Cultura

Val di Susa, l’ora dei black bloc

Guerriglia nei boschi, corteo a valle: i due mondi della Tav

di Franco Bomprezzi

Una battaglia nei boschi della Val di Susa, tra i black bloc e le forze di polizia, in una domenica di violenza e di proclami, attorno al cantiere per la Tav. Condanna quasi unanime, sintetizzata dal presidente Napolitano, fuori dal coro Beppe Grillo, che parla di “eroi”. I giornali raccontano e commentano.

“Assalto alla Tav, 188 agenti feriti” è il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA con servizi fino a pagina 6. La cronaca degli scontri a pagina 2: “Tutti a chiedere dei feriti: «Quanti sono? Come stanno?» . Presto detto, il bollettino finale indica 188 uomini delle forze dell’ordine (136 poliziotti, 37 carabinieri e 15 finanzieri), una quindicina i manifestanti, più un operaio di Italcoge, la ditta che lavora per il tunnel. «Dalla nostra parte— conferma uno dei medici del pronto intervento No Tav— sono molti di più, quasi 200, ma li assistiamo sul posto. C’è un ragazzo di Venezia che si è preso un lacrimogeno in faccia, altri due li abbiamo cuciti perché avevano la testa rotta dai manganelli» . Diversa la visuale e il giudizio della polizia. «Ci siamo trovati di fronte— ha detto il capo della Digos di Torino Giuseppe Petronzi— a gruppi organizzati militarmente. Alcuni dei più violenti sono venuti dall’estero: da Spagna, Francia, Germania, Austria. Noi abbiamo sequestrato manganelli, martelli, molotov fatte molto bene» . Ma i «no global» non ci stanno e accusano: «Sparavano i gas ad altezza d’uomo e ci colpivano con pallottole di gomma» . Ribatte la Questura: «Quel genere di proiettili non li abbiamo neppure in dotazione» . Dopo quasi sette ore di scontri, lanci di sassi e petardi, seguiti da cariche, cinque persone sono state arrestate”. Francesco Alberti a pagina 3 racconta la tecnica degli antagonisti: “Maalox e ammoniaca. La guerriglia del black bloc: “Centri sociali, anarchici insurrezionalisti, sedicenti rivoluzionari e truci antagonisti. Saranno almeno 2 mila su questo versante. Altrettanti stanno scendendo da Giaglione, dall’altra parte del costone montuoso, «così assalteremo il cantiere da due lati» . Vengono da Milano, Torino, Padova, Roma, Bologna. E tra loro, inavvicinabili, osservati speciali, i black bloc, arrivati all’ultimo momento perché prima non sarebbero sfuggiti ai laser dei Cacciatori di Calabria, squadrone di carabinieri che di solito dà la caccia ai latitanti sull’Aspromonte e che nelle ultime due notti ha bonificato i boschi della vallata. «Sono almeno 300 i black bloc provenienti da Francia, Spagna, Germania e Austria» confermano dalla questura. Vecchie conoscenze che nessuno sottovaluta: «Danno manforte all’ala più oltranzista del movimento no Tav e dispongono di un’impostazione paramilitare che punta a produrre il massimo della violenza contro le forze dell’ordine»” .  A pagina 5 Alessandra Arachi riferisce le reazioni politiche, a partire da Napolitano: “Condanna dal Colle: inaudite aggressioni”. Scrive, fra l’altro: “Cota, Fassino e Saitta insieme riaffermano anche «l’importanza strategica della Tav e la volontà di andare avanti senza farsi intimidire» , usando parole del tutto simili a quelle usate dal ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli: «Non sarà un ristretto gruppo di violenti a far cambiare idea al governo sulla Tav» . A queste parole si sono accompagnate quelle del presidente del Senato Renato Schifani che ha espresso ferma condanna per gli incidenti avvenuti e piena solidarietà e vicinanza alle forze dell’ordine. E anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha condiviso l’appello di Napolitano: «In un momento difficile della vita del Paese, è necessario il massimo senso di responsabilità da parte di tutti, istituzioni, partiti, associazioni» . In Val di Susa ieri erano in tanti a manifestare pacificamente e praticamente unanime è stata la condanna contro quel gruppo violento e incontrollabile che ha provocato la battaglia. Con una voce fuori dal coro. Forte e chiara. La voce di Beppe Grillo. Non ha esitato il comico genovese, arrivato in macchina a Chiomonte: «State facendo una rivoluzione straordinaria, siete tutti eroi, le campane suonano per tutta l’Italia che ci sta guardando attraverso la Rete» . E quasi da ogni parte gli sono piovute addosso critiche”. Solidarietà a Grillo solo da Paolo Ferrero, i distinguo a sinistra sono nell’area dei Verdi e di Sel. Un commento, che parte in prima, è di Marco Imarisio: “Ambiguità inaccettabili”.

