Welfare

Uscire dal carcere, un gioco da ragazzi

Affidati agli enti di promozione sportiva, i minori svolgono diverse attività: calcio, atletica, nuoto e ippica. E una volta scontata la pena, potranno anche trovare un lavoro.

di Pasquale Coccia

Una corsa verso un futuro migliore, un drbbling e un calcio ben piazzato per dire addio al passato e trovare nelle rete una società più accogliente. O ancora, imparare a cavalcare, diventare cintura nera o tuffarsi dal trampolino o battere il crawl. Sono queste la speranze di seicento ragazzi, tutti detenuti, che potranno uscire dagli istituti per correre sulle piste di atletica o sfidarsi sui campi di gioco. Ragazzi speciali, affidati e presi in consegna dalle società sportive e che potranno scontare la pena in maniera alternativa a quella tradizionale. Il ministero di Grazia e Giustizia, infatti, riconosce il valore formativo dello sport e assegna i detenuti minorenni alla cosiddetta ?area penale esterna?, grazie a un protocollo d?intesa firmato con i tre principali enti di promozione sportiva: Centro sportivo italiano (Csi), Unione italiana sport per tutti (Uisp) e Associazione italiana cultura e sport (Aics). L?anno scorso il Csi ha realizzato un progetto sperimentale in alcune città del Sud ad alto rischio, come Campobasso, Cosenza e Messina, e i risultati sono stati positivi, tanto che il ministero di Grazia e Giustizia ha rinnovato la convenzione anche per il 1999, prevedendo un ampliamento dell?intervento destinato anche ai detenuti minorenni extracomunitari, in particolare nomadi, albanesi e magrebini di alcune città del Nord Italia: Treviso, Verona e Genova. «A questo progetto sono interessati ragazzi ai quali il giudice assegna una pena detentiva alternativa in base all?articolo 28 del Codice penale minorile, obbligandoli a frequentare attività e luoghi socialmente utili, come le associazioni sportive», afferma Antonio Turco, responsabile delle politiche sociali dell?Aics. «I ragazzi vengono affidati ai nostri animatori socio-sportivi, appositamente formati per questi progetti, e prendono parte alle attività sportive promosse dall?associazione. Si tratta di minori che hanno una personalità deviata, perciò il nostro primo obiettivo è quello di ricostruirla, e lo sport rappresenta una buona occasione per imparare il rispetto delle regole, dei compagni e soprattutto accettare gli errori. Non sempre si ottengono risultati in breve tempo, ma se un ragazzo non passa la palla ai compagni va fuori squadra, oppure se copre il ruolo di attacante in una squadra di calcio, passa a fare il difensore. È un modo efficace che li abitua al sacrificio, all?osservanza delle regole e, successivamente, a ottenere i risultati attraverso il rispetto degli altri», conclude Antonio Turco.
Lucia Lamberti dell?Uisp è responsabile del progetto ?Porte Aperte? che impegna 500 minori su tutto il territorio nazionale. «La legislazione italiana che riguarda le pene detentive alternative dei minori», afferma, «è all?avanguardia in Europa, perciò le possibilità dell?associazionismo sportivo di rappresentare un punto di riferimento sono notevoli. Al Sud operiamo con minori che scontano pene perché coinvolti in attività illecite della Mafia e della Camorra, attraverso le borse di studio-lavoro, grazie alle quali i ragazzi operano nelle nostre associazioni aiutando a organizzare le manifestazioni sportive o i tornei. Alcuni di loro sono diventati arbitri di calcio e vengono utilizzati nei campionati, altri, dopo aver scontato il periodo di pena frequentano saltuariamente le nostre sedi, e qualcuno è diventato vice allenatore. È il segnale evidente che l?ambiente sportivo è un ottimo terreno di reinserimento sociale».
Le attività preferite sono il calcio e il nuoto, ma ultimamente le arti marziali, fino a poco tempo fa vietate perché considerate violente, hanno fatto registrare un?impennata tra i ragazzi. Tra i minori extracomunitari, impegnati soprattutto nelle aree del Nord Italia, va soprattutto l?equitazione. Attraverso le borse lavoro, molti finiscono per essere impegnati nella gestione dei maneggi.
Tutto questo è reso possibile grazie all?impegno volontario degli animatori dell?associazionismo sportivo che, comunque, dal ministero di Grazia e Giustizia non percepiscono una lira.

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