Economia

Vacanze e cioccolato anticrisi

Ecco uno dei dati che emrge dal Rapporto 2009 che dipinge la realtà economica italiana oggi

di Lorenzo Alvaro

Presentato il Rapporto Coop 2009 “Consumi e distribuzione” redatto dall’ Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Ref (Ricerche per l’Economia e la Finanza) e contributi originali di Nielsen, Iri-Infoscan e Demos. Il Rapporto, presentato da Enrico Migliavacca, vicepresidente Ancc-Coop, è diviso in tre trance d’interesse. Indaga sugli effetti che la crisi ha generato sui consumi delle famiglie italiane, come ne sta modificando i comportamenti e fornisce previsioni per il 2009-2011, mettendo a confronto il sistema commerciale del nostro Paese con quanto avviene negli altri grandi Paesi europei.

La crisi internazionale e le particolarità della crisi italiana. Le prime reazioni dei consumatori
Il 2008 e i primi mesi del 2009 sono stati per l’economia mondiale un passaggio drammatico e per certi versi ancora irrisolto di fronte al quale le autorità di politica economica dei vari Paesi hanno risposto con intensità eccezionale. A esserne maggiormente colpite, almeno nella prima fase, le economie a maggiore base industriale come il Giappone, la Germania e l’Italia. Nel caso dell’Italia, la recessione globale è andata a incunearsi in un’economia già debole, determinando forti contrazioni nella produzione industriale con conseguenze vistose, ma non immediatamente drammatiche, per quanto riguarda i livelli occupazionali. Nella prima fase della crisi, infatti, il ricorso alla cassa integrazione, e il rientro dell’inflazione, hanno per così dire ridotto l’impatto immediato sulle famiglie senza scongiurare la possibilità di aver solo rinviato un incremento della disoccupazione. Infatti i redditi reali delle famiglie sono diminuiti nel 2009 solo dell’0,4% sull’anno precedente, in misura per il momento molto più contenuta del Pil. Ciononostante, a inizio 2009 si segnala la prima riduzione dello stock di occupati da 14 anni a questa parte, 204.000 unità in meno rispetto al primo trimestre 2008, e i risultati peggiori si riscontrano al sud dove si è concentrato oltre il 50% delle perdite complessive.
Le perdite del posto di lavoro e contemporaneamente l’ingresso di coloro che si affacciano alla ricerca di una prima occupazione hanno determinato di conseguenza un aumento del tasso di disoccupazione pari al 7,9%, il più alto livello dal 2005 ad oggi. Ma, visto il quadro generale, le previsioni potrebbero portarlo come dato medio del 2010 a superare il 9%.
A fronte di questi fattori che potevano far sperare in una tenuta o in un rallentamento dei consumi, si è invece assistito nel nostro Paese fra 2008 e 2009 a un’intensa caduta dei consumi tanto che, previsioni alla mano, si può già parlare fra 2008 e 2011 di un intero quadriennio di contrazioni. Nel primo trimestre del 2009 i consumi delle famiglie italiane evidenziavano già una caduta anno su anno del 2,6 % (risultato dovuto in larga parte alle contrazioni registrate nel quarto trimestre 2008 e nel primo del 2009 con diminuzioni rispettivamente dello 0.9 e dell’1.1%).
Gli italiani sembrano su questo versante aver anticipato il peggio e dato che per la maggior parte di loro la fine della crisi non è affatto dietro l’angolo (oltre il 57% ne intravede l’epilogo non prima di un paio di anni) sono già ricorsi a strategie di difesa risparmiando dove è possibile. D’altronde l’indice di fiducia delle famiglie, monitorato dalla Nielsen Consumer Confidence Survey, è risultato a livello globale in calo, con l’Europa che si posiziona al di sotto della media globale: chiara indicazione di quanto la ripresa economica nel vecchio continente possa essere ancora più lunga e più lenta. Gli italiani, più formiche che cicale, mettono in discussione abitudini e stili di vita consolidati, che divengono, ora, più sobri e frugali. Si consuma di meno, tentando di non rinunciare alla soddisfazione dei propri bisogni, tagliando il superfluo e ricercando, con razionalità e perseveranza, l’efficienza nella spesa (comprando se possibile in promozione). Si rimandano gli
acquisti di beni durevoli: l’auto (-15,1% la stima a fine 2009), l’arredamento (-10,6%), gli elettrodomestici (-7,4%), i prodotti tecnologici. Così come si taglia su vestiario e calzature (-7,5% nel 2009) e sulle spese per il divertimento senza rinunciarvi del tutto (pasti fuoricasa –1,1%, vacanze tutto compreso –1,9%).
Sul versante alimentare circa il 40% delle famiglie italiane dichiara di risparmiare sui prodotti alimentari di prima necessità (pane e pasta, carne, frutta e verdura) e si stima una riduzione dei consumi delle famiglie pari al –1,9% in quantità. Gli italiani fanno a meno di gelati (nel primo semestre 2009 rispetto al 2008 in volume scendono del 12%), di formaggio grana (-10%), di lame e rasoi (-10%), di cereali, acqua, bibite, latte. Crescono invece ancora una volta i prodotti ad elevato contenuto nutrizionale (yogurt +16%) e ad alto contenuto di servizio, preparati per dolci (9%), surgelati (8%), piatti pronti, affettati in busta. Come spesso succede in tempo di crisi cresce il consumo di cioccolato (barrette +12%). Il protrarsi della crisi, ma al tempo stesso l’adozione di misure che in qualche modo l’attenuano genera un’altalena di sentimenti e stati d’animo che spesso stridono fra loro. Infatti, gli italiani si dicono preoccupati (43,3%), stressati (40,4%) e ansiosi (33,2%), ma anche felici (40%) e soddisfatti (30,1%).