“Tav, giorno di battaglia in Val Susa”: anche LA REPUBBLICA titola con i disordini gravissimi di ieri, ricordando nell’occhiello: “Un migliaio di antagonisti attacca la polizia, la guerriglia è durata ore. Bufera su Grillo che difende la protesta: «Guerra civile, siete tutti eroi»” e puntualizzando nel sommario: “Assedio al cantiere, 400 feriti. La condanna di Napolitano: fermate i violenti”. Sono 6 le pagine di approfondimento: anzitutto il resoconto della giornata, secondo le dinamiche, gli spostamenti e le strategie di una giornata in cui probabilmente nulla è lasciato al caso. «Che le cose possano finire male si è capito quasi subito. I megafoni degli organizzatori urlano decine di volte ai manifestanti di non fermarsi nel budello di fronte alla centrale. Dalla montagna arriva il fumo dei lacrimogeni e bisogna far andare via la brava gente e i bambini. Alle 13,30 arriva Beppe Grillo… e butta benzina sul fuoco: “Queste sono prove tecniche di dittatura”… Tempo mezz’ora i No-Tav aprono un varco». «Duemila antagonisti, trecento in assetto militare, compresi i black bloc, contro duemila poliziotti e carabinieri. E 50mila persone più che tranquille a poche centinaia di metri, famiglie e valligiani che non intendono convivere con il supertreno», scrive Maurizio Crosetti che sottolinea inoltre la strategia chirurgica dei caschi neri: colpiscono e si ritirano fra gli alberi. Chi siano i black bloc lo puntualizza Meo Ponte: circa 800 appartenenti all’area anarco-insurrezionalista, 300 stranieri, molto ben attrezzati (di maschere antigas migliori di quelle delle forze dell’ordine). In cinque sono stati fermati: un ragazzo di Pescara, un meccanico di Maranello, un disoccupato di Venezia e un fattorino di Modena. Quanto alle reazioni, sono evidentemente improntate per lo più alla condanna. A parte Grillo, per il quale questi sono «eroi», il presidente della Repubblica e quelli di Camera e Senato esprimono le stesse idee. Napolitano, schierato giustamente con le forze dell’ordine, invita a «isolare sempre di più i professionisti della violenza» e considera «intollerabile che a legittime manifestazioni di dissenso, cui partecipano pacificamente cittadini e famiglie, si sovrappongano, provenienti dal di fuori, squadre militarizzate per condurre inaudite azioni aggressive». Sulla stessa linea i partiti. In appoggio due interviste a Matteo Renzi, sindaco Pd di Firenze (“Chi esalta i lanciatori di sassi mi fa schifo, è un teppista prima si condanna poi si discute” è il titolo) e a Nichi Vendola, leader di Sel: «le violenze vanno isolate, assolutamente. Oscurano proprio le ragioni della protesta. Però è legittimo manifestare il dissenso». Il commento è di Carlo Galli: “Il dovere di distinguere”. «Il populismo demagogico grillino sta perdendo il controllo della situazione, e gioca ormai al tanto peggio tanto meglio». Viceversa è cruciale «sapere esercitare la distinzione concettuale – e pratica – fra protesta e violenza: tanto lecita la prima quanto indifendibile la seconda». «La vicenda Tav può essere stata gestita male; il dialogo politico può essere stato insoddisfacente – tutto ciò è opinabile – ma nulla legittima la violenza. Che non proviene neppure dai diretti interessati, gli abitanti della Val di Susa».

