Famiglia

Vella: la vera frontiera? La globalizzazione della salute”

Più della genetica è necessaria una vera globalizzazione del diritto di cura, è l'opin,ione del presidente dell'International Aids Society

di Redazione

Vella: la vera frontiera del XXI secolo “non è la genetica, ma la globalizzazione della salute” La vera frontiera della medicina del XXI secolo? “Non è la genetica, è la globalizzazione della salute”, sostiene Stefano Vella, presidente della prestigiosa International Aids Society, direttore di un progetto di ricerca sull?Hiv all?Istituto superiore di sanità e consulente di organismi internazionali. “L?innovazione nel Nord va benissimo naturalmente, alla lunga sarà utile anche al Sud del mondo: ma mentre nel Nord si va verso una medicina sempre più costosa e individualizzata, nel Sud siamo ancora ai “fondamentali” e ai grandi numeri, a garantire acqua pulita per tutti e vaccinazioni per milioni di bambini. Non siamo ancora riusciti a trasferire nei Paesi poveri i grandi progressi sanitari a cui è arrivato l?Occidente. A partire dall?Aids”. Già, l?Aids: quasi dimenticata per la guerra in corso e per gli indubbi progressi compiuti nei Paesi ricchi (ma nonostante il calo dei casi in Occidente anche qui il virus è sempre in circolazione e per un vaccino di massa si dovrà aspettare almeno dieci anni), l?epidemia resta una vera catastrofe. I recentissimi dati di UnAids, l?agenzia dell?Onu che si occupa della malattia, parlano chiaro nonostante gli addetti ai lavori li considerino molto inferiori alla realtà: aumento costante dei casi (ex Urss e Asia sono i nuovi campi di battaglia) e già ora 40 milioni di persone infette nel pianeta, il 70% dei quali nella sola Africa subsahariana, dove in alcuni Paesi come Zimbabwe e Botswana l?aspettativa di vita è crollata in poco tempo di vent?anni, da 60 a 40 anni. “Come ai tempi degli antichi Romani -, dice sconsolato Vella -, e le cose continuano a peggiorare: è ormai evidente che il problema non è più solo sanitario, ma anche economico, sociale, politico. Perfino la Cia ha da poco lanciato l?allarme perché l?Aids sta destabilizzando i governi dei Paesi più colpiti. Anche la lotta al terrorismo non è staccata dalla costruzione di un mondo migliore, dove il diritto alla salute è garantito.. Farcene carico ormai è inevitabile, ne siamo tutti coinvolti”. Qualcosa comunque si è finalmente mosso negli ultimi mesi: il clamoroso processo di Pretoria dello scorso marzo, conclusosi con la vittoria del Sud Africa che reclamava il diritto di non rispettare i brevetti dei farmaci anti-Aids, l?analoga mossa compiuta dal Brasile per la produzione di medicine a basso prezzo, la dichiarazione conclusiva del vertice dell?Organizzazione del commercio mondiale (Wto) in novembre, che certificava (anche se tiepidamente) la supremazia della salute pubblica sugli interessi commerciali, sono state le tappe più importanti di una prima presa di coscienza generale, a partire dalle multinazionali del Big Pharma , della gravità della situazione. Non a caso, il G8 di luglio ha varato un nuovo global fund per combattere Aids, tubercolosi e malaria, le maggiori cause di morte nei Paesi più poveri del globo. “Rispetto ai 7-10 miliardi di dollari che secondo Kofi Annan e molti esperti ci vorrebbero ogni anno solo per l?Aids, il fondo non è ancora molto – commenta Giorgio Zucchello del Cosv, una delle maggiori Organizzazioni non governative (Ong) italiane -, ma 1,6-1,8 miliardi di dollari all?anno sono già qualcosa. Ed è importante che nella raccolta dei finanziamenti e nella gestione del fondo, che dovrà essere operativo a gennaio e su cui si sta ancora lavorando, ci siano privati e pubblici, industrie, Ong e organismi multinazionali”. Su due cose infatti sono ormai tutti d?accordo: che l?accesso ai farmaci è fondamentale ma non sufficiente (nei Paesi poveri mancano infrastrutture, medici, controlli sull?effettivo utilizzo dei finanziamenti in ambienti ipercorrotti) e che l?impegno dev?essere esteso a tutte le forze in campo, la responsabilità dell?accesso ai farmaci non è certo solo delle multinazionali. “Nessuno può ragionevolmente pensare di smantellare il sistema dei brevetti, anche il Nord va protetto – dice Vella -. E nessuno critica le ricerche che in Occidente si stanno facendo sui nuovi fronti della genetica, anzi. Ma il Sud non va dimenticato, per ora è ancora un mondo a parte”. Un mondo spesso con esigenze, anche sanitarie, distinte da quelle dell?Occidente ma con un potere d?acquisto vicino allo zero, che rende inevitabile l?impegno di governi e organismi multinazionali nel finanziamento della produzione di farmaci antieconomici. Altrimenti succederà nuovamente quello che capitò con la “malattia del sonno”: quasi debellata grazie all?eflornitina, dal 1994 tornò a diffondersi in Africa perché la Hoechst Marion Russel (poi confluita in Aventis) smise di produrre il farmaco, considerato antieconomico. Ed è stato solo nel maggio 2001 che la produzione è ripresa grazie alla scoperta che l?eflornitina poteva anche essere usata per rimuovere la peluria femminile e garantire quindi ritorni economici. Nel frattempo, si calcola, sono morte per la puntura della mosca tse-tse almeno 600 mila persone, tutte in Africa.


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