Non profit

Uno spiraglio per le odv

Alla Camera approvato un ordine del giorno sulla modifica dell'art.30 del DL 185/08

di Redazione

Si apre uno spiraglio per le grandi associazioni di volontariato che lo scorso gennaio dovettero incassare l’approvazione del decreto legge 185/08, allora ribattezzato, con poca fantasia, decreto anticrisi. La Camera ha infatti approvato un ordine del giorno che impegna il governo a valutare l’opportunità di modifiche sull’articolo 30 comma 5 di quella norma che ha privato della qualifica di onlus «le associazioni di volontariato che svolgono attività commerciali e produttive fuori dal concetto di marginalità», come spiega l’esperto fiscale delle Misericordie, Mario Di Bella. Il concetto di marginalità è definito dal dm del 25 maggio 1995 che stabilisce che le odv dovrebbero svolgere attività commerciali, pur quantitativamente limitate, senza alcuno strumento imprenditoriale.
Il senso di questa norma lo spiega l’esperto di Vita, Carlo Mazzini: «Quando fu creato il profilo del volontariato, gli si volle dare il massimo delle agevolazioni fiscali prevedendo che, oltre a chiedere donazioni, quote sociali e convenzioni, potesse realizzare attività commerciali solo se queste non fossero causa di pratiche di concorrenza sleale». Senonché, sotto la scure del decreto 185 sono finite onoranze funebri, poliambulatori, assistenze socio-sanitarie o case di riposo gestiti da storici colossi come, per esempio, le Pubbliche assistenze e le stesse Misericordie. Da qui la necessità di porre rimedio a una norma che, per usare le parole di Mazzini, «può penalizzare pesantemente il non profit».
L’odg approvato in Parlamento è dunque solo un primo piccolo passo. Anche perché, nota Mazzini, «chiunque intenda modificare il senso delle norma di cui all’art. 30, comma 5 deve modificare il dm 25 maggio 1995, la l. 266/91 (art. 8, c. 5) e la direttiva europea 06/112»; insomma, si tratterebbe di uno «sforzo titanico». Ma, evidentemente, le grandi imprese non scoraggiano le Misericordie.
Ancora Di Bella: «Noi proponiamo che se un’associazione avesse attività commerciali non marginali, ma comunque non prevalenti rispetto a quelle istituzionali, quindi sempre sotto il 50%, avrebbe pagato interamente le tasse solo su quella parte». In altri termini, «a fianco di un’attività istituzionale prevalente» si configurerebbero altri due tipi di attività, «una commerciale marginale decommercializzata e un’attività commerciale non marginale e non prevalente soggetta a tassazione ordinaria».

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