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Unione europea, Parlamento contro il Consiglio per i fondi dati all’Eritrea

Approvata in sede Ue una risoluzione per mettere in discussione la decisione di dare 200 milioni di euro al governo eritreo, da anni accusato di violare i diritti umani del proprio popolo, in particolare "con la pratica del servizio militare obbligatorio, una vera forma di schiavitù"

di Redazione

Una risoluzione europarlamentare di condanna contro il regime eritreo, che di fatto è un’aperta e aspra critica al Consiglio europeo per avere concesso senza garanzie un pacchetto di 200 milioni di euro al governo del Paese africano “senza tenere conto del parere negativo del Parlamento e delle violazioni dei diritti umani in atto in Eritrea”. Accade anche questo cortocircuito, come riporta l'International press syndicate, in un’arena politica europea già di per sé allo sbando – ovvero un tutti contro tutti tra le nazioni sul tema profughi, senza la prospettiva di un accordo comune, nonostante l’urgenza – nell’affrontare la delicata questione dei rapporti con il governo eritreo.

Bisogna agire contro le violazioni governative e un servizio militare perpetuo che costituisce schiavismo e genera l’esodo di massa di profughi”, sottolinea la risoluzione dell’Europarlamento, arrivata in seguito anche un precedente atto di condanna delle Nazioni unite e approvata lo scorso 10 marzo 2016 alla presenza del sacerdote e candidato Nobel per la Pace 2015 Mussie Zerai, del precedente viceministro delle Finanza Kubrom Dafla Hosabay e del rifugiato Zekarias Kebreab. Tutte e tre le personalità, nell’incontrare i parlamentari europei, hanno chiesto all’Ue di opporsi al pacchetto di aiuti, “perché la popolazione eritrea non ne trarrà alcun beneficio, al contrario renderà ancora più gravi le cause per cui decine di migliaia di persone stanno fuggendo”

Alcuni degli europarlamentari presenti durante la seduta di voto hanno definito l’Eritrea “la Corea del Nord dell’Africa”, in riferimento alla grave situazione dittatoriale nordcoreana. “Bisogna assolutamente supportare l’Eritrea, ma la gente comune, non il governo, se questo non mette fine alle violazioni di diritti umani, compresa la decisione di sparare a vista a chiunque tenti di superare il confine con la Somalia per scappare dal Paese, e promuove riforme in tal senso”. Una pratica, quella dell’uccisione al confine, che sta venendo indagata perché costituirebbe un “crimine contro l’umanità”. Nel frattempo, ogni eritreo rifugiato sta ricevendo pressioni per pagare al regime eritreo il 2% di tasse del proprio lavoro ovunque abiti, mentre sono vari i tentativi dei fedeli al regime di zittire le voci critiche, in particolare in Olanda. “L’Europa è pronta a pagare un dittatore al solo scopo di fermare l’immigrazione, non tenendo conto di quanto sia pericoloso tale dittatore”, sottolinea Zerai.

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