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Unione Africana: Auguri Signora Nkosazana Dlamini-Zuma

di Giulio Albanese

Nkosazana Dlamini-Zuma, ministro degli Affari interni del Sudafrica, è il nuovo presidente della Commissione dell’Unione Africana (Ua). Ex moglie del poligamo presidente Jacob Zuma, da cui ha divorziato nel 1998, è la prima donna a ricoprire l’alta carica panafricana, ma anche il primo dirigente di area anglofona. Medico e diplomatico, il nuovo leader dell’Unione Africana è stata ministro degli esteri e della salute. L’incarico ora ricoperto da Dlamini-Zuma, 63 anni, era in stallo dallo scorso anno, sospeso tra i sostenitori francofoni del presidente uscente della Commissione Ua, il gabonese Jean Ping, a capo dell’organismo dal 2008 e gli anglofoni che appoggiavano la candidatura della “lady di ferro sudafricana”. Dlamini-Zuma ha sconfitto Ping, con una maggioranza semplice di 39 voti su 51. L’ex marito è stato il primo a congratularsi: “Significa molto per l’Africa… per il continente, per l’unità e per l’affermazione delle donne, è molto importante”. Scelta nella tarda notte di domenica, dovrà ora affrontare delle questioni scottanti a livello continentale: dalla crisi maliana alla Repubblica democratica del Congo passando per le tensioni fra Nord e Sud Sudan. Il messaggio lanciato all’Europa dalla Ua, con la nomina di Dlamini-Zuma, è chiaro: l’Africa rivendica un nuovo ruolo. E in questo scenario geopolitico inedito il Sudafrica (ultimo arrivato dei Paesi emergenti Brics, assieme a Brasile, Russia, Cina e India) fa la parte del leone. Se la nomina di Ping a capo della Ua aveva suggellato metaforicamente l’alleanza tra l’Impero del Dragone e il continente africano (l’ex presidente è un meticcio, nato da padre cinese e madre gabonese), questo incarico all’ex signora Zuma, precisa che l’Africa, senza rinnegare l’amicizia col governo di Pechino, guarda con favore al nuovo cartello dei Brics, di cui il Sudafrica è parte integrante. Si tratta, in particolare di un messaggio diretto alla diplomazia europea: cambiano i rapporti di forza. La cooperazione tra Europa e Africa si deve giocare su altri piani, andando al di là delle vecchie logiche coloniali. L’Unione Europea, in particolare, deve abbandonare la politica che ha contraddistinto per troppi anni le relazioni “Nord-Sud”. Soffrendo a dismisura gli squilibri macro economici presenti al proprio interno, oggi il Vecchio Continente risulta incapace di definire delle politiche strategiche comunitarie, litigando su tutto, come dimostrano le recenti vicende dell’Eurozona. Col risultato che stiamo assistendo ad un capovolgimento epocale che coinvolge anche l’Africa. Sta di fatto che le monete forti di un tempo – dollaro, euro, sterlina britannica e yen giapponese – non riflettono più la vera divisione del potere geoeconomico del pianeta. La sensazione è che gradualmente si stia affermando un mondo capovolto che vede salire alla ribalta internazionale i Brics, ovvero quelle economie che coinvolgono una quota consistente della popolazione mondiale; un immenso territorio, con abbondanti risorse naturali strategiche e, cosa più importante, caratterizzato da una forte crescita del Pil. Da rilevare che al vecchio Bric (Brasile, Russia, India e Cina) si è aggiunto il Sudafrica di cui sopra, un Paese di solo 50 milioni di abitanti che, per quanto piccolo, esprime notevoli potenzialità per la funzione assunta, quella di trascinare l’intero continente africano, ricco di fonti energetiche e non solo, nella nuova alleanza emergente. Queste potenze hanno dichiarato di voler realizzare un “grande disegno per una prosperità condivisa”, all’insegna cioè del multipolarismo, che spaventa certi governi occidentali, ridimensionandone sia la leadership economico-finanziaria che le reali capacità di controllo. La lungimiranza del nuovo corso ha fatto sì che le Banche di Sviluppo dei Brics aderissero al “Long term investors club” creato dalla rete delle Casse depositi e prestiti europee insieme alla Banca europea per gli investimenti, spingendo così la finanza pubblica e privata verso il credito per investimenti di lungo termine in infrastrutture, ricerca e nuove tecnologie. Ma il segnale più forte che viene dal Brics è la grande attenzione all’eccessiva volatilità dei prezzi delle commodities, in particolare delle materie prime alimentari e dell’energia. L’unica grave ombra sul nuovo corso del Brics, che tocca particolarmente da vicino il Sudafrica, rimane la questione sociale. Purtroppo, la corruzione e il nepotismo continuano nel post-apartheid ad impedire ai ceti meno abbienti di aver accesso ai servizi di base, mentre si acuisce a dismisura la concentrazione di denaro nelle mani di un manipolo di nababbi. Ancora oggi il principale problema col quale deve misurarsi il governo di Pretoria è costituito dall’integrazione economica e sociale tra le varie componenti della popolazione: afro (32 milioni), bianca (5,4), meticcia (3,6) e asiatica (uno). La posta in gioco è alta se si considera che il Sudafrica è l’unico Paese del continente africano a sedere attorno al tavolo del G20 e che comunque rimane, sul piano continentale, la vera potenza di riferimento politica ed economica. Alla signora Dlamini-Zuma i nostri migliori auguri per difendere in maniera perspicace i diritti dei popoli Afro.

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