Cultura
Uno scandalo al giorno
La beffa delle chiavi consegnate e poi ritirate. E così i terremotati decidono di fare da soli
Arrivano i primi container nelle zone terremotate, ed è subito festa. Ma solo per le troupe dei tiggì nazionali che, diligenti, riprendono la consegna delle chiavi. Omettendo di dire che è tutta una farsa: le chiavi servono solo per le foto, poi gli sfollati devono restituirle. Ad oltre quaranta giorni dal terremoto del 26 settembre, le persone che hanno ricevuto un tetto per ripararsi dal freddo e dalla neve sono poche decine. Mentre le cose sarebbero potute (e dovute) andare ben diversamente. Il sottosegretario Franco Barberi ha dichiarato che entro Natale tutti i terremotati avranno il loro modulo abitativo, e a chi gli contestava che questa affermazione suona come una presa in giro di chi ha visto crollare la propria casa quando ancora splendeva il sole dell?estate, ha ribattuto: «La colpa non è della Protezione civile, ma dei sindaci, che hanno affidato i lavori di preparazione dei campi a ditte inefficienti. I container ci sono, dateci il tempo di piazzarli». Ma è proprio così? E si tratta poi solo di ?piazzarli?, questi container?
Non proprio. La storia dei 130 moduli abitativi scoperti dal Gabibbo a Pizzighettone è solo la prima puntata di una tragicomica telenovela di cui non si intravede il finale. I 130 moduli Copifer progettati e brevettati dalla Costamasnaga di Lecco, spostati in tutta fretta verso il Centro Italia con camion arrivati da Benevento avrebbero potuto ospitare un villaggio di 1200 persone. Subito, senza bisogno di attrezzare nessun campo con allacciamenti fognari ed elettrici. «I nostri moduli sono completamente autonomi» spiega il dottor Pietro Righetto della Costamasnaga. «Sono dotati di gruppo elettrogeno, deposito per spurghi da 500 litri, riscaldamento centralizzato. Senza contare che valgono molto più di quelli ?normali?, che stanno consegnando ai terremotati: 55 milioni l?uno contro i 20 scarsi degli altri». Ora, questi gioielli della tecnologia italiana si trovano ammassati in un campo a Falconara, vicino ad Ancona. Eppure per metterli là dove servono non occorre chissà quale preparazione. «Quando vedo in televisione la gente che trema dal freddo e le tende rovesciate, penso ai nostri moduli abbandonati a Falconara e provo una rabbia incontrollabile» prosegue Righetto, che evidenzia anche come la Protezione civile abbia rifiutato in passato la proposta della Costamasnaga di provvedere alla manutenzione dei moduli in modo da mantenerli efficienti per le emergenze (pronti a partire a 4 ore dall?allarme). Come poi sia stata eseguita la manutenzione, ce lo ha mostrato sempre il Gabibbo. Basti dire che il modulo-farmacia conteneva medicinali ormai scaduti da anni. Non solo: i moduli originariamente consegnati alla Protezione civile dalla ditta lecchese erano 195, mentre a Falconara (e prima a Pizzighettone) ne sono stoccati 130. Che fine hanno fatto gli altri? La risposta a queste e ad altre domande, forse, arriverà dalla Corte dei Conti, che ha aperto un?inchiesta sul cattivo utilizzo del denaro pubblico.
Tranquilli, continua a dire Barberi. Servono, è vero, 4000 moduli abitativi, ed è altrettanto vero che nel territorio dell?Umbria (dove?) ce ne sono solo 900, sempre stando alle dichiarazioni ufficiali. Ma gli altri stanno per arrivare: 1100 da magazzini sparsi per l?Italia, gli altri 2000 nuovi di zecca direttamente dalle ditte produttrici. La Protezione civile ha infatti indetto una gara d?appalto, svoltasi il 13 ottobre e vinta da 8 aziende, che dovranno fornire 2000 moduli entro metà novembre. Realistico? «Non tanto», dice Pietro Vallarino della Fae, una ditta specializzata di Alessandria che tra l?altro ha fornito il modulo abitativo che un nostro abbonato ha donato a una famiglia di Nocera Umbra. «Per far fronte alle commesse statali le aziende dovranno produrre al ritmo di 8-9 moduli al giorno, festivi compresi. Ho i miei dubbi che riusciranno a consegnare in tempo…». Ma anche ammesso che ci riescano, c?è sempre il problema di attrezzare campi sufficienti per 4000 famiglie. «Teoricamente è vero», prosegue Vallarino, «i moduli richiesti dal bando di gara hanno bisogno di collegamenti per acqua, luce e fogne, ma se si è in emergenza si possono posare anche così come sono ed eseguire i lavori in un secondo tempo. Noi, ad esempio a Torino, abbiamo ospitato per due mesi in 23 moduli 100 concorrenti dei ?Giochi senza frontiere?, senza alcun collegamento. A mali estremi…» Intanto, l?offerta dei volontari delle Misericordie di affiancarsi agli operai che sistemano i campi per container è rimasta senza risposta. Perché?
Tranquilli, non si stanca di ripetere Barberi. Ma ormai i terremotati non gli credono più. E prendono d?assalto i centralini delle aziende produttrici di container per ordinare la loro nuova ?casa? in proprio. Anche alla Fae hanno ricevuto parecchie commesse di cittadini umbri e marchigiani che dispongono di qualche soldo e un pezzo di terra per installare il proprio modulo abitativo, e la Tecnifor di Terni, un?altra azienda del settore, non riesce nemmeno a consegnare i container nella zona. Tutti a privati. Alla fiera dell?edilizia di Bologna, svoltasi dal 15 al 19 ottobre, era tutto un via vai di abitanti delle zone terremotate che si informavano sui prezzi e le soluzioni che offre il mercato.
«Ogni sabato vado in Umbria a chiudere contratti» testimonia la signora Fongaro della EsseBiE, azienda leader nella produzione di case in legno tipo tirolese. «Prima producevamo 10 case al mese, adesso 20, ma riceviamo ordini per 100. Abbiamo anche montato una casa per esposizione vicino a Gualdo Tadino. Un successo incredibile».
Il modulo più piccolo della EsseBiE, un ampio bilocale di 40 metri quadri, in legno massiccio, oltretutto antisismico, rimane (volendo) per sempre e costa meno di 30 milioni, tutto compreso. Lo stato ne paga 20 per un container provvisorio. ?
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