“Si scrive No Tav, si legge BR” titola Il GIORNALE in prima pagina sopra una foto degli scontri. L’affermazione o la tesi è di Alessandro Orsini, docente di sociologia a Tor Vergata e autore del libro Anatomia delle Brigate Rosse. Orsini scrive: «Nella società italiana  esistono forze rivoluzionarie di cui stampa e politica si occupano solo in occasione degli scontri di piazza. Esistono ragazzi che rifiutano la modernizzazione capitalistica e odiano  tutto ciò che rappresenta  la società borghese. Il loro problema è l’organizzazione e la propaganda. Ignorati da tutti, hanno bisogno di riconoscere la loro esistenza e utilizzano la strategia della provocazione». E poi il parallelo. «I black bloc, come i brigatisti, vogliono distruggere il capitalismo, la proprietà privata, la società borghese. Hanno in comune anche il linguaggio. I black bloc detestano, però, la gerarchia e la disciplina interna ai brigatisti.  Rifiutano pistole e bombe. Dal canto loro i brigatisti rossi sono critici  nei confronti dei black bloc e li considerano senza strategia d’azione». IL GIORNALE  mette in evidenza lo show di Grillo fischiato. Ma soprattutto sono le parole  di Grillo rivolte a chi è coinvolto negli scontri “siete degli eroi”  a suscitare reazioni. Bersani, segretario del Pd, commenta: «queste dichiarazioni sono inaccettabili. Non si tratta più di come si fa una ferrovia ma di come ci si comporta in democrazia». Fassino, sindaco di Torino: «non è tollerabile che la val di Susa sia presa in ostaggio da gruppi di violenti che hanno militarizzato la protesta e teorizzano la guerra civile».

“No Tav, guerriglia in Va Susa”. LA STAMPA non tergiversa, d’altra parte gli scontri avvenuti nel fine settimana fra la polizia e i manifestanti hanno avuto luogo in Piemonte, a 60 chilometri circa dal capoluogo, sede del quotidiano. A questi eventi il giornale dedica il fondo in prima, l’apertura, e i servizi da pagina 2 a pagina 7. Tanto per dire, Michele Brambilla, nel suo “La differenza fra un treno e un golpe”, scrive: «Ma di che cosa stiamo parlando? Si può pensare ciò che si vuole dell’alta velocità. Ma occorre anche stare ancorati alla realtà, e la realtà è che in Val di Susa si stanno scavando delle gallerie per far passare un treno. Belle o brutte, ma gallerie per un treno. Punto e stop. Dove sono le prove di dittatura? Inoltre, mettendo tutto nel medesimo minestrone, i capi della protesta attribuiscono a Berlusconi il tentato golpe della Tav, che invece è stata decisa da governi precedenti e di diverso colore, che è scolpita in un accordo intergovernativo tra Italia e Francia e rientra tra le grandi reti europee che disegneranno i trasporti per almeno un secolo. Se la Torino-Lione non si farà, un pezzo consistente di Italia sarà tagliato fuori da questa rete e non per quattro o cinque anni, ma per il futuro. È una faccenda che va guardata con un’elementare prospettiva storica, specie nel centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia perché proprio allora si decise il traforo del Fréjus. Cosa sarebbero stati il Piemonte e l’Italia senza quella linea ferroviaria voluta da Cavour? È possibile che un sistema economico sia prigioniero di una minoranza localistica condannata a diventare l’alibi dei professionisti della guerriglia? Che c’entra Berlusconi?». I servizi interni, ovviamente fanno la cronaca della giornata, raccolgono commenti, evidenziano le reazioni politiche (sopra tutte quella del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano) e ospita un retroscena, “Non siamo più in grado di gestire la protesta”, ovvero il grido di allarme dei sindaci della valle: «Tra i sindaci rimbalza una frase: «Quella non è la nostra gente». Sono quelli di fuori, i professionisti della piazza, arrivati anche dall’estero. Vorrebbero tenerli alla larga, non sanno come fare. «Abbiamo fatto il possibile», riflette il presidente della Comunità montana Sandro Plano. «Ma questa vicenda è stata caricata di dichiarazioni che hanno portato in piazza anche chi non si oppone solo alla Tav. Abbiamo guidato la nostra gente, che ha mostrato di riconoscersi in noi. Su chi arriva da fuori non possiamo esercitare questo ruolo». Dario Fracchia, primo cittadino di Sant’Ambrogio, punta il dito contro la politica: «Ha abdicato al suo ruolo. Questa è diventata una questione di ordine pubblico, in cui forze dell’ordine e No Tav si fronteggiano con gli amministratori locali a fare da cuscinetto». Vanno segnalate, infine, le pagina 6 e 7, completamente dedicate al movimento 5 stelle e Beppe Grillo che, nella battaglia contro l’alta velocità, hanno investito da sempre e parecchio. 

