Non profit
Un’occasione per rompere il guscio
Che cosa ci aspettiamo dal Festival? Parlano quattro fundraiser iscritti
di Redazione

«Una volta il nostro mestiere era vissuto in solitudine. Il fatto di stare tre giorni insieme è già un fattore di ricchezza»
Fundraiser d’Italia unitevi. Anche quest’anno il Festival ha fatto registrare il tutto esaurito. Ma perché i procacciatori di fondi non si perdono questo appuntamento?
«È dal primo anno che partecipo e quest’anno sarò anche relatrice. Gli aspetti che più mi interessano sono il benchmarking e il networking. Al Festival c’è la grande possibilità di condividere informazioni ed esperienze», racconta Joanna Fumagalli, corporate fundraiser di Amref – African Medical and Research Foundation. «Da questo confronto tra colleghi spesso nascono anche tavoli tematici e progetti comuni. L’anno scorso abbiamo lavorato sul 5 per mille, quest’anno certamente verrà affrontato il discorso delle tariffe postali». Anche Paolo Ferrero, fundraiser di Terre des Hommes, è ormai un “veterano” della manifestazione e non intende fermarsi: «Per quanto io sia un “senior” continuo a partecipare perché è una grande occasione di socializzazione per chi fa questa professione. Quando ho iniziato, il nostro era un mestiere residuale in cui si viveva una forte solitudine professionale all’interno delle organizzazioni. Castrocaro sopperisce alla mancanza e va in aiuto alle nuove leve».
Se per i professionisti è un momento più che altro di aggregazione e aggiornamento, per i nuovi, i cosiddetti “junior”, l’occasione è invece formativa. «Oggi lavoro al Teatro Comunale di Bologna come supporto all’ufficio marketing nelle strategie di raccolta fondi», racconta Tania Cefis, 27 anni, uscita dal master in Fundraising di Forlì. «Per me il Festival è stato il modo di mettere alla prova e approfondire le mie conoscenze. Se il master è teoria, la tre giorni è la pratica».
Nell’immaginario collettivo la raccolta fondi è sempre legata al terzo settore, «a Castrocaro invece lo si affronta a 360 gradi», aggiunge la Cefis, «ne vengono affrontati tutti gli ambiti, da quello in campo culturale a quello medico». Certo, «sarebbe importante cercare di internazionalizzare maggiormente l’evento e rendere le conferenze più tecniche e specifiche», puntualizza Renato Meo, anche lui uscito dal master di Forlì ma che ha intrapreso la strada amministrativa in Amref. Meo parteciperà in veste di volontario perché «è una bella occasione da non perdere. E in questo modo non pago il prezzo pieno…».
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