Non profit

Val Susa, circoli e associazioni a gogò

di Maurizio Regosa

Da lontano è «la valle che resiste». Da vicino la Val di Susa è un vivaio di cooperative, una culla di circoli, un incubatore di decine di associazioni di volontariato. La valle è un vero cantiere sociale nel quale gli abitanti, anziché diminuire come ovunque in montagna, continuano a crescere.
Ci sono gli scout dell’Agesci, i volontari che fanno pet therapy, gli sportivi che lavorano con i disabili. I gruppi di acquisto e le botteghe del commercio equo e solidale. E ancora i circoli Arci (se ne contano 54 e associano circa 10mila persone), le moltissime associazioni, le cooperative sociali. Queste ultime, per dire, sono 15 (una ogni 8mila residenti), producono un fatturato complessivo di 39 milioni (4,5 dei quali per servizi realizzati in Valle) e danno lavoro a oltre mille persone (222 delle quali in Val Susa).
Un attivismo impressionante, capace spesso di convergere in nome dell’interesse collettivo, dando il via a progetti territoriali come quello ribattezzato “Valle di Susa. Tesori di arte e cultura alpina”. Un’iniziativa in cui sono impegnati i 37 Comuni della valle, la Comunità montana, 12 associazioni di volontariato culturale e diversi operatori della ricettività: hanno appena sottoscritto un protocollo d’intesa per la valorizzazione territoriale integrata (www.vallesusa-tesori.it). «Grazie a questa intesa», spiega don Gianluca Popolla del Centro culturale diocesano, «sarà possibile, nel biennio 2012 – 2013, formare i volontari in modo che siano sentinelle del patrimonio culturale». «Questo progetto», aggiunge Popolla, «ha riunito chi è a favore e chi è contro la Tav». Ed è un’indicazione importante.
«Non vi è dubbio che la sensibilità sociale in valle sia estremamente accentuata», premette don Luigi Chiampo che, oltre a gestire quattro parrocchie, si occupa di alcune cooperative sociali che fanno inserimento lavorativo e seguono minori in condizione di disagio e famiglie in difficoltà. Un’attenzione nei confronti di temi quali l’ambiente, la salute, la tutela delle fragilità che in qualche modo ha sostenuto il movimento No Tav, aiutandolo a non darsi per vinto. «Questa propensione sociale nel tempo si è trasferita dagli operatori veri e propri e dai volontari all’intera comunità, in qualche modo contagiandola». Suggerendole, se si vuole, la voglia di guardare avanti, di non fermarsi, di cercare di costruire un futuro diverso.
D’altro canto, questo attivismo potrebbe aver avuto effetti collaterali molto significativi. Ad esempio riflettendosi positivamente sul numero degli abitanti. Rispetto al generalizzato spopolamento delle montagne, la Val Susa è decisamente in controtendenza: la popolazione è cresciuta, dal 1991 al 2011, di circa il 16% (oggi sono circa 123mila residenti). Sicuri non ci sia un nesso con la vitalità sociale e con l’attitudine alla partecipazione comunitaria? Non sono poi moltissime le valli che hanno un loro festival cinematografico capace, come il Valsusa Filmfest, di promuovere una riflessione culturale identitaria (quest’anno la sedicesima edizione sarà dedicata al tema delle “terre contese”).
«In questo periodo», fanno notare dalla cooperativa Il Ponte (che gestisce 3 botteghe solidali e ha circa 445 soci), «è che stanno venendo avanti moltissime proposte di fare più rete, di mettersi insieme per portare avanti proposte alternative al liberismo economico, agendo un sistema di valori al cui primo posto c’è la solidarietà». Un vitalismo che va alla ricerca di nuove forme aggregative come quella di Etinomia composta da 250 imprenditori etici che aderendo all’associazione sottoscrivono un “Manifesto etico” impegnandosi a «condurre le proprie imprese nell’ottica della tutela, salvaguardia e valorizzazione del territorio e del tessuto sociale con particolare attenzione all’ambiente e alla cultura locali».
www.vallesusa-tesori.it

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