E inoltre sui giornali di oggi:

CSR
ITALIA OGGI – «Ristrutturazioni dal volto umano» è il titolo di un articolo a pagina 55.  Ovvero «Più coinvolgimento per attenuare l’impatto sulle persone», è questa «l’importanza della responsabilità sociale d’impresa nella pianificazione del cambiamento». Si tratta di «una speranza per molti impiegati che, in tempo di crisi economica, rischiano di essere coinvolti (o lo sono già stati) da un processo di revisione della propria attività, che può culminare anche in un licenziamento». Lo dimostrano anche i risultati di una ricerca presentata a Milano in un recente convegno del Csr manager network. Rimane «sconfortante» il dato per cui quasi il 70% dell’imprese non si cura del «dialogo sociale» nell’affrontare crisi o ristrutturazioni.

VOLONTARIATO
IL SOLE 24 ORE – “Onlus, 3 milioni di volontari”. Spazio alla ricerca dell’Istat pubblicata da Vita che ha “misurato il peso del volontariato con un pezzo approfondito di Elio Silva: «Le attività di volontariato, svolte in Italia da 3,3 milioni di cittadini, hanno un valore economico di quasi 8 miliardi di euro e “pesano” quanto 385mila posti di lavoro a tempo pieno. Se, poi, a questo dato si sommano i 630mila impiegati regolarmente retribuiti, se ne ricava che la capacità occupazionale dell’area non profit supera il milione di addetti, mentre il volume delle entrate, comprensivo di quelle realizzate dalle diverse tipologie di enti, sale oltre i 45 miliardi di euro, ossia più del 4% del prodotto interno lordo. (…) “Il significato principale della ricerca che sarà presentata al Cnel – osserva Gian Paolo Gualaccini – risiede nel fatto che si dimostra, numeri alla mano, come il volontariato non sia un atto individuale, ma un valore economico e sociale. Ed è importante che a queste conclusioni si giunga nell’anno in corso, che l’Europa ha voluto dedicare proprio al volontariato. La quantificazione delle unità lavorative, inoltre, permette di distinguere i contesti territoriali, gli ambiti di attività e i modelli organizzativi”». Di spalla, due focus: “Negli asili nido la retta diventa più leggera” (“La fondazione «Aiutare i bambini» ha lanciato dal 2008 un piano per l’apertura, entro l’anno in corso, di almeno 56 asili-nido sul territorio nazionale. “Siamo a quota 41 – annuncia Modena – e gli altri 15 sono in arrivo: nel Mezzogiorno ne stanno nascendo 8, in collaborazione con la fondazione per il Sud, e al Nord altri 7, con Unicredit Foundation”. In questo contesto operano due figure di volontarie: le ausiliarie, che si occupano delle pulizie o delle cucine, e le educatrici che, affiancando il personale in organico, contribuiscono al programma ludico-ricreativo. “Così facendo – spiega il presidente della fondazione – si ottiene un 18-20% di risparmio sulle rette, oltre alla possibilità di offrire il servizio gratuito ai bambini extracomunitari e agli appartenenti a famiglie disagiate”») e “Un jolly da spendere nella corsa ai fondi”: («la consacrazione vera e propria è avvenuta nel 2010, con la direttiva del ministero del Lavoro e delle politiche sociali per finanziare i progetti delle organizzazioni in base alla legge n.266/91: il provvedimento stabilisce, infatti, che il tempo offerto da lavoratori volontari per la realizzazione di iniziative di interesse sociale può essere valorizzato, fino al 10% dell’importo richiesto, come quota di autofinanziamento da parte delle organizzazioni stesse. In pratica, l’assegnazione di un “peso” alle prestazioni gratuite permette agli enti, soprattutto di piccole o medie dimensioni, di sopperire alla scarsa disponibilità finanziaria e, dunque, di partecipare ai bandi».)


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