Non profit

Ve lo spiego io il Big Bang

La "strana" teoria del fisico Massimo Corbucci è diventata un video che spopola in Rete

di Natascia Gargano

Asl di Viterbo. Un medico schivo, sulla cinquantina, termina l’ultima visita di controllo per il rinnovo della patente. Un salto al supermercato, un pasto frugale e il televisore acceso sull’annuncio del telegiornale: «Al Cern di Ginevra è in corso un esperimento storico: ricreare in laboratorio le condizioni del Big Bang».
Si apre con questa sequenza La Particella di Dio, film documentario realizzato da Logo Video, casa di produzione indipendente di Milano. Cinquanta minuti tra fantascienza e realtà dipingono il ritratto di questo fisico prestato al servizio di medicina legale che, tolto il camice, si dedica all’ossessione di una vita: l’origine della materia. «L’universo non può essere stato generato da una particella. La materia come origine della materia è un errore concettuale». Massimo Corbucci (nella foto) ci mette la faccia oltre che la sostanza in questo film prodotto con un piccolissimo budget, dove lo spettatore è introdotto con parole semplici e metaforiche a una visione rivoluzionaria. Per alcuni un pazzo, per altri un genio, decisamente un outsider. «Anni fa mi imbattei nel libro di Massimo (Alla scoperta della particella di Dio, Macro Edizioni, 2006 ndr)», commenta Claudio Cecconi, uno degli autori del film, «rimasi colpito dall’affascinante ipotesi del Vuoto Quantomeccanico, il luogo da cui tutto nasce e a cui tutto ritorna, un vuoto “pieno” che sottende a tutte le cose e che assomiglia incredibilmente al concetto di Dio delle filosofie religiose».
Poi nel 2008 il Cern di Ginevra porta sulle prime pagine dei giornali la notizia dell’accensione del più grande acceleratore di particelle mai costruito al mondo, capace addirittura di riprodurre le condizioni del Big Bang. Da lì la scintilla che ha portato questo gruppo di videomaker milanesi a scommettere: fare della storia di Corbucci un film. Il documentario è una full immersion nella vita del fisico. La telecamera ne segue la lucida solitudine, lontano dai riflettori dei grandi centri di ricerca: «Quello che è preoccupante per me è continuare a fare il fisico scivolando, come sto facendo, nella metafisica». Il film si rivela nel finale con uno stratagemma onirico, il sogno di una donna celata da un velo: «L’universo è composto dal vuoto e da ciò che può riempirlo. Essi sono i genitori della materia e abitano un luogo detto Vuoto Quantomeccanico». Mentre Corbucci continua a portare la sua teoria in giro per l’Italia, La Particella di Dio intanto continua raccogliere consensi nei festival e in Rete.


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