Chi usa Firefox lo sa. Basta connettersi al sito di Mozilla, ed ecco un pop-up con la scritta: «Orgogliosamente non profit». Un’affermazione che campeggia, accompagnata dallo slogan «Diversi da sempre». Nelle informazioni, si spiega: «Mozilla non è un produttore di software tradizionale. Siamo una comunità mondiale dedita allo sviluppo di software libero e open source e di tecnologie in grado di migliorare la navigazione sul web di tutte le persone».
Affermazioni atipiche in giorni in cui Google e Microsoft se la danno di santa ragione sull’utilizzo dei dati sensibili degli utenti e la sfida nel campo dei browser tra Internet Explorer, Google Chrome e Safari è sempre più accesa.
In un contesto sempre più ferocemente competitivo, Mozilla ha scelto di mettere in bella mostra il suo volto di organizzazione senza fini di lucro. «È sempre stato così, da un anno a questa parte lo si comunica in modo più esplicito, ma secondo me dovevamo dirlo più chiaramente anche prima», dice Jacopo Benesperi, 25 anni, uno dei volontari della community di Mozilla Italia. La scelta avviene in un momento positivo per la Mozilla Foundation e tutte le sue sussidiarie: le entrate consolidate per l’anno 2010 ammontano a 123 milioni di dollari, circa il 18% in più rispetto al 2009.
Ormai la guerra è spietata
«Non vuol dire che gli sviluppatori si fermino, anzi, in un mercato così competitivo ora dobbiamo puntare sul nostro valore aggiunto», dice Jacopo. E l’arma in più per quelli di Mozilla è proprio la natura etica della loro impresa. «Fino a qualche anno fa potevamo puntare per la crescita sui difetti dei prodotti Microsoft, egemoni nel settore, e sui nostri pregi. Ma ormai dal punto di vista tecnico i browser sono tutti allo stesso livello: a far la differenza sono i valori», osserva Benesperi. Per esempio, libertà d’accesso, trasparenza dell’organizzazione e difesa della privacy.
Idee dall’aria quasi rivoluzionaria in un momento in cui Facebook e Twitter fanno sentire tutto il loro peso economico «Può sembrare retorico, ma noi crediamo in internet come bene comune», dice Jacopo. «Mettiamo al centro la persona, ed è un punto diventato ancora più importante da quando i social network sono diventati onnipresenti». Mozilla infatti ha sviluppato nel software la possibilità di scegliere l’opzione «do not track». Non tracciare. In questo modo l’utente ha la possibilità di limitare la possibilità di aziende di registrare i suoi movimenti online. «Certo, è solo un’opzione per ora. Ma attraverso la fondazione facciamo azioni di lobbying affinché la non tracciabilità diventi legge», sottolinea Benesperi, che è anche vicepresidente della costola italiana dell’organizzazione.
Per ora la politica orgogliosamente differente di Firefox sta pagando. L’icona con la volpe di fuoco mantiene saldamente la seconda posizione tra i programmi per l’accesso alla rete più usati: se ne servono tra il 20 e il 25% degli utenti mondiali. In Italia sono circa il 23%. Il dominio di Explorer è duro da scalfire, ma qualcosa si muove, se è vero che il browser di Microsoft è passato in un anno dall’80 al 65% di utenti. E nell’ultimo anno sono nati gruppi in America Latina, Paesi arabi e Africa.
Un’impresa “crowd”
«Cerchiamo così di diffondere ovunque le nostre idee», continua Jacopo, che nonostante la giovane età è nel mondo Mozilla da sette anni. È entrato in quella che formalmente si chiama Aistm – Associazione otaliana supporto e traduzione Mozilla, appena diciottenne. «Dovevo ancora cominciare gli studi, ora sto lavorando alla tesi di specialistica per Scienze dei materiali. Studio all’università di Torino ma sono di Firenze», racconta. Lui è il più giovane del gruppo, in totale11 persone, che costituiscono il cuore di Mozilla Italia. Sono tecnici informatici ma anche portieri d’albergo, architetti, studenti. Il più anziano ha 60 anni, nel direttivo c’è una sola donna. Tutti lo fanno come seconda attività. Non c’è nessuna sede, tutte le decisioni si prendono online. Se qualcuno vuole unirsi la porta è sempre aperta: «Tutti possono contribuire», dice il segretario, Giovanni Solone. «Prima basta leggere quello che scriviamo nella nostra pagina “come iniziare”, poi siamo molto meritocratici. Se vediamo che un utente è attivo nei forum e utile agli altri, è dei nostri».
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.