Cultura
USA: Allo scoperto il movimento anti-guerra
Il dissenso prende (finalmente) corpo e voce - dalle strade al web alla radio
SANTA FE (USA) – Not In Our Name. Questo lo slogan che ha accomunato domenica scorsa decine di migliaia persone scese in piazza a “protestare per la pace,” come recitava qualche cartello. Le prime cifre parlano di 25.000 presenze a Central Park, New York City, 12.000 a Union Square, cuore di San Francisco, 10.000 a Los Angeles e Seattle. Più alcune migliaia sparse in un buon numero di città minori, da Honolulu, Hawaii a Gainesville, Florida. Scenario che, per la prima volta dopo l’11 settembre 2001, ha finalmente portato allo scoperto il dissenso – tanto strisciante quanto assai diffuso a livello popolare – chiaramente in atto contro le follie belligeranti di Bush. Eppure, nonostante i numeri e la portata di tali manifestazioni, l’informazione non passa. Ancora un volta le agenzie-stampa liquidano il tutto con brevi trafiletti, nel migliore dei casi, oppure con il solito silenzio di piombo. Come ignorate rimangono le decise opposizioni alla linea-Bush di svariati Paesi, nonchè le ancor più corpose manifestazioni europee dei giorni scorsi. D’altronde una simile censura sottile ma pervicace è la stessa con cui viene accolta, storicamente, ogni voce non-allineata all’interno di questo ribollire sociopolitico sempre più ambiguo e traballante rappresentato dalla democrazia made-in-USA. In che modo si esprime l’Altra America, allora, in simili frangenti? Intanto, grazie al tam-tam elettronico, con una miriade di siti prontamente attivati e aggiornati a sostegno delle varie iniziative in corso.
Accanto alle testate ormai storiche (Alternet, The Nation) stavolta il variegato arcobaleno di gruppi e individui organizzatosi sotto Not In Our Name, http://www.notinourname.net, appunto, rimane fulcro e riferimento per le proteste in piazza di questi giorni e del prossimo futuro. Insime al puntuale lavoro di documentazione (tuttora in atto) sulle proteste a livello locale, c’è da scommettere che i numerosi soggetti coinvolti nel sito produrranno ulteriori uscite pubbliche al più presto. Come pure va accadendo, tra gli altri, in ambiti quali Moveon.org http://www.moveon.org/infoiraq.html, entità liberal nata all’indomani degli scandali presidenziali dell’era Clinton e da allora impegnata in un’incessante opera di lobby a livello parlamentare, sollecitando altresì i semplici cittadini ad inviare fax ed email di protesta al Congresso. E’ successo ad esempio per i brogli elettorali in Florida nelle presidenziali 2000, mentre in queste settimane il gruppo ha tempestato i parlamentari con oltre 40.000 telefonate in opposizione al (possibile) attacco all’Iraq. Altro bastione dell’informazione alternativa, più che mai nello scenario attuale, rimane l’appuntamento radiofonico quotidiano in FM Democracy Now!, ricchissimo di materiale originale e senza filtri sul dissenso motivato, genuino, costruttivo. Pur contando sul numero limitato di emittenti legate a Pacifica Network ed altre indipendenti, la trasmissione, condotta con estrema bravura e professionalità da Amy Goodman, è divenuta passaggio insostituibile per ogni voce dell’Altra America. Oltre che spesso riferimento obbligato anche per i media mainstream, più volte pescati con le mani nel sacco a riprendere o criticare quanto diffuso in quell’ambito. Per rendersi conto dell’importanza di questo piccolo-grande megafono, è sufficiente seguire i contenuti aggiornati ogni giorno sul web, ascoltando soprattutto gli annessi file audio http://www.webactive.com/pacifica/demnow.html.
In questi giorni, soprattutto le voci quanto hanno dato vita alla manifestazione di New York City nonchè quelle di semplici cittadini di ogni parte degli Stati Uniti che, chiamando la segretaria telefonica della trasmissione, illustrano con parole proprie l’opposizione contro la belligerante amministrazione Bush – voci immesse tali e quali nell’etere radiofonico (oltre che online). A riprova di come, in buona sostanza, il futuro di tale opposizione sia e vada affidato proprio alla gente della strada, alla maggioranza silenziosa stufa di stare zitta, di subire un martellanto mediatico pro-guerra privo di fondamento. E’ forse un caso che, ad esempio, ogni giorno agli angoli dell’antica Plaza di Santa Fe, New Mexico, giovani ed anziani tengono un picchetto pacifista? E che quando parli individualmente con amici o sconosciuti nessuno, ma proprio nessuno, riesce a definirsi chiaramente pro-guerra?
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