Mondo

Usa: falchi e colombe nell’entourage di Bush

Interessanti rivelazioni del New York Times: Powell è il più moderato

di Gabriella Meroni

La discussione sull’ampiezza ed i tempi della rappresaglia degli Stati Uniti -e soprattutto sul fatto se debba essere incluso l’Iraq nella lista dei target- sta dividendo lo staff dei consiglieri piu’ stretti di George Bush fra falchi e colombe. Lo rivela il ”New York Times”, citando fonti interne all’amministrazione, spiegando che il partito dei falchi e’ guidato dal vice segretario della Difesa Paul Wolfowitz, e quello delle colombe dal segretario di Stato Colin Powell, riproponendo quindi uno scenario ormai noto dell’amministrazione. Accanto al vice di Donald Rumsfeld, c’e’ Lewis Libby, il capo dello staff del vice presidente Dick Cheney, che spingono per la piu’ ”rapida e massiccia campagna militare non solo contro la rete di Osama bin Laden in Afghanistan, ma anche contro le altre sospette basi dei terroristi in Iraq e nella regione di Bekaa nel Libano”. Sul fronte opposto, Powell che, durante le riunioni dello scorso weekend a Camp David, ha esortato Bush alla pazienza, a preparare scrupolosamente lo scenario diplomatico per l’azione militare, prima in Afghanistan, consultandosi con gli alleati e salvaguardando la legittimita’ delle azioni americane rispetto al diritto internazionale. ”Non possiamo risolvere tutto con un colpo” ha spiegato un funzionario vicino a Powell. All’approccio diplomatico si oppone Wolfowitz che qualcuno a Washington descrive come ”piu’ preoccupato di bombardare l’Iraq che l’Afghanistan”. Lo spirito insomma sembra quello di concludere il lavoro interrotto nel 1991 -quasi tutti i membri dell’attuale amministrazione avevano un ruolo in quella di Bush padre – includere l’Iraq nella lista dei target con il chiaro scopo di rovesciare il governo di Saddam Hussein. Da ieri a Washington circola negli ambienti piu’ conservatori una lettera in cui si chiede al presidente di ”assumere un preciso impegno per rovesciare Saddam” anche se questi non puo’ essere direttamente collegato agli attacchi di New York e Washington. Mentre Powell, che guido’ da capo degli Stati Maggiori Riuniti la guerra del Golfo, continua a mettere in guardia da un attacco contro l’Iraq: e’ cresciuta infatti la simpatia nel Medio Oriente per la popolazione irachena che da 10 soffre le conseguenze dell’embargo. Un attacco potrebbe mettere a rischio il lavoro diplomatico che si sta facendo di costruire la piu’ ampia possibile coalizione intorno agli Stati Uniti. Le bombe su Baghdad ”distruggerebbero’ la coalizione avrebbe detto Powell durante un’animata discussione con Wolfowitz il quale qualche giorno fa ha pubblicamente parlato di ”mettere fine” agli stati che sostengono il terrorismo. Provocando una seccata reazione di Powell: ”noi vogliamo mettere fine al terrorismo, e se ci sono stati, regimi e nazioni che sostengono il terrorismo, noi speriamo di persuaderli che e’ nel loro interesse fermarlo. Ma credo che io mi fermerei a ‘mettere fine al terrorismo’ e lascerei Mr Wolfowitz parlare a titolo personale”.


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