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Usa, il Coronavirus fa strage di afroamericani: la colpa è di un sistema basato sulle disuguaglianze

«I dati drammatici che arrivano dagli Usa non sorprendono», dice Fabrizio Tonello professore di Scienza Politica presso l’Università degli Studi di Padova. «Il sistema sanitario è privato. Ed è la disuguaglianza il frutto di queste morti. Le persone povere vivono nei ghetti. Le misure di lockdown in ogni caso sono arrivate tardi. In America hanno chiuso le stalle dopo che i buoi sono scappati. La povertà intrinseca del sistema politico americano permette anche stermini di massa – così com’è avvenuto per i nativi americani – oggi può avvenire silenziosamente nei confronti dei poveri»

di Anna Spena

Negli Stati Uniti le persone contagiate dal Coronavirus sono arrivate a quasi mezzo milione, si contano 15mila vittime. Un’analisi del Washington Post, realizzata con i dati provenienti dai vari Stati, sottolinea come la pandemia stia uccidendo molte più persone nella popolazione afroamericana.

«Questo fatto non sorprende», dice Fabrizio Tonello, professore di Scienza Politica presso l’Università degli Studi di Padova. «Il sistema sanitario degli Stati Uniti è privato. Ed è la disuguaglianza il frutto di queste morti. In particolare negli Stati del Sud, come la Louisiana, dove non sono stati ancora presi provvedimenti per contrastare il diffondersi dell’epidemia. Non è un caso che siano proprio gli Stati governati dai repubblicani a presentare una miscela ancora più esplosiva di privatizzazione del sistema sanitario».

E infatti a Chicago gli afroamericani sono il 30% della popolazione ma rappresentano il 72% dei morti per coronavirus. Nel Michigan, nella città di Detroit, il 14% della popolazione è afroamericana e tra loro il numero di vittime per coronavirus raggiunge il 40%. Stando sempre ai dati dell’analisi, in Louisiana, sono il 32%, ma rappresentano il 70% dei morti per covid19.

A subire i danni più grandi quindi è sempre la fascia di popolazione che vive già in una condizione di fragilità. «Parliamo di povertà e esclusione», continua Tonello. «Le persone povere vivono in appartamenti piccoli e inadeguati. E questo agevola la diffusione rapidissima dell’epidemia, è il caso dei “ghetti” a Chicago».

Le misure di lockdown in ogni caso sono arrivate tardi. «In America hanno chiuso le stalle dopo che i buoi sono scappati», continua Tonello. «Gli Stati Uniti infatti avevano, fino a metà marzo, pochi casi. Poi la crescita rapidissima delle ultime settimane ha trasformato gli Usa nel primo focolaio al mondo. E i numeri sono destinati a crescere. E non potrebbe essere diversamente. Basti pensare che Jerome Adams, il portavce del Governo degli Stati Uniti in temi danità, il ” Surgeon Genera Usa” ha pubblicamente consigliato di piegare una maglietta, attaccarci degli elastici e poi poggiarla su naso e bocca. Ecco penso che così la tragedia si possa solo ingrandire».

Ci si chiede se alla luce di questi dati drammatici, una volta passata l’emergenza, ci sarà possibilità di ripensare ad una riforma del sistema sanitario americano. «Onestamente», continua Tonello, «nei prossimi mesi sarà difficile attuare riforme sanitarie, tutti gli Stati avranno gravi deficit in bilancio. E stanno già facendo uno sforzo eccezioanale per provare a contenere adesso l’epidemia. Le entrate fiscali dei vari Paesi stanno crollando».

«Credo»,continua Tonello, «che povertà intrinseca del sistema politico americano permette anche stermini di massa – così com’è avvenuto per i nativi americani – oggi può avvenire silenziosamente nei confronti dei poveri. Solo che in America, cosi come ha ricordato Bernie Sanders, appena ritiratosi delle primarie del partito democratico, metà delle famiglie non può far fronte all’emergenza economica che sta invadendo il Paese. Metà delle famiglie non ha più di 400 dollari sul proprio conto in banca».

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