Non profit
Un’arma a doppio taglio che minaccia la gratuità
Il punto di vista di Michele Mangano, presidente di Auser
di Redazione

«Il volontariato dovrebbe ricorrere ai buoni solo per lavori davvero occasionali. E i Comuni non devono approfittarne per tagliare fuori le associazioni»Anche il terzo settore può fare ricorso ai buoni lavoro, come le pubbliche amministrazioni, «per le manifestazioni caritatevoli e culturali e per i lavori di emergenza e solidarietà». Secondo Michele Mangano, presidente dell’Auser, è uno strumento che contiene qualche rischio, però.
Vita: Quale?
Michele Mangano: Si tratta di una novità da valutare con attenzione per evitare che agisca in contraddizione con la logica del volontariato e cioè con il principio di gratuità. La prestazione occasionale di tipo accessorio è indiscutibilmente lavoro: basti pensare alla contribuzione obbligatoria previdenziale ed assicurativa pubblica. Ha un carattere alternativo e non comparabile con l’attività di volontariato in relazione sia alla gratuità che alle modalità attraverso le quali viene resa. Quella dei volontari, infatti, non è mai una condotta individuale ma un’azione che va resa necessariamente per il tramite dell’organizzazione di cui si fa parte. Siamo dell’idea che il mondo del volontariato dovrebbe ricorrere ai buoni solo per lavori davvero occasionali. Per sgomberare, ad esempio, il locale dell’associazione nel caso in cui i volontari siano già impegnati altrove.
Vita: Temete un uso distorto da parte dei Comuni. Che possano, cioè, bypassare il non profit contattando direttamente i volontari?
Mangano: Rischia di essere messo ai margini il principio base della 328. E cioè l’idea che il non profit possa gestire i servizi alla condizione, però, che mantenga la natura di soggetto attivo nella progettazione e realizzazione concertata degli interventi.
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