Cultura
Uno slogan per Assisi: Seguire lOnu per battere il terrorisno
Le Acli alla Perugia-Assisi: no alla resa della volontà e dellintelligenza e sì allo sradicamento del terrorismo e alla costruzione della pace.
di Luigi Bobba
C?è una nuova coscienza che sta nascendo dopo l?11 settembre e che segna uno spartiacque nella visione del futuro: nessuno, persona, gruppo, partito, nazione o civiltà può chiamarsi fuori o ritenersi superiore; siamo tutti ?dentro? e tutti coinvolti in un unico destino.
I movimenti della pace, chi è stato partecipe degli avvenimenti prima e dopo il G8, coloro che saranno domenica 14 ottobre alla Perugia-Assisi, non possono sottrarsi alla lezione drammatica dell?attacco alle Torri gemelle. Non serve un pacifismo inetto o equivoco: è tempo di chiarezza e di responsabilità, di fermezza e di mitezza.
Le Acli saranno alla Perugia-Assisi per dire due no e due sì. Un no alla resa della volontà e dell?intelligenza. Un sì allo sradicamento del terrorismo e alla costruzione della pace.
Dopo l?orrore dell?11 settembre, molti vorrebbero che i movimenti e le associazioni tornassero a casa e lasciassero la parola agli specialisti, ai militari e ai capi di Stato. No, non torniamo a casa. È vero che il mondo si è fatto più insicuro, ma non è un buon motivo per rinchiuderci nei nostri privilegi e nelle nostre illusorie sicurezze.
Un secondo no è alla resa dell?intelligenza. Ad inseguire le parole e i commenti dopo l?11 settembre, potrebbe farsi strada l?idea che la guerra sia inevitabile, che c?è uno scontro tra il bene e il male, che la ragione e la compassione vadano messe da parte per lasciare spazio alla forza e alla vendetta. Non è così. Non ci accoderemo mai a slogan scellerati tipo ?né con Bush né con Bin Laden?, ma ugualmente facciamo appello alla forza non delle armi, ma del diritto. Non c?è nessuna guerra che metterà fine a tutte le guerre. Solo la pace può essere la via maestra per un mondo più giusto. Occorre osare la pace.
Saremo ad Assisi per dire due sì impegnativi. Sradicare il terrorismo non può non essere un obiettivo dei movimenti della società civile. Perché tutti i terrorismi fanno del male alla società civile, ai cittadini inermi. Sradicare il terrorismo è una responsabilità di tutta la comunità internazionale. Non solo degli americani, che pure sono stati così orrendamente colpiti. Le Nazioni unite sono il soggetto primario di questo combattimento: tutti i mezzi, specialmente quelli politici e finanziari, vanno adoperati per evitare che altri crimini contro l?umanità vengano commessi. Le Nazioni unite (e non un singolo Stato o un gruppo di Stati)ß devono fare giustizia, ricorrendo se necessario all?uso della forza per catturare chi ha addestrato, guidato e protetto gli attentatori suicidi dell?11 settembre. Suscita inquietudine l?azione militare anglo-americana. Perché interrompe un percorso delineato all?interno del Consiglio di sicurezza dell?Onu e rischia di alimentare una crociata antiamericana e provocare vittime tra le popolazioni afghane.
Infine, il sì più impegnativo: costruire la pace. In un tempo segnato da venti di guerra, potrebbe sembrare una parola quasi fuori luogo, una parola di chi non vuole attraversare i drammi e i conflitti della storia del nostro tempo.
La nuova coscienza dell?11 settembre spinge i movimenti no global a diventare rapidamente new global. Una globalizzazione diversa è possibile: e la pace è la via maestra per realizzarla. Senza pace non ci sarà un mondo dove cibo, acqua, lavoro siano assicurati a tutti. Senza pace non potremo ritrovare il filo del dialogo e del rispetto tra le diverse culture, civiltà e religioni.
Tutto oggi ci è più chiaro: il velo si è squarciato. Il mondo si scopre sempre più interdipendente. I temi e le preoccupazioni dei movimenti della società civile irrompono nell?agenda della politica, nelle stanze delle istituzioni. Il mercato non è più considerato l?unica strada per costruire benessere. Ritorna prepotente una domanda, un bisogno di politica ovvero una regolazione della convivenza orientata a includere, non a escludere, a risolvere i conflitti anziché ad alimentarli, e a promuovere il rispetto di ogni uomo e di ogni donna.
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