Diversi modelli di consumo. Previsioni 2009-2011
Un altro segnale generato dalla crisi in corso è la crescita delle disuguaglianze. Oltre il 66% delle famiglie italiane si sente povero, un quinto fa fatica a fare la spesa alimentare e a pagare le cure mediche. ma d’altra parte poco meno della metà della ricchezza finanziaria del nostro Paese si concentra nelle mani di un 10% di italiani. E in modo sorprendente, se è vero che aumenta la vendita dei prodotti a prezzo più basso, passata nel primo semestre 2009 rispetto al primo semestre 2008, dal 24.4 al 25.2%, cresce in ugual misura la quota di vendite messa a segno da prodotti con prezzi maggiori del 30% rispetto al prezzo medio.
La percezione di povertà è comunque più diffusa tra le famiglie del Sud e delle isole (sale al 73%), tra i single ovvero gli anziani soli (77%), tra i nuclei con reddito familiare più basso (90%) e ovviamente tra coloro che registrano una situazione lavorativa di difficoltà (hanno già perso o stanno per perdere il posto di lavoro). Il guado della disoccupazione e le attese che si hanno per il prossimo autunno (700.000 occupati in meno nel biennio 2009-2010 prevalentemente nel settore manifatturiero) rappresentano a tutti gli effetti un banco di prova sia per la tenuta dei consumi che per gli equilibri sociali più complessivi. Le analisi del Rapporto permettono di capire come cambiano i consumi delle famiglie in coincidenza con la perdita del posto di lavoro del capofamiglia. Per una famiglia di tre persone (coppia con figlio) la contrazione dei consumi nei confronti di una famiglia di operai è pari al 17% con intensità differenti a secondo dei diversi capitoli di spesa. Si riducono drasticamente le spese per il tempo libero (-46%) e salute e istruzione (-45%). Calano le spese per la casa (-28%) e per la mobilità (-20%). Resta invece sostanzialmente stabile la spesa alimentare che si riduce di appena l’uno per cento.
A fronte dunque di una situazione tutt’altro che rosea e che vede il 2009 assestarsi su una forte contrazione dei consumi pari al 2,3%, i consumi sono attesi in ripresa ma secondo lo scenario di previsioni ref solo nel 2011 i tassi di crescita potranno recuperare i ritmi peraltro modesti e inferiori al punto percentuale, registrati in media tra 2001 e 2007. Quindi recupero blando 2010-2011 (rispettivamente in crescita dello 0.6 e dello 0.9%). Peraltro se invece che al dato aggregato dei consumi si fa riferimento ai consumi procapite, purtroppo la spesa individuale degli italiani non tornerà a crescere prima del 2012. L’alimentare è oggi il settore che riflette con più immediatezza gli umori dei consumatori italiani. «In particolare» puntualizza Vincenzo Tassinari, presidente Consiglio di Gestione di Coop Italia, «se si entra nello specifico dell’anno in corso, non si può non dire che l’andamento dei consumi da fine giugno a tutt’oggi è molto peggiorato. Dopo un primo semestre abbastanza positivo si è entrati in una fase di grave crisi, che, nell’alimentare, si manifesta con un significativo calo del valore dello scontrino medio derivato anche dalla scelta dei prodotti a marca privata a scapito dei prodotti di marca e dei primi prezzi e, nel non alimentare, nella caduta di settori come il tessile e il multimedia.
Coop registra un + 1,9% sul 2008, ma ci aspettiamo un autunno difficile e prevediamo di chiudere a fine anno con un + 1,5% e con 12,8 miliardi di fatturato. La migliore delle previsioni possibili per il 2010 parla di un rialzo dell’inflazione che si posiziona all’1,5%. In alcuni mercati delle materie prime ci sono segnali di speculazione che potrebbero alimenteranno l’inflazione (cereali, latte, olio, riso)».
Per avere un’idea di quali tendenze potranno caratterizzare il prossimo futuro, è utile anche analizzare le intenzioni dei consumatori in tema di utilizzo del denaro disponibile dopo aver soddisfatto i bisogni essenziali. Un primo dato che la dice lunga su quanto ci aspetta è il 16% che dichiara di non avere denaro da spendere, mentre per più di un italiano su 3 il risparmio resterà una priorità.

