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Università: la formula 3+2 è un flop

La riforma Zecchino, almeno stando ai primi risultati, non piace agli studenti. Almeno a Giurisprudenza

di Gabriella Meroni

La formula ?3+2? è un flop, almeno per quanto riguarda gli studi giuridici: su ventimila iscritti alla facoltà di Giurisprudenza del più grande ateneo d’Europa, La Sapienza di Roma, solo in 12 hanno scelto la laurea breve, cui può far seguito il biennio di specializzazione. Ma non è solo perché poco apprezzata dagli studenti che gli esperti di diritto, nel corso di una tavola rotonda organizzata dall’Università di Roma Tor Vergata e presieduta dal giudice costituzionale Annibale Marini, chiedono il riconoscimento permanente della libertà di scelta sul tipo di laurea che ciascuna Università, nell’ambito della propria autonomia, voglia adottare, se il ?3+2? o il tradizionale corso quadriennale. La formula prevista dalla riforma Zecchino innanzitutto non piace per motivi culturali e professionali. Lo hanno detto a chiare lettere, alla presenza del capo di gabinetto del ministro dell’Istruzione Letizia Moratti, i presidi delle Facoltà di Giudrisprudenza delle Università di Roma ?La Sapienza? e ?Tor Vergata?, Carlo Angelici e Filippo Chiomenti, e gli altri partecipanti al dibattito, tra cui l’avvocato generale dello Stato, Luigi Mazzella, il presidente emerito della Corte Costituzionale, Francesco Paolo Casavola, il vicepresidente del Csm Giovanni Verde e il presidente del Consiglio nazionale forense, Nicola Buccico. A mantenere la linea più dura, escludendo la possibilità di scelta per tornare al vecchio corso di laurea di 4 anni, è Mazzella che nel giudicare negativamente la formula del ?3+2? l’ha definita ”più orientata verso la ricerca superficiale a presa diretta che non verso quell’approccio approfondito e critico che aveva ed ha caratterizzato i nostri atenei per secoli”. Dopo tre anni, ha aggiunto l’avvocato generale dello Stato, è difficile che il corso di laurea ”riesca ad assicurare la padronanza delle principali categorie del sapere giuridico tale da consentire lo svolgimento di un’attività professionale nell’ambito giuridico amministrativo, soprattutto pubblico”. Concorda con il pericolo di un ”abbassamento culturale” anche Galloni che, come direttore della scuola biennale di specializzazione per le professioni legali, ha chiesto al governo che chiarita la contraddizione che si è venuta a creare tra questo nuovo tipo di laurea e la cosiddetta scuola Bassanini. Dal canto suo, Buccico, nel Consiglio nazionale forense, ha sottolineato la necessità di puntare su una ”formazione adeguata” di fronte a una ”professione legale di massa”. ”La formula ‘3+2’ – ha detto – va organizzata in maniera più corretta. Ma è indubbio che la scuola Bassanini riguarda solo in parte noi avvocati. Ed infatti ci sono 4.260 posti disponibili, mentre sono 30mila i giovani che devono sostenere l’esame da avvocato. Senza alcun pregiudizio, siamo disposti al dialogo e alla collaborazione”. Il ?3+2? è stato poi definito un’anomalia rispetto all’autonomia di giurisprudenza dal preside della facoltà di Tor Vergata: ”Questo modello – ha detto Chiomenti – non è un vincolo europeo, è anzi il frutto di un singolare travisamento delle dichiarazioni dei ministri europei dell’Istruzione superiore che si riunirono nel ’99 a Bologna”. D’accordo il vicepresidente del Csm: ”Mi sembra che si sia voluto ingabbiare in un tessuto unitario una realtà profondamente differenziata – ha detto Verde – Il 3+2 ha operato una scissione in maniera maldestra, che non tiene conto delle esigenze specifiche del diritto”.


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