Federazione Alzheimer Italia

Uno scudo contro le demenze? Facile: sport e alimentazione

La soluzione per ridurre il più possibile il rischio di andare incontro a declino cognitivo e demenze neurodegenerative e vascolari è adottare corretti stili di vita, come l'attività fisica. Parola di geriatra:«Siamo abituati a occuparci delle cose urgenti, è ora di pensare a quelle importanti»

di Nicla Panciera

Fino al 40% dei casi di demenza previsti a livello globale entro il 2050 potrebbero essere ritardati o addirittura evitati intervenendo sui principali fattori di rischio. Lo sostiene una Commissione Lancet pubblicata nel 2020, che ne individua dodici: bassa istruzione, ipertensione, problemi di udito, fumo, obesità di mezza età, depressione, inattività fisica, diabete, isolamento sociale, consumo eccessivo di alcol, traumi cranici e inquinamento atmosferico. «Parliamo di cifre vertiginose, dal momento che le persone con demenza in Italia si ritiene possano arrivare a 2.300.000 nel 2025 e quindi agire sulla prevenzione consentirebbe di evitarne 900mila» ha spiegato Antonio Guaita geriatra e direttore della Fondazione Golgi Cenci, che proprio sulle efficaci misure di prevenzione della neurodegenerazione ha tenuto un webinar aperto a tutti per la Federazione Italiana Alzheimer dal titolo “La riduzione del rischio per Alzheimer e altre demenze: che cosa ci dicono i dati della ricerca scientifica”.

Antonio Guaita geriatra e direttore della Fondazione Golgi Cenci 

Facendo attività fisica, alziamo l’inclinazione della traiettoria della nostra vita e riduciamo così di un terzo la probabilità di incontrare una demenza, come mostra uno studio che raccomanda l’attività fisica a tutte le persone sane. Secondo le linee guida “Risk reduction of cognitive decline and dementia” pubblicate dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) del 2019 l’attività fisica è da praticare da parte di tutti gli adulti sani e con decadimento cognitivo lieve per il suo effetto protettivo nei confronti dello sviluppo (o peggioramento) di declino cognitivo, demenza, demenza vascolare e Alzheimer. «Sono raccomandazioni forti e positive» commenta il geriatra. Dopotutto, «gli studi mostrano che praticare attività fisica porta a una riduzione del rischio di demenza del 28% e di Alzheimer del 45%» ricorda il geriatra. Simili risultati anche in un lavoro britannico su soggetti della Uk Biobank, studiati fino a dieci anni. Risultati sorprendenti e anche piuttosto rapidi. Come puntualizza Guaita, «è chiaramente meglio essere attivi da sempre, ma alcuni studi svedesi mostrano chiaramente i benefici dell’attività fisica anche quando viene praticata a partire dai 75 anni in poi. Insomma, è un effetto potente, nessun farmaco che mai venisse approvato avrà una simile azione di efficacia, ma ci ostiniamo a fingere di non sapere forse perché essendo una soluzione economica sembra avere scarsa autorevolezza scientifica? O, piuttosto, perché a differenza di una pillola o di un’iniezione, questa soluzione richiede sforzo e impegno quotidiano». Sarebbe dunque auspicabile che venissero presto rese prescrivibili dai medici in ricetta, esattamente come le altre terapie, dice il geriatra riprendendo un’idea regolarmente riproposta per convincere le persone a muoversi.

In generale, tutto quello che si svolge nel tempo libero per svago, siano attività fisiche, cognitive o sociali, «tutto ciò che favorisce e alimenta le nostre relazioni con l’ambiente, contribuisce a ridurre il rischio di demenza» dice il geriatra «Leggere, suonare, danzare, dedicarsi ai giochi da tavolo, va tutto bene».

Infine, ai dodici fattori di rischio detti, c’è da aggiungere la nutrizione: «Per quanto riguarda l’alimentazione non è stato possibile stabilire, come ha fatto la Lancet Commission per quei 12 fattori, la percentuale di rischio attribuibile singolarmente a questo aspetto. Esistono tuttavia linee guida, come quelle dell’Oms, basate su solidi studi che indicano quale tipo di dieta seguire per ridurre al massimo il rischio di sviluppare demenza. Tra queste c’è la dieta mediterranea, associata a un ridotto rischio di demenza e a benefici cognitivi». conclude Guaita, che ci ammonisce: «Siamo abituati a occuparci delle cose urgenti, è ora di pensare a quelle importanti». Come la prevenzione.

Il prossimo appuntamento sarà lunedì 25 marzo quando Francesca Arosio, psicologa e consulente della Federazione Alzheimer, fornirà consigli utili per gestire la relazione dei più piccoli con la demenza nell’intervento intitolato “Perché il nonno mi fa sempre le stesse domande? L’Alzheimer spiegato ai bambini”. Per partecipare è necessario iscriversi compilando il form disponibile al link bit.ly/webinarAlzheimer2024

Foto di Lucas van Oort su Unsplash

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