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Usa, il business dei malati terminali
L’assicurazione sanitaria federale "Medicare" ha erogato lo scorso anno 22,4 miliardi di dollari ad agenzie di servizi di hospice. Nati come un movimento visionario non profit oggi sono nelle mani della finanza più spegiudicata, che antepone il profitto alla dignità umana. Perché le autorità di regolamentazione Usa non puniscano le tantissime frodi di questi criminali è un mistero
di Paolo Manzo
Il “business della morte” lo ha definito recentemente The American Prospect, autorevole rivista liberal di Washington. Stiamo parlando degli hospice statunitensi per malati con un’aspettativa di vita di massimo sei mesi. L’obiettivo di questi servizi è nobile, ovvero consentire ai malati terminali di rimanere nelle loro case, con assistenza di qualità e circondati dai familiari. Dal 1983, i Centers for Medicare and Medicaid Services (Cms) forniscono un sussidio agli iscritti a “Medicare“, l’assicurazione sanitaria federale amministrata dal governo Usa, stipulando contratti con agenzie di hospice che forniscono assistenza. Inizialmente erano quasi tutte non profit ma oggi sono invece le agenzie di hospice a scopo di lucro a dominare il settore, soprattutto quelle legate alla finanza di Wall Street con, ultimi arrivati, i “private equity”, che fanno margini di profitto tre volte superiori a quelli delle organizzazioni non profit, come dimostra una ricerca pubblicata lo scorso aprile, ma offrono un’assistenza assai peggiore. In sintesi: la rivoluzione degli ‘hospice” all’inizio era stata positiva, con piccoli fornitori non profit la cui missione era assicurare che i malati affrontassero il fine vita con dignità. Oggi, invece, il sistema si è trasformato in una “slot machine” di truffe grazie a quattro fattori chiave: il lucro enorme garantito dal finanziamento pubblico, controlli di fatto inesistenti, la possibilità di reiterare il reato semplicemente cambiando nome e numero “Medicare” e, infine, una legislazione che definire lacunosa è poco.
Lo schema delle frodi è semplice e, purtroppo, funziona indisturbato, come racconta un ampio reportage di ProPubblica, organizzazione senza scopo di lucro che fa giornalismo investigativo di interesse pubblico. “Medicare” paga alle agenzie di hospice una tariffa giornaliera che va dai 203 ai 1.462 dollari per fornire assistenza agli anziani diagnosticati da un medico come terminali che potrebbero morire entro sei mesi”. Per fatturare la tariffa più alta, chi fornisce il servizio dovrebbe offrire almeno otto ore di assistenza domiciliare ai pazienti ma non ci sono invece requisiti di sorta per incassare la tariffa giornaliera di 203 dollari che, tra l’altro più di quanto alcuni stati (le nostre regioni) paghino le case di cura per ospitare, nutrire e prendersi cura dei pazienti “Medicaid”, il programma di assicurazione sanitaria per adulti e bambini con redditi bassi, finanziato e gestito principalmente dai governi locali.
Il business degli hospice for profit negli USA oggi è in pieno boom se si pensa che Cvs e UnitedHealth (due grandi società sanitarie americane, ndr) hanno pagato rispettivamente 8 e 5,5 miliardi di dollari l’anno scorso per acquisire fornitori di assistenza domiciliare. La California è l’esempio più lampante. Qui per ottenere una licenza per aprire un hospice basta staccare un assegno da 3.000 dollari e compilare una pila di documenti che nessuno si prenderà la briga di verificare.
Nella contea di Los Angeles, dove l’industria dei servizi di “hospice” è passata da poco più di 100 fornitori nel 2010 a quasi 2.000 nel 2022 (in tutta la Florida, che ha leggi severe e controlli sono invece appena 51), sono un po’ più piccoli e “rispondono a norme così negligenti e ridicole, che sorge il dubbio se persino il governo sia nel business”, denuncia The American Prospect. L’unico deterrente imposto dal governo federale contro queste frodi è la regola che limita ogni agenzia di hospice a un totale annuo di 32.000 dollari per paziente trattato.
