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Valorizzazione ovvero tutto si può vendere

Spiagge, monumenti: dove porta la logica del fare cassa

di Redazione

Leggi, provvedimenti, decreti approvati dal governo e ratificati dalla maggioranza parlamentare, singoli atti di ministri: è un susseguirsi di danni il bilancio di legislatura tracciato dal WWF in tema di tutela ambientale e del paesaggio, l?urbanistica, la conservazione del nostro patrimonio storico, artistico, paesaggistico, culturale e naturale. Si è passati, infatti, da leggi risalenti addirittura al 1939, che tutelavano i beni storici e le «bellezze naturali della Nazione», dalla nostra Costituzione che pure garantisce la conservazione di questi beni come «valore primario», ai provvedimenti del ministro dell’Economia che tutto vorrebbe ?valorizzare?, per ragioni di cassa. Cominciamo con la legge 23 novembre 2001, n. 410, «Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico». Con essa sono state costituite le società per la cartolarizzazione degli immobili pubblici, che già hanno proceduto alla vendita anche di immobili pubblici, tra cui alcuni di valore culturale. La legge 410/2001 in sostanza sancisce la fine della inalienabilità dei beni dello Stato: anche quelli di particolare valore artistico e storico possono essere venduti, con il parere favorevole del ministro per i Beni e le attività culturali. Incaricata della «valorizzazione, gestione e alienazione del patrimonio dello Stato» è la Patrimonio dello Stato spa, mentre Infrastrutture spa ha il compito di finanziare le opere pubbliche. Sulla gestione dei beni demaniali la nuova legge rende plenipotenziario il ministro dell?Economia che può agire senza alcun obbligo di concertazione e coordinamento. Altri provvedimenti che mirano alla cessione di aree dello Stato sono il disegno di legge sulla cosiddetta ?competitività? (cedere le spiagge aumenta la competitività del paese?) e la stessa Finanziaria 2006, che dà il via libera alla costruzione sulle coste italiane di grandi poli turistici, che abbiano cioè possibilità occupazionali superiori alle 200 unità. Ai vari tentativi di occupare nuovo territorio demaniale o, peggio, cedere parte di questo, si aggiungono due atti che in qualche modo mettono a nudo la grave sottovalutazione che il governo Berlusconi ha avuto nella gestione dei beni territoriali e paesaggistici. Si tratta del condono edilizio e della sanatoria paesaggistica, provvedimenti che purtroppo hanno anche innescato una nuova ondata di abusivismo, come dimostrano i numeri del passato: una ricerca del consorzio Cogi su 4mila chilometri di litorali (meno di metà delle nostre coste, con l?esclusione della Sicilia) ha accertato 30mila casi di abusivismo; il WWF, sulla base del censimento del 1996 su tutto l?arco costiero italiano, ha rilevato che appena il 29% dei litorali era rimasto immune da lottizzazioni, insediamenti e infrastrutture (abusivi e non). Secondo fonti Cresme/Legambiente, dal 1982 (preannuncio del primo condono, aperto tre anni dopo) a tutto il 1997 sarebbero stati realizzati 970mila manufatti abusivi, a fronte di 3,8 milioni abitazioni legali. In particolare, solo durante il 2004 sarebbero stati eseguiti 32mila abusi, mentre per il 2005 ne erano previsti altrettanti. Evidente pertanto l??effetto acceleratore? dei condoni edilizi, anche se soltanto annunciati per il futuro.


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