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Urgono chiarimenti per Riforma Terzo settore, il ministero che fa?

Nonostante siano stati approvati da qualche mese i decreti corretti sia del codice del terzo settore che dell’impresa sociale, non è stata fornita alcuna indicazione operativa che possa mettere in condizione gli Enti del terzo settore di operare correttamente. Un provvisorio elenco dei nodi da chiarire

di Giulio D'Imperio

Nonostante siano stati approvati da qualche mese i decreti corretti sia del codice del terzo settore che dell’impresa sociale, non è stata fornita alcuna indicazione operativa che possa mettere in condizione gli Enti del terzo settore di operare correttamente.

Iniziando ad esaminare quanto previsto nell’ambito della impresa sociale nessuna indicazione è stata fornita in merito al coinvolgimento dei lavoratori, per cui si è ancora in attesa della apposite linee guida che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali deve emanare tramite un proprio decreto, previo confronto con il Consiglio nazionale del Terzo settore. Interessante sarebbe anche chiarire cosa si intende per “ruolo complementare e non sostitutivo dei volontari” che operano all’interno di una impresa sociale, così come stabilito dall’articolo 5 del Decreto legislativo n.95 del 20 luglio 2018, ed i casi in cui è possibile far svolgere ai volontari un ruolo complementare rispetto a quello svolto dai dipendenti, in modo da non far incorrere in errori coloro che operano nell’ambito di una impresa sociale. Inoltre non essendoci un contratto collettivo per le imprese sociali, diventerebbe importante indicare a quale contratto fare riferimento per valutare il trattamento economico e normativo che non deve risultare inferiore a quanto disposto dalla contrattazione collettiva, e le eventuali differenze retributive esistenti tra i dipendenti di una impresa sociale, calcolate sugli importi retributivi lordi, non devono risultare superiori al rapporto uno ad otto.

Necessita di un chiarimento operativo il caso previsto dall’articolo 2 del decreto correttivo dell’impresa sociale che prevede la perdita del requisito di lavoratore molto svantaggiato dopo che siano trascorsi ventiquattro mesi dalla data di assunzione. Ad esempio sarebbe opportuno chiarire se i ventiquattro mesi devono essere cumulativi e svolti presso un’unica impresa sociale o se, ad esempio, devono essere computati sommando eventuali assunzioni dirette e quelle in somministrazione con la stessa impresa sociale. Inoltre sarebbe opportuno precisare se la perdita del requisito di “lavoratore molto svantaggiato” la si perde solo considerando i periodi svolti presso una sola impresa sociale o sommando i periodi di lavoro svolti senza interruzione, o con periodi di intervallo, presso differenti imprese sociali.

Occorre anche chiarire se una volta perso il requisito di lavoratore molto svantaggiato, l’impresa sociale è tenuta a rimpiazzare tale lavoratore con un altro molto svantaggiato ed entro quale arco temporale.

Passando ad esaminare il codice del terzo settore il primo chiarimento che sarebbe opportuno fornire è quello riferito all’articolo 17 comma 6-bis del decreto correttivo, che offre ai lavoratori dipendenti di beneficiare di forme flessibili di orario di lavoro oppure di turnazioni disciplinate dalla contrattazione applicata o da eventuali accordi sottoscritti.

Importante sarebbe chiarire quanto riportato all’articolo 36 del decreto legislativo 117/2017 spiegando con degli esempi cosa si intende per “prestazione indispensabile” ed “attività di interesse generale” per cui una APS può avvalersi di lavoratoti autonomi o subordinati per raggiungere la propria finalità.

Altro aspetto importante dovrebbe essere quello di indicare cosa si intende con la locuzione “in maniera del tutto occasionale coadiuva gli organi sociali nello svolgimento delle proprie funzioni” situazione che permette di non far rientrare tra i volontari, la persona che opera in questo modo. Inoltre chiarire i casi particolari riferiti ai volontari (esempio operatori volontari del servizio civile universale, il personale impiegato all’estero come volontario, nello svolgimento di attività di cooperazione internazionale allo sviluppo, e gli operatori che svolgono l’attività di soccorso alpino, svolgono la loro attività di soccorso per le organizzazioni identificate dall’articolo 76 della legge provinciale n.7 del 5 marzo 2001 della Provincia autonoma di Bolzano e per le organizzazioni identificate anche dall’articolo 55-bis della legge provinciale n.23 del 19 luglio 1990 della Provincia autonoma di Trento).

Infine andrebbero chiarite al più presto le modalità applicative dell’articolo 19 comma 2 del decreto legislativo n.117 del 3 luglio 2017 che prevede, per chi decide di svolgere attività di volontariato, il riconoscimento delle competenze acquisite a seguito dello svolgimento di tale attività. Occorre che il ministero del lavoro e delle politiche sociali emani al più presto l’apposito decreto con cui devono essere stabiliti i criteri che permettano di riconoscere, sia in ambito lavorativo che scolastico, le competenze acquisite dal volontario nello svolgimento della propria attività. Ritengo importante l’emanazione di questo decreto in quanto, a seguito di questi chiarimenti, molti giovani potrebbero essere invogliati ad avvicinarsi al mondo della solidarietà e del volontariato, considerando la possibilità di poter valorizzare tale esperienza al fine di essere facilitato, rispetto ad altri soggetti, nel cercare una occupazione.

Nella foto il sottosegretario al welfare Claudio Durignon

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