Welfare

Unicef “fotografa” i bimbi immigrati in 8 paesi ricchi

S'intitola “Innocenti Insight” e compara - per la prima volta- la situazione delle seconde generazioni. Su cui bisogna investire perché "rappresentano il futuro dei paesi che li hanno accolti". Il punto sull'Italia

di Benedetta Verrini

Sono una parte molto rappresentativa del totale dei cittadini dei paesi ricchi. Provengono da paesi a reddito medio-basso. Sono, in molti casi, la cosiddetta “seconda generazione”: i genitori hanno compiuto la migrazione, loro sono nati nel paese che li ha accolti. E di quel paese rappresentano il futuro.

E’ il ritratto dei bambini immigrati compiuto nel rapporto “Innocenti Insight” redatto da Unicef Innocenti Research Centre. Presenta lo studio sulla situazione dei bambini in famiglie di immigrati in otto paesi ricchi: Stati Uniti, Australia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Svizzera e Regno Unito.
Oltre a rappresentare una larga porzione della popolazione complessiva infantile (in Italia il 10 %; nel Regno Unito il 16 %; in Francia il 17 %; nei Paesi Bassi e negli Stati Uniti d’America il 22 %; in Germania il 26 %; in Australia il 33 % e in Svizzera il 39 %), i bambini delle famiglie di immigrati, provenienti dai paesi a basso e medio reddito, spesso differiscono dalla popolazione nativa in termini culturali, religiosi, linguistici ed etnici. Tale situazione crea impegnative sfide e opportunità per l’integrazione e per l’inclusione sociale.
“Nonostante le differenze culturali, religiose, linguistiche ed etniche, i bambini, figli di immigrati, presentano spesso situazioni simili ai loro coetanei autoctoni, per quanto riguarda la composizione della famiglia e la condizione lavorativa dei genitori, ma spesso affrontano sfide educative ed economiche maggiori e tassi di povertà più alti”, afferma il professor Donald Hernandez, autore dello studio ed esperto di politiche sociali.

Secondo il rapporto, il benessere di questi bambini e adolescenti, in particolar modo di coloro che provengono da paesi a basso e medio reddito, è compromesso in molti ambiti, tra cui la sanità, l’istruzione, la sicurezza economica e abitativa e le opportunità lavorative.

Particolarmente interessante è la situazione dell’Italia perché, a differenza di molti altri paesi industrializzati, l’immigrazione nel nostro paese è stata un fenomeno piuttosto recente, con una svolta netta a partire dalla metà degli anni ’90. La popolazione migrante in Italia è numericamente sempre più importante; una porzione consistente di questa è costituita da bambini (minori di 18 anni): una realtà in rapida crescita – molto differenziata e complessa al suo interno – le cui condizioni di vita e di benessere sono poco conosciute a causa della scarsità di dati statistici e di analisi disaggregate disponibili.

Il numero di bambini che vivono in famiglie di immigrati è cresciuto rapidamente, raddoppiando negli ultimi 5 anni e quadruplicando nell’ultimo decennio. I bambini di nazionalità straniera erano poco più di 350mila nel 2003, ma oltre 660mila nel 2007.
Caratteristica tutta italiana è il vasto ventaglio dei paesi di origine delle famiglie, uno dei più ampi d’Europa. Contrariamente all’esperienza di altri paesi industrializzati, in Italia si registra una più bassa concentrazione per comunità di origine delle famiglie: tra i bambini appartenenti a famiglie proventi da paesi a medio e basso reddito, le comunità più consistenti nel 2001 erano quelle marocchine e albanesi, ciascuna rappresentando meno del 7 per cento del totale dei bambini in famiglie di migranti.

La grande varietà delle provenienze dei bambini rappresenta un’ulteriore sfida nel processo di inserimento e di integrazione, in particolare nel sistema scolastico.
Grande problema per le famiglie immigrate nel nostro paese sono le condizioni abitative: quasi tre quinti dei bambini in famiglie di migranti vivono in abitazioni sovraffollate (con poco spazio a disposizione per i residenti). Si tratta soprattutto di famiglie provenienti dal Pakistan, Marocco, Senegal e l’ex Repubblica Yugoslava di Macedonia (oltre l’80 per cento).
Il percorso educativo dei minori immigrati, oltre ad essere fortemente influenzato dalle condizioni socio-economiche della famiglie, determina le possibilità e i settori di impiego. I giovani che vivono nelle famiglie immigrate sono più presenti  nelle scuole professionali. I giovani immigrati tendono generalmente a trovarsi in una situazione di svantaggio sul mercato del lavoro.

Un dato, quest’ultimo, coerente con il quadro internazionale: il rapporto indica che l’accesso all’istruzione da parte degli adolescenti immigrati risente del rischio di evasione scolastica e che i loro risultati a scuola o nel mondo del lavoro dipendono anche dal loro paese di origine. I bambini nelle famiglie di immigrati di oggi diventeranno, nei prossimi anni, sempre più importanti come lavoratori, elettori e genitori. La loro integrazione e la loro inclusione sociale influirà sul futuro dei paesi ospitanti.
“Promuovere l’integrazione e l’inclusione sociale apporterà benefici non soltanto ai bambini e ai genitori immigrati”, dice David Parker, Vice Direttore dell’UNICEF Innocenti Research Centre  “ma anche i paesi in cui le famiglie di immigrati hanno scelto di vivere”.

www.unicef.it

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