Tra le agenzie di hospice di Van Nuys, un distretto di Los Angeles, il “tasso di dimissione in vita di terminali entrati con un’aspettativa di vita di sei mesi” è un enorme, il 51%, quintuplicato rispetto al 2014. Ma non si tratta di un miracolo, bensì un indizio di probabile frode. A volte le agenzie più piccole ammettono pazienti sani a loro insaputa, corrompendo un medico o un assistente sociale ospedaliero o rubandone l’identità. Dal momento che in realtà per legge non sono tenute a svolgere nessun livello minimo di servizio, molti casi passano inosservati fino a quando l’inconsapevole paziente “terminale” non ha una vera emergenza medica e tenta di usare i benefici di “Medicare”. Che però non sono più attivi, perché chi è inserito nei servizi hospice riceve sì “cure palliative” ma solo dopo avere esentato il Cms dalla responsabilità di pagare loro qualsiasi altra cure.
“I fornitori aprono un hospice e fatturano, fatturano, fatturano”, spiega a ProPublica Sheila Clark, presidente della California Hospice and Palliative Care Association, dettagliando il cosiddetto schema “churn and burn”. Di che si tratta? Una volta che l’hospice raggiunge il limite di rimborso da “Medicare”, chiude e si tiene i soldi, acquista una nuova licenza con un nuovo numero “Medicare”, trasferisce là i suoi pazienti e ricomincia a rastrellare altri soldi pubblici. I direttori di due hospice non profit hanno detto a ProPublica che avevano accettato pazienti che stavano fuggendo da questi nuovi fornitori perché non vedevano un’infermiera da settimane e nessuno rispondeva loro al telefono.
Ma non è finita qui. Gli operatori di hospice più strutturati assumono addirittura i migliori rappresentanti di vendita per convincere pazienti sani ma emotivamente vulnerabili che le loro vite sono troppo difficili per continuare le cure mediche. Inoltre, gli ospedali spesso “resuscitano” pazienti in fin di vita con ordini di non rianimazione, abbastanza a lungo da ammetterli ai programmi di hospice, solo per togliere le morti ‘dai loro registri’. Infine, denuncia The American Prospect, i fornitori di hospice più spregiudicati attirano i pazienti con la promessa di potenti narcotici e molti sono noti per usarli per “finire il lavoro” se si stanno avvicinando al limite massimo di rimborso perché, dal momento che le autopsie non vengono eseguite sui pazienti in cura domiciliare, la possibilità di essere scoperti per averne ucciso qualcuno è estremamente remota.
Oggi quasi la metà degli americani di età superiore ai 65 anni che muore ogni anno ê iscritta a programmi i cui team di vendita sono incentivati a vendere a persone sane i vantaggi di morire prima. Il Cms ha lanciato la sua “soluzione” al problema delle frodi con un programma pilota sviluppato in collaborazione con l’assicuratore e fornitore di hospice Humana, basato sul sistema “Medicare Advantage“. Il programma, già esteso fino al 2030, sostituisce la vecchia formula di rimborso giornaliero con un pagamento forfettario per ogni paziente “Medicare” che muore, estendendolo anche ai malati terminali di cancro di qualsiasi età. I piani “Medicare Advantage” privano però i pazienti delle cure mediche necessarie ma costose, respingendo il 13% delle richieste dei pazienti che sarebbero invece autorizzate dal “Medicare” tradizionale e il programma pilota sembra servire in realtà soprattutto per rafforzare il modello di business della riduzione dei costi dell’assistenza, premiando gli assicuratori con un bonus 32.000 dollari per aver convinto un paziente a rinunciare del tutto a trattamenti cari (ad esempio la chemio) a favore di “cure palliative”. “Questo approccio, che molti temono possa essere l’ondata del futuro”, scrivono Eileen Appelbaum and Rosemary Batt, autrici del rapporto Depredando i morenti: il private equity si arricchisce con le cure ospedaliere “è un serio passo indietro”.
Per la cronaca: Medicare ha erogato 22,4 miliardi di dollari per pagare i fornitori di hospice nel 2022, il doppio del 2010. “Sono numeri che evidenziano come l’assistenza alla morte sia, per ora, probabilmente la truffa più redditizia in corso negli Stati Uniti visto che i corrieri possono portare gli antidolorifici a casa dei malati una volta al mese, o non portarli affatto” denuncia The American Prospect.
Credit foto: Jernej Furman
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