Cultura

Ve la racconto io l’integrazione: un blog con 42 storie di immigrate

Il blog a firma di Duccio Pedercini, che in questo testo ci spiega come è nata l'idea

di Redazione

L’idea di dare un volto ed una voce alla moltitudine di donne immigrate da paesi del terzo mondo in Italia, nasce da un atto di amore. Ero con mio padre nelle isole di Capoverde in visita al cimitero di Praia, la capitale. Li, fra tumuli disordinati ed ossa che spuntavano dal terreno dei vialetti, mio padre decise di porgere un fiore sulla tomba di una donna capoverdiana senza sconosciuta, in ricordo di mia madre. Da quel gesto nacque il desiderio e la necessità di conoscere le vere storie delle donne capoverdiane, e successivamente di quelle di molti altri paesi, che hanno impegnato la loro esistenza superando a volte ostacoli disumani per cercare di migliorare se stesse, ma soprattutto la vita dei propri figli. Perché le donne? Perché anche quando è un uomo a partire, egli lascia dietro di se sempre una donna, una madre, sorella, moglie, figlia, sulla quale pesa la responsabilità dell’orto, del gregge, della piccola attività commerciale, degli anziani. La raccolta di queste storie vuole essere un atto di amore verso tutte queste donne. La conoscenza e la comprensione sono il primo passo verso la solidarietà e la convivenza. La morna è un genere musicale tipico di Capo Verde. In numerose composizioni che non hanno autore poiché nate dal popolo, la morna riflette tutta la tristezza e la disperazione degli abbandoni della terra amata, del distacco dagli affetti, degli esili di oggi e della dominazione coloniale di allora. Da questa terra unica al mondo, che ho avuto la fortuna di visitare, è nata l’idea e l’occasione per farsi narrare la vita delle donne del terzo mondo in Italia. Sono state contattate, in Italia ed all’estero, un centinaio di ragazze, madri, lavoratrici, professioniste e sono state selezionate 42 storie di donne molto diverse l’una dall’altra, accomunate dal fatto di avere abbandonato i propri paesi per fame, miseria, motivi politici. Diari personali, potenziali blog raccontati in diretta dalle protagoniste o, come in qualche caso, da chi gli è sopravvissuto. Storie di coraggi, nostalgie, rinunce, lavoro, sottomissioni, ribellioni, razzismi e solidarietà. Ma anche sipari sulle pene per i figli lasciati laggiù, sulla volontà di conservare le proprie identità culturali, sui silenzi degli eroismi, sui contributi alle resistenze contro le dittature politiche, il desiderio e il mito del ritorno. Protagoniste di varie e variegate avventure umane, civili, sociali, culturali. Storie e vicende che non possiamo e non dobbiamo ignorare perchè nella loro spontaneità possono farci uscire dalle trappole della tolleranza, della solidarietà a distanza o per delega. Storie che ci permettono di rafforzare tramite la dignità dell’altro la nostra dignità e il senso delle proprie responsabilità di comprensione. Testimonianze e giudizi sull’Italia che inducono a una meditazione delle nostre coscienze, portate troppo spesso a non considerare l’umanità di chi lavora nel nostro paese. Nella morna la nostalgia è un sentimento insopprimibile, una costante della vita di tutte le donne migranti del mondo. Nelle narrazioni ci sono casi di straordinaria volontà che hanno trasformato collaboratrici domestiche in laureate che una volta tornate nel loro paese hanno occupato posti di rilievo. Ma anche casi di fuga dal nostro paese, episodi di sfruttamento, razzismo, prostituzione. Canta disperato il poeta capoverdiano David Hopfer Almada: Vivo un mundo che nao esiste, vivo un mundo che nao è meu. Il dramma dell’emigrazione che afferra soprattutto le donne. Donne coraggiose, che lasciano a casa i figli, la nostra unica previdenza sociale, allevati da zie e nonne alle quali spediscono pochi soldi nella speranza di tornare un giorno all’isola, al paese per costruirsi una casa in pietra ?e con il pavimento vero?. La condivisione di queste storie vuole essere un atto d’amore, di rispetto e di considerazione, di fratellanza verso donne che lavorano e soffrono con nostalgia e speranza. Affaccio di mattino presto il volto sulla baia, se non compare alcuna barca non mi rimane che appoggiare la guancia sulla mano. Andiamo, andiamo Per il nostro cammino all’estero: la nostra terra ormai non ha che dare, quello che ha dato ha dato. Dal 1 settembre sul mio blog pubblico una nuova storia al giorno per 42 giorni. http://ducciop.blog.kataweb.it/duccio_blog/

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