Famiglia

Veltroni: contro la fame fermate il commercio di armi

Intervenendo al Forum per la sovranità alimentare il sindaco di Roma elenca le responsabilità dell'Europa. "Basta con protezionismi e commercio d'armi"

di Barbara Fabiani

“Per spezzare la spirale della fame che avvinghia 800milioni di persone vanno riviste alcune regole del gioco”. E’ di questa opinione Walter Veltroni intervenuto al Forum per la sovranità alimentare per portare il suo saluto come sindaco di Roma, alla presenza delle ong e del direttore generale della Fao Jaques Diouf. “Il peso del debito estero e la promessa mai mantenuta di portare gli aiuti allo sviluppo allo 0,7% del Pil, sono tra le ragioni che impediscono un qualsiasi reale progresso della lotta contro la fame” ha ricordato Veltroni, ma è sceso ancor più nel dettaglio delle responsabilità: “ Si facciano scelte più nette sul commercio delle armi e si ponga fine a misure di embargo che ovunque vengono applicate hanno come unico risultato quello di peggiorare la situazione di popolazioni già allo stremo. Si applichi invece con rigore l’embargo di cui c’è bisogno : quello delle armi, comprese quelle leggere. Perché sono le guerre che distruggono la terra e saccheggiano le risorse moltiplicando la povertà e a fame”. “E sempre l’Unione Europea – ha continuato- credo debba avere il coraggio di dare segnali forti con una più chiara opzione di aiuto allo sviluppo, certo, ma insieme adottando politiche agricole che incentivino la qualità dei prodotti europei ma che non ostacolino l’accesso di altri prodotti alimentari sui nostri mercati, con sovvenzioni che agiscono artificiosamente sui prezzi”. Il sindaco di Roma ha poi indicato nel rafforzamento della cooperazione decentrata un mezzo per contribuire alla lotta contro la fame: “Chi amministra ha il compito di valorizzare le esperienze di cooperazione decentrata, radicando una cultura della partecipazione e del decentramento coinvolgendo i cittadini e le loro organizzazioni”. Ha poi concluso annunciando due progetti di cooperazione rivolti alla regione del Sahel e la città di Kigali, avviati dall’amministrazione capitolina in collaborazione con alcune associazioni, la Fao e il Ministero degli esteri.


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