Politica

Usa: Hillary a Seattle strizza l’occhio ad aziende e ambientalisti

In vista del voto di sabato, la Clinton spinge su economia e ambiente. Oggi è il turno di Barack Obama che proverà a rovesciare le previsioni

di Alessandra Marseglia

La campagna per le primarie è iniziata già da un mese e, solo due giorni fa, la maratona del SuperTuesday ha messo a dura prova nervi e resistenza dei canditati. Ma la corsa verso la nomination è ancora lunga soprattutto per i due sfidanti Democratici (visto che i Republicani sembrano convergere su McCain), ai quali il SuperTuesday è servito solo a capire una cosa: la battaglia sarà fino all?ultimo voto.

E così, in vista del voto previsto sabato 9 febbraio nello Stato di Washington, Hillary Clinton e Barack Obama fanno tappa a Seattle. L?ex first lady atterra nell? ?emerald city? giovedì sera; dal Puget Sound tira un vento che taglia la faccia, ma una folla festosa e colorata non si lascia comunque scappare l?incontro con Hillary. Sono tanti, 5 mila dicono gli organizzatori, molte famiglie al completo, ragazzi in gruppo, ma anche anziani.

Il pubblico è a maggioranza femminile, si riconosce anche ad occhio nudo; d?altronde, per tradizione lo stato di Washington vota democratico e vota donna, fanno notare dall?organizzazione. L?esempio più illuminante è l?attuale governatrice liberal, Chirs Gregoire, che però, a onor di cronaca, per le primarie ha deciso di non schierarsi né con Hillary né con Obama.

I più previdenti si guadagnano le prime file, molti accettano di rimanere ad ascoltare anche se non riescono a vedere il minuscolo palco; altri rimangono fuori e non riescono ad entrare. L?attesa è lunga, la Clinton ha un?ora e mezza di ritardo e non arriverà prima delle 21.30, ma la gente attende senza spazientirsi, in piedi, sventolando senza sosta i cartelli blu forniti dall?organizzazione, ma anche qualcheduno artigianale. Il più simpatico è anche quello meno politically correct che recita ?Vote for mamma, non for Obamma?.

Poi, l?ingresso di Hillary, annunciato da due congressmen locali; la folla applaude, lei ringrazia e parte spedita con uno speech di poco meno di un?ora che attraversa tutti i temi della sua campagna elettorale.

L?ordine degli argomenti non è casuale. Si parte dell?ambiente: Washington non a caso è anche chiamato il green State per la splendida natura e per la diffusa cultura della tutela dell?ambiente; il global warming qui è un tema molto sentito al punto che per mesi l?opinione pubblica locale ha espresso il desiderio di vedere alla Casa Bianca il suo paladino, Al Gore.

Con il tema dell?universal health care, la Clinton si guadagna molti applausi e infatti, da un breve sondaggio sui presenti, questo è tra i tempi più apprezzati dalla platea; ma a garantirle il sostegno c?è anche la fine della guerra in Iraq e gli attacchi diretti all?amministrazione Bush. Nei confronti di Obama una frecciata proprio sulla sanità (?Da democratico non può rinunciare all?obiettivo della sanità per tutti?) e un tentativo di imitazione. ?Voglio unificare il Paese ? dice timidamente Hillary – Insieme possiamo farcela? che in inglese suona appunto, ?We can?, come il celebre slogan del suo rivale.

Ma lo Stato di Washington è soprattutto una grossa roccaforte economica. Hillary non lo dimentica e, foglietto alla mano, passa ad elencare le aziende che ?fanno qualcosa per migliorare la nostra vita?. Naturalmente non tralascia la Boeing, che alla periferia di Seattle ha il suo headquarter, sostenendo che ?dobbiamo incentivare il loro lavoro?, ma omettendo, a dire il vero, che si tratta anche del secondo più grosso contraente militare degli Stati Uniti. La Clinton non dimentica nessuno, tanto meno la Microsoft, di casa a pochi km da Seattle, sebbene non sia ancora riuscita a conquistarsi l?endorsement di un Bill altrettanto importante quanto suo marito: Bill Gates, naturalmente.

La senatrice di New York dev?essere stata avvisata: nello Stato di Washington poche chiacchiere, molta concretezza. Qui la tradizione vuole così. Nelle primarie del 2004, ricordano le cronache locali, John Kerry, milionario ed ex combattente di guerra, un profilo decisamente poco da democratico DOC, vinse di misura sul visionario Howard Dean, che pure aveva un gruppo entusiasta e nutrito di sostenitori.

La palla domattina passa ad Obama. A lui toccherà rovesciare la tradizione di voto dello stato di Washington, che sulla carta, per ora è tutta a favore della Clinton.

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