Il mercato della Grande Distribuzione in Italia e i rapporti con l’industria
Se è vero che l’uscita dalla crisi è ancora lunga e difficile, è altrettanto vero che l’impatto non poteva non avere effetti pesanti sulle vendite della distribuzione italiana. Anche sugli assetti strutturali del settore. Era dal 1999 che non si registrava un segno negativo nell’andamento annuale del numero di esercizi commerciali al dettaglio: il 2008 ha chiuso invece con un saldo negativo di 3113 punti vendita (-0,4%). Complessivamente sembra esaurirsi la spinta propulsiva della liberalizzazione del commercio del 1998 e la rete commerciale è chiamata a affrontare le problematiche connesse con i nuovi stili di vita ed i pesanti effetti della crisi. In confronto con gli altri mercati distributivi europei si evidenzia come nel mercato italiano il 27% delle vendite siano ancora appannaggio delle superfici di vendita più piccole mentre in Francia e Germania questa quota è pari a poco più del 4% e in Spagna e Regno Unito supera di poco il 20%.
E’ interessante verificare anche gli impatti della crisi sui conti economici delle imprese della Gdo e dell’industria alimentare. Facendo ricorso alla recente analisi di Mediobanca sui principali gruppo imprenditoriali italiani si rileva come per l’industria alimentare il 2008 non sembra aver alterato le performance dell’anno precedente confermando un Margine Operativo Lordo di poco inferiore all’8% (+6% sul 2007) e un Margine Operativo Netto e prossimo al 4% (+14% sul 2007). Al contrario per la distribuzione commerciale la crescita delle vendite non ha permesso di recuperare l’incremento del costo del venduto e degli altri costi di produzione determinando una riduzione del Mol superiore al 5% e addirittura del 17% per il Margine Operativo Netto. Le sfide per la filiera commerciale non sono però solo di carattere economico. Un po’ a sorpresa infatti gli italiani scoprono una loro coscienza ambientale anche nel momento dell’acquisto: l’impatto del prodotto sull’ambiente pare essere tra i fattori che lo determinano per l’85% dei nostri connazionali (la media europea si attesta all’83%). Essi chiedono però alle imprese della filiera più informazioni, più visibilità per i prodotti ecocompatibili e più promozioni.

L’impegno di Coop
«A fronte della situazione descritta», precisa Vincenzo Tassinari, «Coop rilancia con maggiore intensità per il prossimo autunno e per il 2010 la campagna “Dalla tua parte noi” a tutela del potere d’acquisto dei soci e dei consumatori italiani. Ritiene, inoltre, che dalla crisi si possa uscire solo auspicando una nuova stagione di collaborazione tra distribuzione e produzione agricola e industriale a favore del consumatore finale con progetti di efficienza e di innovazione. Infine, la strategia di Coop è contribuire ad aumentare la quota dei punti di vendita di più grandi dimensioni per portare il nostro sistema distributivo a livello di quello degli altri paesi europei». Il piano di sviluppo prevede da qui al 2011, l’apertura di 66 nuovi punti vendita di cui 24 Ipercoop. In particolare la nostra attenzione è rivolta al Sud dove nel 2010 saranno 6 i nostri nuovi ipermercati.
Proprio laddove altri operatori dismettono pur in presenza di evidenti necessità di un sistema distributivo moderno.
«Come Coop in questo frangente di crisi noi abbiamo fatto la nostra parte, mettendoci a fianco dei consumatori e penalizzando anche la nostra redditività commerciale», dichiara Aldo Soldi, presidente Ancc-Coop. Se è vero che il consumatore italiano dimostra di imparare a convivere con la crisi è altrettanto vero che dalla crisi si deve uscire con una strategia di che punti a attenuare le distanze sociali presenti nel Paese (ricchi vs poveri, nord vd sud, uomini vs donne, giovani vs anziani). «A questo proposito basti dire che per fare superare la soglia di povertà alle famiglie più povere basterebbe meno del 2% del reddito del 10% di italiani più ricchi», conclude Soldi, «E questo oltre a far migliorare le condizioni di vita di ben 8 milioni di persone avrebbe un effetto positivo di quasi 4 miliardi di euro di maggiori consumi. Impatti allo stesso modo significativi si potrebbero ottenere se si riequilibrasse il mercato del lavoro a favore dei giovani e delle donne. Basti pensare che se a parità di occupazione si spostasse a favore delle donne il 10% dei redditi da lavoro si generebbero consumi aggiuntivi per quasi 3,5 miliardi di euro. Effetti ancora maggiori se tale riequilibrio avvenisse tra lavoratori adulti (35-50 anni) e persone di età inferiore a 35 anni. In questo caso i consumi complessivi crescerebbero addirittura di poco meno dell’1% (8 mrd di nuovi consumi). In tutti i casi crescerebbero soprattutto i consumi di quei beni e servizi più ambientalmente sostenibili e con maggiore impatto sull’economia nazionale (alimentazione, arredamento e prodotti per la casa, abbigliamento, svago e tempo libero) con effetti positivi sull’occupazione e sull’ambiente. Strumento indispensabile per generare benefici effetti sui consumi è la ripresa delle liberalizzazioni».


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